Tocco oggi un tema da sempre al centro dello sviluppo umano e, senza tenersi troppo larghi nel tempo, comunque alla base davvero della conquista di un miglioramento della qualità della vita in tutti i sensi: l'innovazione (in questo caso parliamo di quella tecnologica-organizzativa). L'innovazione generalmente viene collegata al prodotto e al processo produttivo e/o organizzativo. E queste fasi a loro volta alla ricerca di base e applicata. Ci sono molte classifiche internazionali che danno le graduatorie sul posizionamento dell’innovazione di un Paese e guardando quello che segue (ma la cosa ahimè è risaputa) in Italia siamo messi male e indietro rispetto a molte altre nazioni di minor importanza come Pil. Considerando che l’innovazione viene vista spesso e giustamente come l’artefice e il volano di un nuovo ciclo di sviluppo è soprattutto nei periodi di crisi che prende ancora più forza perché si evoca spesso la nascita di un “nuovo modello di sviluppo” che sappia passare da schemi ritenuti obsoleti (e saturi dal mercato) a un nuovo paradigma di crescita e di organizzazione della società civile, con la capacità di soddisfare e coniugare le richieste di beni e servizi intermedi e finali del mercato con prodotti, modi di produrre e di organizzarsi diverso dal passato ed adeguati alle modalità di una società complessa e in evoluzione con particolare riguardo alle abitudini e alle scelte delle nuove generazioni. Se consideriamo che una generazione viene stimata in 25 anni certamente lo stile di vita personale e professionale dei nostri figli giovani e di quelli che verranno saranno in un po’ di lustri (5 anni …il lustro) davvero diverse.
Ho ripreso in mano alcune classifiche (con spiegazioni nei rispettivi link) e ve le sottopongo per poi finire su quanto stanno facendo in Israele in tal senso …per capire insomma come si fa “per darsi una mossa” !!!!
1) Classifica annuale sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione
(Fonte World Economic Forum che ha stilato Il Global Information Technology Report 2008-2009 prendendo in esame 134 economie a livello mondiale) Link: http://www.weforum.org/en/initiatives/gcp/Global%20Information%20Technology%20Report/index.htm
L’Italia è scivolata di altre 3 posizioni dopo le 4 già perse lo scorso anno e si piazza in una poco gloriosa 45esima posizione, con 4,16 punti contro i 4,21 totalizzati nel 2008.
Danimarca e Svezia in testa che raggiungono rispettivamente un punteggio di 5,85 e 5,84 punti, seguiti dagli Stati Uniti che in salita di una posizione ottengono un punteggio di 5,68 punti. Al 4° e 5° posto, Singapore e Svizzera.
2) Classifica Economist
Il periodico inglese ha fatto un indagine sul quinquennio 2002-2006 (dati maggio 2009) per una graduatoria mondiale, tenendo in considerazione le capacità di trasformare le idee in progetti concreti e sull'importanza data dalle singole nazioni alle nuove tecnologie e alla ricerca scientifica. L'Italia è al 22 posto nella classifica in discesa di due posizioni rispetto all’anno prima. Ai primi tre posti Giappone, Svizzera e Finlandia. Gli Usa si confermano una delle nazioni più innovative al mondo. Da sottolineare i progressi della Cina. Il grande Paese asiatico sale dal 59-esimo al 54-esimo posto, e con ogni probabilità il balzo in avanti sarà ulteriore nel quinquennio a seguire.
Se andate su questo link dell’Economist: http://www.economist.com/markets/rankings/displaystory.cfm?story_id=E1_TPVGNPPP
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Ma veniamo all’esempio Israeliano che può essere di stimolo e riflessione per tutti. Buona lettura !!!!
Il testo è preso integralmente da Il Sole 24 Ore del 22 febbraio 2010 Link: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/02/israele-modello-recessione-globale.shtml?uuid=406dc780-1f82-11df-847a-c1d0f816a602&DocRulesView=Libero
“ Il modello israeliano supera il test della recessione globale “
di Riccardo Sorrentino
È un piccolo miracolo economico. Israele è emersa per prima da una recessione breve - solo due trimestri di contrazione - ha adottato per prima una rapida exit strategy e oggi corre rapidamente a un ritmo del 4,4% annualizzato. Il suo principale problema ora è - o forse sarebbe meglio dire è tornato a essere - l'inflazione: è oggi al 3,8%, mentre il livello desiderato dalla banca centrale è compreso tra l'uno e il tre per cento.
La ripresa è ancora fragile: è tutta legata a un boom delle esportazioni - cresciute del 33% annualizzato negli ultimi tre mesi del 2009 - che a sua volta dipende dalla tenuta della domanda europea, il vecchio continente è il principale partner commerciale del paese. Gli investimenti si sono presi una pausa di riflessione, a fine 2009, dopo un rimbalzo in primavera e in estate, mentre la domanda al consumo ha leggermente rallentato.
Il paese sembra però in una situazione migliore di tante altre economie, anche ricche, e in ogni caso il rapido recupero dell'economia ha sorpreso molti. L'intero 2009 si è chiuso con una crescita zero, e il paese sembra riuscire a far leva sulla capacità di raccogliere la sfida della tormentata sicurezza nazionale per ottenere risultati notevoli in altri campi.
La veloce ripresa è infatti il risultato di un lungo processo di trasformazione dell'economia, che oggi permette a Israele di proporsi come un modello economico a sé, come quello anglosassone, quello europeo, o quelli dei paesi emergenti. Il tema è piuttosto discusso tra gli economisti, che sottolineano come il paese abbia sostanzialmente seguito, forse inconsapevolmente, il modello Singapore-Cina: «La politica del governo di Israele, oltre ad accogliere gli immigrati offrendo loro corsi di ebreo, alloggi temporanei e altri aiuti, ha facilitato la nascita e l'espansione di iniziative imprenditoriali ad alta tecnologia, soprattutto attraverso un venture fund», spiegano William Baumol, Robert Litan e Carl Schramm in «Good Capitalism, Bad capitalism». Nel piccolo paese mediorientale, gli investimenti in venture capital, pro capite, sono quindi oggi 2,5 volte quelli degli Stati Uniti, e 30 volte quelli dell'Europa. Il sistema incentiva a tal punto l'imprenditorialità che anche gli immigrati russi, arrivati in Israele dopo 70 anni di economia pianificata, sono riusciti a far risuscitare i loro animal spirits. Un sistema di università di alto livello, e la possibilità di usare a scopi civili le tecnologie militari, hanno poi completato l'opera. Israele è però andata anche oltre la Cina. Di fronte alla crisi del 2001-03, il governo è riuscito a fare quello che non tutte le élites politiche riescono a compiere: ha ridimensionato la sua presa sull'economia laddove era opportuno "lasciar andare" le cose, perché si era raggiunta la soglia critica oltre la quale il governo può fare poco (o male). L'artefice della svolta è stato Bibi, cioè Benjamin Netanyahu, notissimo per le sue posizioni in politica estera, un po' meno - come ha recentemente spiegato Irwin Stelzer dell'Hudson Institute - come ministro delle Finanze. In questo ruolo, con l'aiuto di Stanley Fisher alla banca centrale e di Daniel Doron dell'Israel Center for Social & Economic Progress, Bibi ha ridimensionato i sussidi e liberalizzato il settore finanziario: le start-up israeliane, oltre all'aiuto pubblico, ricevono con facilità anche finanziamenti privati. Israele, che da qualche mese è uscita dagli indici finanziari dei paesi emergenti ed è approdata nel novero delle economie ricche, sta così costruendo un modello unico che mette insieme il ruolo dello stato nel mantenere alta la capacità di innovazione del paese e un buon livello di libertà economica, in un sistema politico democratico, anche se privo di una costituzione e non sempre sufficientemente stabile, soprattutto di fronte alle sfide di politica estera. Anche se il sistema non è ancora del tutto a punto, vale allora la pena di seguirlo con attenzione. Senza pregiudizi.
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