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I titoli dei Post hanno un link di riferimento al tema trattato

Usa decisioni drastiche da prendere in tempi rapidi

Torino, 26 febbario 2010

Oggi solo un'informazione anzichè un'analisi sempre però in relazione alle situazione dei debiti pubblici con ovvio riflesso sulle valute come più volte analizzato in queste ultimi 10 giorni nei miei Post.

Geithner: deficit Usa insostenibile

"Il deficit di bilancio americano 'non e' sostenibile', lo afferma Timothy Geithner promettendo: l'Amministrazione lavorera' al taglio.Il segretario al Tesoro americano, intervenendo davanti alla Commissione di bilancio della Camera, ha inoltre ribadito la necessita' di nuove regole per la finanza, cosi' da ridurre le prese di rischio di Wall Street e dare al governo la possibilita' di chiudere ordinatamente le societa' che rappresentano un rischio per i mercati"

Euro sempre ballerino

Torino, 25 febbraio 2010

In assenza di particolari notizie macroeconomiche del giorno possiamo tornare un attimo sul'euro (contro dollaro) per vedere come va in questi giorni e sulle prospettive future. E' una settimana che sembra aver trovato un ' ottima resistenza a 1,3450 e stamatina è in ripresa. Ma quello che ci deve interessare, come detto in questo Blog in più Post in questi giorni, è la tendenza a medio termine.
Da questo punto di vista ogni giorno su entrambe le valute ci sono dati e opinioni  contrastanti.
Ecco due recenti opinioni:
1) C'è l'ennesimo richiamo del Fmi che da un lato invoca regole per una exit strategy e per contro auspica che per molti Paesi avanzati è ancora necessario mantenere gli stimoli all'economia per tutto il 2010 e avviare il processo di ritiro nel 2011 se l'economia si evolverà (come e quando ?) in senso positivo.  La giusta tempistica e le corrette modalità del ritiro delle misure di stimolo messe in campo per affrontare la crisi «dipendono dallo stato di salute dell'economia e del mercato finanziario. Una sincronizzazione» delle exit strategy fra i paesi avanzati e quelli emergenti «non è - precisa il Fondo - nè possibile nè auspicabile». Le misure straordinarie messe in atto «hanno aiutato a ridurre la severità della recessione e a stabilizzare i mercati».  «Un nuovo set di regole finanziarie e più disponibilità di capitale saranno necessari» alle banche «all'uscita dalla crisi per ridurre i rischi collegati alla fine delle politiche di sostegno al settore finanziario» spiega ancora l'Fmi. Il ritiro delle misure decise a favore del settore finanziario «dovrà avvenire in modo graduale.
2) Vale la pena di leggere le dichiarazioni rilasciate ieri al quotidiano "La Stampa" edizione online da Daniel Gros, direttore del  Centre for European Policy Studies di Bruxelles. Anche se la sua è un'analisi acuta e un pò severa sull'euro la mia riserva è che si tratti innanzitutto di un'analisi troppo sul lungo termine e che non tenga conto di fattori interrelati traloro che potrebbero , in più breve tempo, cambiare gli scenari da lui prefigurati. Ma se leggete bene le conclusioni ..... non sono poi così pessimistiche !!


Gros: "Rischio argentino per la Grecia" - L'economista: «C'è bisogno di un Fondo monetario europeo»
di Marco Zatterin, corrispendonte da Bruxelles

La Grecia come l’Argentina, un’altra crisi finanziaria sotto una bandiera biancoazzurra. Per Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies di Bruxelles, una delle più influenti think-tank planetarie, tutto congiura perché Atene faccia la fine di Buenos Aires. «In quel caso ci sono voluti due anni perché si arrivasse al peggio - spiega -. Dopo l’allarme iniziale, ci fu il primo intervento del Fmi, con un piano di risanamento parallelo che indebolì ulteriormente il sistema». Washington, allora, intervenne una seconda volta, in misura più forte per tranquillizzare i mercati, e anche in quel caso non ottenne nulla. Il terzo tentativo di salvataggio portò al definitivo tracollo. «Adesso ci sono tutti i segnali perché la storia sia sul punto di ripetersi». Non ha l’aria della Cassandra, Gros, eppure nei suoi scenari le buone notizie appaiono merce rara. A margine della presentazione del libro scritto insieme con la giornalista austriaca Sonja Sagmeister (s’intitola «Nachkrisenzeit», ovvero l’Era del dopo crisi) ammette che i greci la tempesta «l’hanno vista sinora solo sui giornali». La sua teoria è che i problemi veri arriveranno fra due anni, a meno che non via sia un intervento di riequilibrio profondo, cosa sulla quale non sembra scommettere. «Ci sono Paesi che potrebbero avere problemi analoghi, come Spagna e Portogallo, anche se i segnali non sono evidenti». In altre parole, «la Grecia può fare bancarotta» e altri possono seguire. Gros non vede male l’Italia, come invece alcuni commentatori del Nord Europa hanno preso a indicare nelle frasi ipotetiche che illustrano il bollettino sulle difficoltà di alcune capitali del Club Med comunitario. «Vi proteggono il risparmio interno - afferma il tedesco - e la politica del rigore di Tremonti che ha avuto ragione a non reagire con maggiore deficit alle difficoltà». Altri Paesi soffrono il debito finanziario: «Potrebbe succedere qualcosa in Portogallo e anche nel Regno Unito». Che fare? La proposta che Gros sostiene da tempo è la creazione di un Fondo monetario europeo, uno strumento pronto a pagare in caso di necessità. «Se dimostriamo di essere in grado di scongiurare una bancarotta - dice l’economista - è probabile che non succeda». L’alternativa è spingere la Grecia a riforme draconiane. Difficile. «Il taglio dei salari pubblici - argomenta il tedesco - è un elemento che giudico secondario, soprattutto nei confronti del taglio dei salari privati». Cosa che, ammette, il sistema ellenico non sembra pronto a considerare. Il guaio per l’Europa è che l’evoluzione della crisi «sarà lenta». Non una questione di settimane, come è successo con l’Islanda, «qui ci vorranno anni». L’economista tedesco sottolinea che i greci hanno avuto tutto il tempo per correggere la situazione e non ne hanno profittato. «Ora sono costretti, ma sarà lunga: dire dieci anni, vuol dire essere ottimisti». Basta guardare il Giappone, insiste, «sono passati vent’anni dallo choc iniziale e stanno ancora cercando di digerirlo». Di buono c’è che Gros non pare impensierito dall’instabilità dell’euro. «Se tiene l’Eurozona con la Grecia, la moneta unica diventerà più attraente», rivela: persino Londra potrebbe essere interessata ad aderirvi. Nel frattempo, che risposta può dare l’Ue? «Invece che riproporre la strategia di Lisbona si può fare qualcosa di vero - risponde il tedesco - cominciando dal rafforzamento della strategia per la ricerca e lo sviluppo, pensata in modo che l’intervento pubblico sia più efficace».
La chiave del futuro sono il capitale umano e l’innovazione. Questo salverà l’Europa. Prima, però, bisogna salvare la Grecia. Durissima, ma non ancora impossibile.

Da Israele una lezione su come affrontare la crisi e ....superarla

Torino, 23 febbario 2010

Tocco oggi un tema da sempre al centro dello sviluppo umano e, senza tenersi troppo larghi nel tempo, comunque alla base davvero della conquista di un miglioramento della qualità della vita in tutti i sensi: l'innovazione (in questo caso parliamo di quella tecnologica-organizzativa). L'innovazione generalmente viene collegata al prodotto e al processo produttivo e/o organizzativo. E queste fasi a loro volta alla ricerca di base e applicata. Ci sono molte classifiche internazionali che danno le graduatorie sul posizionamento dell’innovazione di un Paese e guardando quello che segue (ma la cosa ahimè è risaputa) in Italia siamo messi  male e indietro rispetto a molte altre nazioni di minor importanza come Pil. Considerando che l’innovazione viene vista spesso e giustamente come l’artefice e il volano di un nuovo ciclo di sviluppo è soprattutto nei periodi di crisi che prende ancora più forza perché si evoca spesso la nascita di un “nuovo modello di sviluppo” che sappia passare da schemi ritenuti obsoleti (e saturi dal mercato) a un nuovo paradigma di crescita e di organizzazione della società civile, con la capacità di soddisfare e coniugare le richieste di beni e servizi intermedi e finali  del mercato con prodotti, modi di produrre e di organizzarsi diverso dal passato ed adeguati alle modalità di una società complessa e in evoluzione con particolare riguardo alle abitudini e alle scelte delle nuove generazioni. Se consideriamo che una generazione viene stimata in 25 anni certamente lo stile di vita personale e professionale dei nostri figli giovani e di quelli che verranno saranno in un po’ di lustri (5 anni …il lustro) davvero diverse.

Ho ripreso in mano alcune classifiche (con spiegazioni nei rispettivi link) e ve le sottopongo per poi finire su quanto stanno facendo in Israele in tal senso …per capire insomma come si fa “per darsi una mossa” !!!!

1) Classifica annuale sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione
(Fonte World Economic Forum che ha stilato Il Global Information Technology Report 2008-2009 prendendo in esame 134 economie a livello mondiale) Link: http://www.weforum.org/en/initiatives/gcp/Global%20Information%20Technology%20Report/index.htm
L’Italia è scivolata di altre 3 posizioni dopo le 4 già perse lo scorso anno e si piazza in una poco gloriosa 45esima posizione, con 4,16 punti contro i 4,21 totalizzati nel 2008.
Danimarca e Svezia in testa che raggiungono rispettivamente un punteggio di 5,85 e 5,84 punti, seguiti dagli Stati Uniti che in salita di una posizione ottengono un punteggio di 5,68 punti. Al 4° e 5° posto, Singapore e Svizzera.

2) Classifica Economist
Il periodico inglese ha fatto un indagine sul quinquennio 2002-2006 (dati maggio 2009) per una graduatoria mondiale, tenendo in considerazione le capacità di trasformare le idee in progetti concreti e sull'importanza data dalle singole nazioni alle nuove tecnologie e alla ricerca scientifica. L'Italia è al 22 posto nella classifica in discesa di due posizioni rispetto all’anno prima. Ai primi tre posti Giappone, Svizzera e Finlandia. Gli Usa si confermano una delle nazioni più innovative al mondo. Da sottolineare i progressi della Cina. Il grande Paese asiatico sale dal 59-esimo al 54-esimo posto, e con ogni probabilità il balzo in avanti sarà ulteriore nel quinquennio a seguire.

Se andate su questo link dell’Economist: http://www.economist.com/markets/rankings/displaystory.cfm?story_id=E1_TPVGNPPP
potrete abbonarvi gratis per un periodo di prova di 15 giorni e visionare il Global Innovation Index

Ma veniamo all’esempio Israeliano che può essere di stimolo e riflessione per tutti. Buona lettura !!!!

Il testo è preso integralmente da Il Sole 24 Ore del 22 febbraio 2010 Link: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/02/israele-modello-recessione-globale.shtml?uuid=406dc780-1f82-11df-847a-c1d0f816a602&DocRulesView=Libero

“ Il modello israeliano supera il test della recessione globale “

di Riccardo Sorrentino

È un piccolo miracolo economico. Israele è emersa per prima da una recessione breve - solo due trimestri di contrazione - ha adottato per prima una rapida exit strategy e oggi corre rapidamente a un ritmo del 4,4% annualizzato. Il suo principale problema ora è - o forse sarebbe meglio dire è tornato a essere - l'inflazione: è oggi al 3,8%, mentre il livello desiderato dalla banca centrale è compreso tra l'uno e il tre per cento.
La ripresa è ancora fragile: è tutta legata a un boom delle esportazioni - cresciute del 33% annualizzato negli ultimi tre mesi del 2009 - che a sua volta dipende dalla tenuta della domanda europea, il vecchio continente è il principale partner commerciale del paese. Gli investimenti si sono presi una pausa di riflessione, a fine 2009, dopo un rimbalzo in primavera e in estate, mentre la domanda al consumo ha leggermente rallentato.
Il paese sembra però in una situazione migliore di tante altre economie, anche ricche, e in ogni caso il rapido recupero dell'economia ha sorpreso molti. L'intero 2009 si è chiuso con una crescita zero, e il paese sembra riuscire a far leva sulla capacità di raccogliere la sfida della tormentata sicurezza nazionale per ottenere risultati notevoli in altri campi.
La veloce ripresa è infatti il risultato di un lungo processo di trasformazione dell'economia, che oggi permette a Israele di proporsi come un modello economico a sé, come quello anglosassone, quello europeo, o quelli dei paesi emergenti. Il tema è piuttosto discusso tra gli economisti, che sottolineano come il paese abbia sostanzialmente seguito, forse inconsapevolmente, il modello Singapore-Cina: «La politica del governo di Israele, oltre ad accogliere gli immigrati offrendo loro corsi di ebreo, alloggi temporanei e altri aiuti, ha facilitato la nascita e l'espansione di iniziative imprenditoriali ad alta tecnologia, soprattutto attraverso un venture fund», spiegano William Baumol, Robert Litan e Carl Schramm in «Good Capitalism, Bad capitalism». Nel piccolo paese mediorientale, gli investimenti in venture capital, pro capite, sono quindi oggi 2,5 volte quelli degli Stati Uniti, e 30 volte quelli dell'Europa. Il sistema incentiva a tal punto l'imprenditorialità che anche gli immigrati russi, arrivati in Israele dopo 70 anni di economia pianificata, sono riusciti a far risuscitare i loro animal spirits. Un sistema di università di alto livello, e la possibilità di usare a scopi civili le tecnologie militari, hanno poi completato l'opera. Israele è però andata anche oltre la Cina. Di fronte alla crisi del 2001-03, il governo è riuscito a fare quello che non tutte le élites politiche riescono a compiere: ha ridimensionato la sua presa sull'economia laddove era opportuno "lasciar andare" le cose, perché si era raggiunta la soglia critica oltre la quale il governo può fare poco (o male). L'artefice della svolta è stato Bibi, cioè Benjamin Netanyahu, notissimo per le sue posizioni in politica estera, un po' meno - come ha recentemente spiegato Irwin Stelzer dell'Hudson Institute - come ministro delle Finanze. In questo ruolo, con l'aiuto di Stanley Fisher alla banca centrale e di Daniel Doron dell'Israel Center for Social & Economic Progress, Bibi ha ridimensionato i sussidi e liberalizzato il settore finanziario: le start-up israeliane, oltre all'aiuto pubblico, ricevono con facilità anche finanziamenti privati. Israele, che da qualche mese è uscita dagli indici finanziari dei paesi emergenti ed è approdata nel novero delle economie ricche, sta così costruendo un modello unico che mette insieme il ruolo dello stato nel mantenere alta la capacità di innovazione del paese e un buon livello di libertà economica, in un sistema politico democratico, anche se privo di una costituzione e non sempre sufficientemente stabile, soprattutto di fronte alle sfide di politica estera. Anche se il sistema non è ancora del tutto a punto, vale allora la pena di seguirlo con attenzione. Senza pregiudizi.



Sull'euro troppa speculazione: ora c'è la conferma

Torino, 22 febbario 2010

Vorrei torrnare su quanto scritto sul mio post del 19 febbraio (Ma siamo sicuri che l'euro è in declino?) e su quello di mercoledì 17  e relativi chiarimenti (I conti in  Usa in crisi dovrebbero favorire l'euro) in quanto il sospetto che al di là della difficilissima opera di analisi dei fondamentali (ciò qualità del debito pubblico e privato di Paesi/Aree geoeconomiche ed altre analisi connesse) siano in corso azioni speculative al di là del lecito è confermato dal fatto che si sono messi in moto gli 007 dei servizi greci, spagnoli e francesi che indagano su fondi d’investimento inglesi e Usa.
Riporto integralmente dal sito de La Stampa online quanto apparso con data di ieri, http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/201002articoli/52460girata.asp a firma di Gian Antonio Orighi.

" MADRID, 21 febbraio 2010

Le speculazioni contro il debito pubblico diventano materia d’indagine anche per gli 007. Dopo aver indagato sulla febbre greca che ha sconvolto le borse europee, l’intelligence di Atene - l’Eyp - accusa quattro fondi d’investimento: tre americani (Moore Capital, Fidelity International e Paulson & Co), e un inglese (Brevan Howard, il maggior gestore di hedge funds d’Europa). Non solo: anche le barbe finte del Cni, il servizio segreto spagnolo, sono all’opera, in collaborazione coi colleghi francesi ed inglesi.
«I quattro fondi hanno assunto posizioni corte sul debito greco vendendo massicciamente e quotidianamente i nostri bond a dicembre per poi ricomprarli una volta scese le quotazioni - sostiene un report dell’Intelligence ellenica rivelato dal quotidiano greco To Vima -. Approfittando del clima sfavorevole all’economia del nostro Paese e di rapporti che mettevano in dubbio la capacità di Atene di far fronte ai suoi debiti, questi fondi hanno incassato elevati utili».
La teoria del complotto, era già stata avanzata dal premier greco Papandreou («Gli attacchi sospeculativi contro la Grecia non hanno come obiettivo solo il mio Paese ma la moneta unica», ha più volte dichiarato il capo dell’esecutivo di Atene) e nonostante la smentita di Brevan Howard - ma non degli altri fondi - è stata confermata anche dal ministro dell’Economia di Parigi, Christine Lagarde: «Ci sono difficoltà nella zona euro perché la Grecia è sotto attacco», ha detto la ministra francese.
Il risultato? Per ora si vede nei differenziali tra i titoli di Stato greci e i Bund tedeschi, usati come riferimento nell’aerea euro, che si sono fatti colossali. Lo spread di Atene è aumentato dal 5 % di fine novembre, al 6,5% di venerdì scorso. Ancora: tra il primo di dicembre e l’8 febbraio gli ormai famosi e quinquennali Cds (Credit Default Swaps), le assicurazione sui titoli di debito pubblico, sono praticamente raddoppiati in tutti i Paesi, nonostante siano titoli derivati soggetti a speculazioni forti. Intanto, gli 007 di Madrid sono al lavoro per scoprire chi si sia arricchito quando i dubbi (poi rivelatisi infondati) della solvenza della Spagna hanno portato i prezzi di mercato dei Cds dagli 83 dollari del primo dicembre ai 166 dell’8 scorso (il 46% del debito spagnolo è in mani estere: la Francia è il Paese che ne ha acquistati di più, il 26%, seguita dalla Cina col 18%). «Il Cni indaga le pressioni speculative sulla Spagna», ha scritto il filo-governativo El País, secondo cui esiste all’interno dell’Intelligence una sezione ad hoc, la Economica, che è sulle tracce di investitori e persino della stampa anglo-sassone per verificare se c’è stata una “cospiración”.
«Niente di ciò che accade nel mondo, compresi gli editoriali di giornali esteri, è casuale o innocente», ha avvertito José Blanco, ministro allo Sviluppo e numero due del partito socialista del premier Zapatero. Ma che i James Bond spagnoli indaghino i brokers ha provocato una durissima risposta del Wall Street Journal. «Addossare ad una cospirazione contro l’euro i problemi che esistono nel mercato del debito su Paesi europei come Spagna e Grecia, spaventa gli investitori più che qualsiasi editoriale critico - ha stigmatizzato la Bibbia Usa-. Spendono male i soldi che gli costa sempre più chiedere in prestito».

Dunque, dico io, una lotta "politica"  tra euro e dollaro è sempre più dietro l'angolo in attesa di novità istituzionali internazionali o più semplicemente di notizie macroeconomiche importanti (ma non tali da prefigurarne al momento) che possano dare una sterzata in un senso o nell'altro al mercato delle valute.
Il dollaro sul finire della seduta asiatica stamattina, dopo una certa debolezza diffusa, annulla le perdite e si è posizionato sugli stessi livelli di chiusura della seduta precedente. In questo momento (ore 11.20 ora di Roma, è intorno a 1,3600). Gli investitori da una parte stanno riesaminando il rialzo dei tassi Usa, dall'altra soppesano la speculazione che parla dell'arrivo imminente di un aiuto per la Grecia da parte dell'Europa.
Ieri il ministro dell'economia francese Lagarde ha detto alla stampa che i problemi della Grecia devono essere risolti all'interno della zona euro piuttosto che con il Fmi. Secondo il ministero delle finanze tedesco - ha riportato Der Spiegel - i paesi dell'euro hanno messo a punto un piano di aiuti per la Grecia che consiste in un ammontare complessivo di 20-25 miliardi.

Ma siamo sicuri che l'euro è in declino?

Torino, 19 febbraio 2010

Al di là del fatto che in due giorni (17 - 19 febbraio) il cross rate euro/dollaro è passato da 1,3800 ai livelli di stamani di 1,3500 (ore 11.00) e che sta scendendo senza sosta da inizio gennaio (massimi intorno ai primi di dicembre 2009 poco sopra 1,5100) il mio pensiero è che se prima era troppo sopravalutato oggi penso sia troppo basso. Sono in ballo alcuni semplicissimi aspetti per capire se ci sarà un recupero nel breve - medio termine (diciamo almeno intorno ai 1,4200 ....come io presumo):
1) Il rialzo dei tassi, in questo caso quello Usa ieri di 0,25, peraltro già fatto ben intendere qualche giorno fa dal segretario al Tesoro Usa Tim Geithner non fa che alimentare in buona parte nell'intraday o giù di lì la speculazione e in parte invece un realistico  flusso di capitali che trovano più conveniente l'investimento denominato in $
2) Conterà in futuro lo spread tra le due valute. Per inciso, ma ci credo davvero poco ...ma mai dire mai, a quanto bisognerebbe alzare i tassi Usa sui treasuries per renderli davvero appetibili ? L'unica fortuna, ma è proprio una battutaccia, sarebbe un forte timore d'inflazione (causato da un notevole surriscaldamento dell'economia Usa) che coniugherebbe con tassi alti  la difesa del potere d'acquisto da una salita dei prezzi e l'appetibilità di investimento estero in $ - certo ... in questo caso non ce ne sarebbe per nessuno con dollaro alle stelle sull'euro....ma se non è fanteconomia poco ci manca) anche se poi l'Europa non starebbe di certo a guardare.
3) Importante sarà anche la politica del Paese/Area in questione di valorizzazione o meno la propria valuta  al di là di fattori oggettivi di mercato. Cioè un dollaro o un euro forti significano esportazioni più difficili. Non a caso Trichet diceva, quando il cross rate euro/dollaro era intorno a 1,5000, che un ulteriore apprezzamento della moneta di Eurolandia "sarebbe stato un problema" facendo intendere, non si bene come, provvedimenti per disincentivarne la salita.
4) Ma il problema centrale che a mio avviso depone  a favore di un apprezzamneto dell'euro (dai livelli di oggi) è la qualità del debito pubblico (e privato) tra Usa ed Europa che (sempre secondo me) è a favore della seconda al di là delle caratteristiche di ripresa dell'economia reale che, come ben noto, in Usa sono potenzialmente più elevate data la sua elasticità agli stimoli e con un mercato del lavoro sempre molto reattivo a cogliere nuove occasioni.
5) Ultimo aspetto non da poco. E' nel libro dei sogni o la tanto evocata "Nuova Bretton Woods" potrebbe stabilire davvero nuove regole nella finanza internazionale e di conseguenza un regime dei cambi basato su nuovi "patti"? Forse non  saranno più come il Gold Standard ma si dovrà comunque coniugare una realtà finanziaria planetaria molto complessa (è vero) facendoci però correre minor rischi di quelli (eccessivi) passati fino ad ora.

Aspettiamo quindi a dare per morto l'euro quando, dopo una buona dormita, ci si può svegliare più lucidi e fare ragionamenti da "ragioniere" forse un pò freddi e banali ma sempre efficaci e realistici !!!

Dal turismo una spinta per il rilancio 2010

Torino, 18 febbraio 2010

Giornata giusta per parlare di quanto possa fare il Turismo per l'Italia. Infatti si innaugura oggi a Milano (quartiere fieristico di Rho) la 30° edizione della BIT (Borsa Internazionale del Turismo, con link nel titolo per verificare i molteplici appuntamenti). La voglia di ripresa è manifestata dai numeri, che nonostante la crisi, sono almeno in linea con lo scorso anno, con forte presenza internazionale, qualità dei contatti business. Dalle prime impressioni a Bit 2010 gli operatori turistici  sono apparsi motivati a sviluppare soluzioni alla crisi ed essere pronti per la futura ripresa.
La BIT è la fiera del turismo più importante in Italia e tra le prime quattro al mondo e si spera in risulati ancora migliori di quelli della scorsa edizione: 153.800 le presenze complessive, di queste 101.000 sono stati gli operatori professionali (81.500 italiani e 19.500 esteri). Le attesa dunque sono veramente alte in considerazione che il "leisure" è tra le prime scelte quando c'è qualche disponibilità economica in più.
Già nelle feste natalizie sono stati dieci milioni e mezzo gi italiani in vacanza, 4,7 milioni in più dello scorso anno, anche se con spese procapite dimezzate.
Per dare conto di quanto sia importante il Turismo in Italia possiamo analizzare alcuni aggregati macroeconomici (dati 2008):
1)  Possiamo citare gli oltre 85.000 milioni di euro attivati dai consumi turistici in Italia: il 10,8% del totale dei consumi finali interni, che hanno generato un valore aggiunto di oltre 70.000 milioni di euro cioè il 5,4% dell'intero valore aggiunto nazionale.
2) Il settore occupa 2,38 milioni di adetti: il 9,8% dell'occupazione totale. Se poi prendiamo in considerazione il turismo come comparto allargato includendo cioè tutti gli altri attori che spendono per il turismo (investimenti in beni capitali e spese in viaggi d'affari per le imprese e spese per turismo degli enti pubblici) oltre ai turisti stessi e aggiungiamo la percentuale degli investimenti infrastrutturali (pensiamo al caso dei porti quelli turistici in particolare) per la loro quota turistica, allora il peso del fatturato turistico sul PIL nazionale arriva quasi a raggiungere il 15%5.
3) Pensiamo all'importanza della filiera: la tendenza a viaggiare genera nel turista lo stimolo a documentarsi sui luoghi dove spendere la vacanza. Nascono e si diffondono così attività nel mondo degli editors e dell'advertising. Quindi maggiori investimenti pubblicitari con i maggiori spender in azione: vettori aerei e marittimi, catene alberghiere, tour operator ma anche enti turistici pubblici regionali preposti alla promozione e le aziende del settore abbigliamento e del settore auto con quote non indifferenti
E l'elenco sarebbe lungo ma fermiamoci con due "chicche" del giorno per ben sperare dal contributo del turismo.
A Torino è un pò che si parla di una base Ryanair per i voli lowcost. Il discorso è già avviato da almeno un anno tra la Regione Piemonte e la compagnia irlandese, la Sagat (gestore dell'areoporto di Torino) e le autorità preposte per gli slot. Come sempre molta burocrazia frena la decisione ma la potenza dell'Internet si è messa in moto. Un brillante iscritto a Facebook, Matteo Arrotta, ha deciso di aprire sulla sua bacheca il Gruppo "Voliamo alto: base Ryanair a Torino" e in poco più di una settimana, fino  ad oggi, ha raccolto le adesioni di quasi 8.000 entusiasti .....scusate se vi sembran pochi ....
Seconda notizia del giorno. E'stata rilanciata anche quest'anno dalla Provincia di Alessandria l'iniziativa "DB Autozug" treni con auto al seguito provenienti dal nord Europa (Germania e Olanda in primis). Nel 2009  sono arrivati ad Alessandria quasi 9000 passeggeri, con un incremento rispetto all’anno prima di oltre il 16%. Per il 2010 sono previsti circa 25.000 ospiti che tra Monferrato, Langhe , Roero e Liguria, mare ed entroterra, potranno godere dei prodotti enogastronomici locali e delle bellezze di terre dal sapore dei tempi antichi.
E questo è il caso di due esempi provenienti dal Piemonte ma se consideriamo che la metà del Patrimonio artistico censita dall'Unesco è situata in Italia oltre che sperare che il volano Turismo sia un ottimo "turbo" per l'intera economia italiana viene davvero da dire ...... non facciamoci del male da soli (....a buon intenditore .....) !!!!

Chiarimenti sul Post "I conti Usa in crisi dovrebbero favorire l'euro"

Torino, 17 febbraio 2010

Vorrei specificare che NON in un'ottica di trading intraday  ho espresso la mia valutazione precedente ma per un periodo di una - due settimane, basata più sui fondamentali economico-fianziari di alcuni Paesi e/o aree geografiche. Ho così meglio specificato nella parte finale del post precedente la mia interpretazione.
Da leggersi ed intendersi dunque così:
"A mio avviso comunque prevarrà ancora per un pò la scelta Usa di coniugare rilancio economico, limitazione di spesa e tassi compatibili con le altre economie internazionali.
Dunque euro e dollaro con su e giù improvvisi e considerevoli (ampia banda di oscillazione) con leggero (almeno per un pò) canale ascendente a favore dell'euro.
...... Salvo imprevisti che come anticipato puntualmente nei precedenti post (soprattutto nel post del 16 febbraio "Segnali poco incoraggianti dai mercati" con tutta la relativa analisi ) sono sempre in agguato (ecco il perchè di drastici e inaspettati bruschi movimenti).

I conti Usa in crisi dovrebbero favorire l'euro

Torino, 17 febbario 2010

I dati usciti ieri sulla poca salute dei conti Usa e sulla drastica riduzione nella richiesta dei buoni del tesoro americani da parte degli investitori istituzionali sono segni che dovrebbero tradursi in una debolezza per il dollaro nei confronti dell'euro peraltro sempre più apprezzato nei Paesi asiatici. Nononostante i recenti dati sulla ripresa (già di fatto conosciuti) confermati oggi dall'Ocse che danno il Pil degli Stati Uniti e del Giappone nel quarto trimestre 2009 in crescita (rispettivamente dell'1,4%, trimestre su trimestre precedente, e  dell'1,1% e con il - 0,1% di Eurolandia) quest'ultima non soffre come gli Usa, COMPARATIVAMENTE , di alcuni default di non poco conto, riportati oggi da molte agenzie.
1) Nel 2009 gli investimenti sui bond del governo statunitense sono calati di 500 milioni. Forse pochi sanno che il Giappone ha superato la Cina tra Paesi con piu' investimenti in debito Usa e la preoccupazione è tale che il ministro Usa del Tesoro Geithner vola a Pechino e Tokio per rassicurarli.
Il calo record della domanda internazionale di buoni del Tesoro americani è un nuovo segnale preoccupante per le finanze pubbliche di Washington. Si è parlato anche di  emettere Treasury bonds denominati in yen. Il dipartimento del Tesoro ha detto oggi che gli investimenti stranieri in debito americano sono scesi di 53 miliardi di dollari in dicembre, sorpassando il precedente record di 44,5 miliardi, registrato nell'aprile 2009.
La sola Cina ha diminuito il valore dei Treasuries detenuti di 34,2 miliardi di dollari e in questo modo il Giappone, che ha ridotto comunque i suoi investimenti in asset a stelle e strisce di 11,5 miliardi di dollari, è tornato così al primo posto tra i paesi investitori in debito americano, con un totale di 768,8 miliardi di dollari, contro i 755,4 miliardi della Cina. Tokyo torna primo per la prima volta dal settembre 2008.
Ad inizio  febbraio il governo Usa ha comunicato che il deficit del bilancio pubblico quest'anno toccherà il record di 1.560 miliardi di dollari, ben oltre quello di 1.400 fissato l'anno scorso. La profonda recessione, che ha ridotto l'introito fiscale, e gli enormi programmi di spesa pubblica per stimolare l'economia e stabilizzare il sistema finanziario, sono alla base del dato.
In tutto il 2009, complessivamente gli investimenti stranieri in Treasuries sono calati di 500 milioni di dollari. Nel 2008 la crisi finanziaria aveva invece scatenato una corsa al debito americano, con un aumento di 456 miliardi di dollari, un segnale che i bond americani erano considerati sicuri nonostante tutto.
2) Hoenig, presidente della Fed del Kansas City, ha affermato ieri che gli Stati Uniti devono adottare "difficili" misure per ridurre la spesa ed aumentare le entrate, in modo da non mettere la Federal Reserve in condizioni di dover agire sul fronte della circolazione monetaria con il timore di dover creare un'uleritore liquidità

Dunque un bel dilemma. Aumentare i tassi Usa per rendere le emissioni più attraenti (in questo caso dollaro in apprezzamento) ma aggravare ancor più il deficit (e di conseguenza il debito, vendi il link nel titolo) o "tirare la cinghia della spesa" ? Battuta personale: se affittano l'ex Cap Canaveral (dove lanciavano i razzi spaziali) e rinunciano alla corsa alla Luna siamo davvero in una brutta situazione.
A mio avviso comunque prevarrà ancora per un pò la scelta Usa di coniugare rilancio economico, limitazione di spesa e tassi compatibili con le altre economie internazionali.
Dunque euro e dollaro con su e giù improvvisi e considerevoli (ampia banda di  oscillazione) con leggero (almeno per un pò)  canale ascendente a favore dell'euro.
...... Salvo imprevisti che come anticipato puntualmente nei precedenti post sono sempre in agguato (ecco il perchè di drastici e inaspettati bruschi movimenti).

Segnali poco incoraggianti dai mercati

Torino, 16 febbraio 2010

A guardare non tanto le previsione del Pil (che avendo cadenza trimestrale è un indicatore più diluito nel tempo) ma agli altri tre che avendo invece un'ampia vitalità giornaliera ma soprattutto valenza planetaria (alcuni per tutte le 24 ore quotidiane)  sono indicatori principi e anticipatori sulle tendenze del mercato. E se guardiamo alla situazione ad oggi, giusto per fare un flash del momento, troviamo per il mercato del cambio euro/dollaro, dell'oro e del petrolio questa situazione che indica con che stanchezza l'economia sta vivendo il suo momento.
1) L'euro come detto in un post precedente ( 5 febbraio) è tornato ai livelli di maggio 2009 (solo a fine novembre aveva toccato 1,5140 e nel momento in cui scrivo - ore 11.00 il cross rate con il dollaro è 1,3657 - il 5 febbario era quasi lo stesso). Dunque grande fatica nel reagire dai minimi di 1,3587 dell 12 scorso a causa dei noti problemi dell'euro anche qui già descritti nel post precedente "Quando i conti non tornano i conti tornano".
2) L'oro dopo i massimi di 1227 $/oncia del 3 dicembre 2009 (aveva sfondato i 1000 $/oncia ad inizio ottobre 2009) è in un canale discendente e ogni settimana (almeno per il momento) segna nuovi minimi con  1043 $/oncia il 5 febbraio - oggi oscilla intorno a 1114 - 1115 $/oncia segnale che i timori inflazionistici legati ad una forte ripresa non ci sono e non sono all'orizzonte.
3) Il petrolio (US Light Crude) pur in piena crisi 2009 ma scontando con molto anticipo una ripresa da febbraio - marzo 2009 ha superato  i $ 40 e si è portato intorno agli $ 84 delle prime due settimane 2010 per poi riscendere agli attuali  $ 75,40. Anche qui le indicazioni sulle scorte settimanali Usa (12 febbraio) da parte dell'Ufficio informazioni del Dipartimento dell'Energia Usa hanno calmierato il mercato in quanto i dati relativi alle scorte di prodotti petroliferi sono risultate in crescita di 2,4 milioni di barili al giorno a 331,4 milioni di barili, oltre l'atteso incremento di 1,5 milioni di barili. Anche le scorte di benzina si sono rivelate più alte delle previsioni degli analisti: in crescita di 2,3 milioni di barili (a 230,4 milioni di barili), ben oltre l'atteso aumento di 500 mila barili.
Su Cina ed India aspettiamo a dire se influiranno in questa fase sul petrolio ma non sono prevedibili, a causa loro, movimenti bruschi.

Quindi si può dire "nulla di nuovo all'orizzionte per il momento" per quanto riguarda una ripresa economica globale (e non solo in alcune aree geografiche) !!

In arrivo dopo mesi il rialzo dei tassi ?

Torino, 11 febbraio 2010

Bernanke, presidente della Fed, ha depositato ieri al Congresso il testo del discorso che farà quando sarà passato il maltempo sulla capitale Usa.
Il suo messaggio è molto chiaro: "sarà molto probabile, a breve, un aumento del tasso di sconto anche se contenuto". Lo 0,25 % presumo sia il dato più probabile e dovrebbe avvenire nella riunione Fomc negli ultimi giorni di febbraio.
Gli obiettivi del rialzo dichiarati sono:
- riduzione dell'eccesso di credito in circolazione nel sistema finanziario (per evtitare timori inflazionistici se c'è ripresa) facendo salire il tasso pagato agli istituti che lasciano i loro eccessi di liquidità presso la banca centrale per farsì che gli istituti di credito preferiscano questa modalità di investimento rispetto ai prestiti a privati e aziende; 
- aumento dello spread tra il tasso di sconto che la Fed determina alle banche per i fondi di emergenza e i tassi interbancari a breve;
- deterrente contro potenziali bolle sui mercati (l'indice NYSE è passato da metà marzo 2009, valore 4250 ad oggi , 11 febbraio, a 6820, il + 60,47%, il massimo si registrò nell'ottobre 2007 con un valore di 10.311,61);
- diminuire la possibilità di speculazione interbancaria.
Come dato puntuale si ricorda che attualmente giaciono presso la Fed oltre 1100 miliardi di dollari depositati da istituti privati su cui la Fed paga lo 0,25%.

Cosa farà la Bce ? Proprio oggi è uscita la  consueta indagine trimestrale della Bce che segnala (tramite un panel di economisti di banche e istituzioni private consultati per l’indagine):
- un tenue miglioramento per le prospettive di crescita economica nell’area euro (l '1,2 %, contro il più 1 % di tre mesi fa, mentre sul 2011 la previsione media resta al più 1,6 per cento);
- non rilevanti timori sull’andamento dell’inflazione anche se qualche segnale di rialzo c'è ( più 1,3 per cento per il 2010 e un più 1,5 per cento nel 2011);
-  timori di squilibri di bilancio notevoli e in forte aumento 
 
Infatti  il fabbisogno pubblico consistente di molti Paesi, dice l'indagine, «potrebbe innescare repentini cambiamenti del clima di fiducia dei mercati, determinando tassi di interesse a medio e lungo termine meno favorevoli, frenando così gli investimenti privati e indebolendo le basi per una crescita sostenuta». Un disavanzo e un debito pubblico consistenti «eserciterebbero inoltre ulteriori pressioni a carico della politica monetaria, minando la credibilità» del trattato europeo e del patto di stabilità.
 Il successo delle strategie di riequilibrio dei conti, prosegue  l'indagine «dipenderà essenzialmente anche dall’esistenza di norme di bilancio e di istituzioni nazionali adeguate e richiederà trasparenza delle procedure di bilancio, nonchè statistiche di finanza pubblica complete e affidabili».

Eurolandia si trova  alle prese con problemi di non poco conto come i debiti di Grecia e in misura minore di  Spagna e Portogallo. Non sono ancora usciti i dati del Pil dell'ultimo trimestre 2009 come invece negli Usa (che ha visto un + 5,7 %, superiore alle attese) e non c'è quella mole di liquidità come negli Usa con pericoli inflazionistici. Inoltre c'è uno spread tra dollaro  ed euro del + 0,50 a favore del secondo (tasso di riferiemento  Bce + 1% preso il 13 maggio 2009 e  tassi guida Usa vicino ai livelli minimi storici dello 0.00%-0.25 % fermi su livelli minimi storici dal 16 dicembre 2008. In quell'occasione il tasso di sconto, ovvero l'interesse che le banche devono pagare alla Fed, e' stato abbassato allo 0.5%, dove da allora e' rimasto - guarda dati e grafico sul link a destra in alto di questa pagina "costo del denaro ...nel mondo").

In conclusione a mio avviso la Bce nella riunione dei primi di marzo non aumenterà il tasso di riferimento perchè non sussistono per il mese di marzo motivi per frenare una ripresa ancora debole.

L'India la più reattiva delle economie nel dopo crisi

Torino, 10 febbraio 2010

L'India ancor più della Cina guida la ripresa dell'economia con una crescita che nel 2010 registrerà ben il 17% (rispetto al 10% del Paese di Pechino). E' quanto emerge dal 'Merrill Lynch Wealth Management Year Ahead 2010.
Mi è sembrato opportuno porre alla vostra evidenza quanto riportato dal sito  AsiaNews.it, http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=17579  del 9 febbario 2010 anche se con dati un meno ottimistici.
Ecco il testo.

In India la crescita è trainata da manifatture e miniere, mentre è in difficoltà l’agricoltura, dopo i peggiori monsoni da 37 anni. Ma il problema potrebbe essere l’ inflazione che cresce rapida, specie per i generi alimentari.
L’Organizzazione statistica centrale indiana prevede una economia indiana in ripresa e con una crescita complessiva del 7,2% nell’anno fiscale, che finisce a marzo 2010. Nei dati rilasciati dal governo il 7 febbraio, le manifatture (+8,9% rispetto al +3,2% dell’anno precedente) e le miniere (+8,7% contro il +1,6% del 2008/09) sono indicati come settori trainanti, mentre per l’agricoltura è prevista una contrazione dello 0,2%, dopo che nel 2009 ci sono stati i peggiori monsoni degli ultimi 37 anni. Conformi i dati della centrale Reserve Bank of India, che si aspetta un Prodotto interno lordo in crescita del 7,5%.
Il dato mostra che la terza maggiore economia dell’Asia sta superando la crisi finanziaria globale e si propone per un ruolo di traino per l’intera economia mondiale, specie dei Paesi occidentali ancora in difficoltà.
Montek Singh Ahluwalia, vicepresidente della Commissione indiana per la pianificazione economica, si spinge a prevedere una crescita non inferiore all’8% anche nel prossimo anno fiscale: cosa che porterebbe il Paese vicino ai livelli del 2007, anno della sua massima espansione economica. Peraltro anche lui, come tutti gli esperti, invita alla prudenza e ad attendere i successivi esiti. La convinzione diffusa è che la ripresa sia molto dipesa dai finanziamenti erogati dal governo, per cui si attende di vedere cosa succederà quando gli “stimoli” finanziari cesseranno. Altri esperti dicono che il recupero è ancora iniziale e che è ancora “troppo presto” per togliere questi stimoli e invitano il governo a proseguirne l’erogazione.
La principale preoccupazione è ora il controllo dell’inflazione, che ha ripreso a crescere e che minaccia effetti devastanti sulle classi più povere della nazione di oltre 1,1 miliardi di persone. L’inflazione è stimata essere tra l’8 e il 10% nell’anno fiscale, ma nel settore alimentare si attesta intorno al 17%, secondo i dati ufficiali. Esperti ritengono che l’effettivo aumento dei generi alimentari sia anche maggiore e che, soprattutto, ci sia stata una brusca impennata dei prezzi nelle ultime settimane, che non mostra di fermarsi. Il governo risponde che il Paese non rischia carestie e che la situazione dovrebbe migliorare nei prossimi mesi, con i nuovi raccolti.
Chetan Ahya, economista della Morgan Stanley, commenta al Financial Times che nel 2010 la crescita è stata soprattutto trainata dalle misure politiche, mentre “nel 2011, anche se i politici toglieranno in modo progressivo il sostegno monetario e fiscale, prevediamo una sostenuta ripresa”.
Analisti osservano che questi dati sono, comunque, solo tendenziali e che il dato reale sarà noto solo tra diversi mesi. Comunque tutte le stime concordano che sia in atto una rapida ripresa, anche se indicano dati meno ottimisti del governo. Secondo una recente analisi della Barclays Capital (“Global Outlook: Green shoot have arrived”), il Pil indiano è cresciuto del 4% nell’anno solare 2009 e aumenterà del 6% nel 2010, dopo che era stato del 9,1% nel 2007 e del 6% nel 2008. Il gruppo prevede soprattutto una prossima ripresa del settore industriale, perché ritiene che ora la domanda di prodotti superi la produzione.

Quando i conti non tornano i conti tornano

Torino, 5 febbraio 2010-02-05

Non è solo un gioco di parole. E’ la pura verità. Con le notizie arrivate ieri ecco venire a galla, per qualcuno con sorpresa, quanto ancora di “sommerso e tossico” (molto) c’è ancora nella finanza mondiale. Il timore che “l’alba della ripresa non sia nata davvero” e che la stabilità di un trend in aumento non sia poi così dietro l’angolo fa tornare i conti di quanti sapevano che non eravamo fuori dal tunnel. E’ vero che ci sono segnali di una crescita produttiva e che le stime dei vari organismi internazionali indicano a livello mondiale (riecco la solita media …che non dice molto) per il 2010 un + 3.0% del Pil.
Ma le mine vaganti di questi giorni possono così riassumersi:
1) Nulla lascia presumere per il 2010 una diminuzione nei Paesi industrializzati della disoccupazione a livelli preoccupanti (circa il 10% medio, vedi post precedenti); per cui i consumi non potranno essere un elemento trainante.
2) Debiti pubblici preoccupanti come quelli greci, islandesi, portoghesi e spagnoli (quest’ultimo con un deficit che arriva all’11,4% del Pil e una disoccupazione intorno al 20%). Tralasciamo il noto Fondo sovrano del Dubai…per il momento solo perché non in zona euro;
3) L’euro è tornato ai livelli di maggio 2009 (solo a fine novembre aveva toccato 1,5140 e nel momento in cui scrivo il cross rate con il dollaro è 1,3680); e sappiamo che anche il dollaro non è che goda di buona salute se guardiamo ai fondamentali economici-finanziari (come scritto in un mio post precedente dilettatevi a guardare questo link: www.usdebtclock.org );
4) Stanno aumentando i Credit Default Swaps cioè le assicurazioni sul rischio di insolvenza per i titoli pubblici particolarmente esposti;
5) Orami in Eurolandia costa di più avere garanzie sull’euro che sul debito di imprese Usa considerando anche le più eccellenti;
6) Chi avesse letto l’intervista su “Il Giornale” del braccio destro di Roubini Arnab Das (fonte Il Giornale del 31 gennaio 2010: http://www.ilgiornale.it/economia/mercati_euro_e_riforme_arnab_das_legge_2010/finanza-borse-borsa-banche-das-roubini-mercati/30-01-2010/articolo-id=417959-page=0-comments=1) non c’è tanto da stare allegri, anche se che “qualcuno” chiama Roubini “Cassandra” per il suo noto pessimismo di questi ultimi anni (lo chiamerei realismo !!).
I punti dell’intervista possono riassumere così (sempre fonte Il Giornale):
- La crisi in Grecia sta facendo esplodere le contraddizioni dell’euro, il cui futuro sarebbe incerto
- La Cina è destinata a conoscere una crisi finanziaria come quella del Giappone negli anni Ottanta
- La ripresa dell’America si spegnerà già nel secondo semestre
- Le proposte di Voclker per la riforma del settore finanziario vanno nella giusta direzione
- La Borsa sale ancora alle stelle, poi crash e deflazione. Non è problema immediato, ma nemmeno lontanissimo.

Stante tutte queste “bad news” a mio avviso è da vedere se l’euro reggerà ad un ondata emotiva senza traumi come ribadito peraltro dai vertici Bce («Credo che venga sottovalutata la solidità dell’eurozona», è stato ieri il commento di Trichet). Ma si è aperta una fase dove i conti degli Stati, delle banche e in generale delle imprese dovranno emergere in tutta la loro realtà. E intanto si dovrà lavorare alacremente per disegnare un nuovo scenario di regole sulla finanza condivise, utili ma non vessative. Come ha detto Tremonti un’impresa davvero ardua. Speriamo non impossibile. E’ solo una questione di tempo ma come dice il proverbio “il tempo è galantuomo”.

Dal Fmi notizie un pò scontate

Torino, 3 febbraio 2010

L'economia globale si sta riprendendo meglio del previsto e il tasso di crescita mondiale nel 2010 potrebbe facilmente superare il 3%. Dal Fondo Monetario Internazionale per voce del suo direttore generale Dominique Strauss-Kahn qualche girono fa sono arrivate buone notizie ma forse un pò scontate. L'economia mondiale sta meglio e vede una crescita mondiale del Pil del 3%.
Ma il punto dolente è che la ripresa non è omogenea e le tempistiche sono diverse da area ad area nel mondo. Sarà ancora l'Asia (India e Cina in testa) a registrare tassi di crescita consistenti (tra il 7% e il 19%) escluso il Giappone) ma quanto questo possa tradursi come traino per le economie americane ed europee è tutt'altro che certo.
Anche perchè permangono i timori espressi in questo Blog in altri "post" sulla necessità di una nuova regolamentazione sulle società finanziarie a livello istituzionale. Io penso che finchè non verranno eliminati i rischi sistemici di natura finanziaria anche in presenza di una ripresa dell'economia reale rischiamo di viaggiare su un terreno minato con improvvise deflagrazioni ed imprevedibili nuove conseguenze.
Nell'incontro all'Asian Financial Forum Strauss-Kahn ha anche ribadito la preoccupazione del Fmi per il deficit della Grecia e c'è già qualcuno che paventa conseguenze sull'euro per questo Paese. Un altro elemento chiave del 2010 che tratteremo spesso, perchè sempre più determinante sugli andamenti economici globali sarà i rapporti cross rate tra dollaro, yuan cinese ed euro. Lo scenario delle valute sarà un bel campo di battaglia per capire dove andranno istituzioni, banche e Paesi.

Siamo alla svolta per una finanza più etica?

Torino, 2 febbraio 2010

A cavallo tra fine gennaio e ieri è tornato alla ribalta il disegno di una nuova finanza mondiale che deve assolvere alla sua vera "mission". Aiutare lo sviluppo economico.  Dunque parliamo di Davos e del dopo Davos. Cosa è successo di rilevante? Il Forum dell’economia mondiale di Davos 2010 (27 - 31 gennaio, vedi link nel titolo del post) ha visto  la presenza di 2.500 persone, di cui 1.500 tra grandi imprenditori e banchieri, delegazioni di 90 Paesi e 30 fra capi di Stato e di governo e le più rappresentative organizzazioni economiche internazionali.
I presenti si sono dati come obiettivo di lavorare ad una riforma basata su tre cardini per mettere il sistema finanziario mondiale al sicuro dal futuro rischio di fallimenti delle grandi banche:
1) Ridurre il rischio di fallimenti di grande dimensione;
2) Diminuire il rischio di questi fallimenti;
3) Usare strumenti che permettano una gestione ordinata di questi fallimenti.
Si profila l'idea di un'authority per dare il senso di azioni condivise.
Un punto molto delicato è la parola "tasse" per le banche. L'idea di una soprattassa «per gli istituti che sono troppo grandi per fallire o che sono sistemicamente importanti». Per altri motivi anche il presidente Usa Obama vuole tassare le grandi banche americane "ree" degli sconquassi a tutti noti che si sono subito messe in allarme.  Secondo il quotidiano online The Politico gli istituti finanziari Usa sostengono che la tassa avrà effetti negativi sull'economia costando fino a 1.000 miliardi di dollari in prestiti perduti. Un banchiere ha spiegato al quotidiano che "il denaro raccolto dall'erario verrà tolto al sistema bancario ed ogni dollaro di capitale ne genera 10 in prestiti". E siccome Obama punto a recuperare intorno ai 100 miliardi di dollari, i prestiti perduti saranno intorno ai 1.000 miliardi. Dunque un tema come si diceva molto delicato e controverso per le conseguenze che potrebbe avere sull'economia reale.
Tornando a Davos anche per il presidente della Bce Jean Claude Trichet serve un insieme globale di regole che siano coerenti e consistenti. Se non avremo un sistema di regole globali correremmo il rischio di una catastrofe. La difficoltà è quella di arrivare a regole universali, dagli Usa all’Europa, valide in Paesi, che hanno sistemi molto diversi.

Ed eccoci al dopo Davos.
Tremonti ha assunto invece un atteggiamento molto critico secondo il quale le regole finanziarie, tecniche e dei banchieri sono «inutili e dannose». Serve invece «un impegno politico e la politica prende forma nei trattati. Non bastano i convegni, servono i parlamenti». Spesso negli ultimi anni nei discorsi del ministro delle finanze è riecheggiata la richiesta di una nuova "Bretton Woods" (che mi vede particolarmente d'accordo) auspicata anche dal presidente francese Sarkozy.  Il suo dire è "Non solo regole tecniche ma soprattutto regole politiche".
Per Tremonti ci vuole "Un trattato mondiale dell’economia" che è la cosa più seria ma anche la più difficile, tutto il resto, le regole finanziarie, tecniche e i banchieri non sono solo inutili ma anche dannosi.
E per finire il "Tremonti pensiero" di questi giorni ci rifacciamo al quanto detto proprio ieri ad un incontro a Milano dal titolo 'Obama e l'Europa: vicini o lontani?' promosso da Aspenia e Ispi.
Poche frasi ma lapidarie: "L'impressione è che i banchieri sia in vacanza, sia al lavoro, sia locali, sia centrali facciano qualcosa che non è il loro mestiere, e che i governi non facciano qualcosa che è nel loro dovere".
Il riferimento al recente vertice di Davos, che Tremonti definisce "la montagna incantata", e alla riforma su tre pilastri della finanza indicata dal Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, non è esplicito ma, comunque, palese. E, come avvenuto nel fine settimana, il ministro ribadisce che "'e' difficile pensare che la prossima crisi si eviti con la tecnica".
Molto importante a mio avviso il suo intervento su 'Basilea 3'. Secondo il ministro "é la via diretta per produrre, laddove viene applicata, il credit crunch". Un tema, quello delle nuove regole sulla patrimonializzazione della banche sollevato anche a Davos dal direttore generale di Mps Antonio Vigni, secondo il quale le nuove norme non devono penalizzare gli istituti di credito e le pmi italiane. Ma l'intervento di Tremonti, al convegno Aspenia-Ispi, tocca anche la questione dei rapporti esclusivi Cina-Stati Uniti. Per il ministro dell'Economia è meglio un G3 di un G2, perché "i tavoli con due gambe non stanno in piedi, ce ne vogliono almeno 3", e in questo discorso "l'Europa e fondamentale". Poi, a proposito di Unione europea e di una maggiore coesione tra i singoli Stati, Tremonti usa l'ironia e dice: "Dopo l'Erasmus sarebbe fantastico avere una squadra di calcio comune".
Siamo dunque solo agli inizi di una disussione "mondiale" su come e quali regole adottare tra finanza ed economia reale, tra mercato e semidirigismo, tra egoismi di lobbies e crescita democratica.
Di temi sul tappeto c'è ne sono e non mancheranno le occasioni per occuparcene !!

I guai di una giungla finanziaria

Torino, 1 febbraio 2010

Se come ricordato nel "post" Ripresa o Deflazione? l'attuale crisi aveva già in sè i prodromi di una probabile destabilizzazione del ciclo a causa di un eccesso di produzione di beni di consumo nei Paesi industrializzati, peraltro già nata negli anni tra fine'90 e quelli del nuovo millennio nei Paesi industrializzati, il mondo della finanza cattiva (quella speculativa all'eccesso) ha avuto il demerito di dare la spallata definitiva per l'inizio del tracollo a cui abbiamo assistito nel 2008 con conseguenze nel 2009 anche sull'economia reale. E' vero che sono stati i mutui subprime ad innescare il processo negativo ma quanta giungla c'è nella finanza internazionale? Un bel punto di riferimento su questo tema che davvero vale la spesa è la lettura del libro di Luciano Gallino dell'Università di Torino e sociologo industriale di fama dal titolo "Con i soldi degli altri" sottotitolo Il capitalismo per procura contro l'economia, Editore Einaudi, euro 17. Vi darò solo qualche spunto per farvi intuire quale sproporzione ci sia tra economia finanziaria e quella reale e sulla quale sarebbe interessante discutere.
1) Una massa di risparmio equivalente al Pil del mondo viene gestita da enti finanziari quali fondi pensioni, fondi di investimento, assicurazioni, hedge funds e altre strumenti derivati (spesso nati solo come protezione al rischio d'impresa, tipo valute, materie prime, etc e poi degenerati in super strumenti speculativi)a loro completa discrezione.
2) Gli investitori istituzionali hanno oggi in portafoglio oltre la metà del capitale delle imprese quotate.
3) Nel tutelare gli interessi dei risparmiatori sono in genere indifferenti alle conseguenze sociali degli investimenti che effettuano. Non a caso ho recepito ieri in modo quasi "sconsolato" e "nervoso" la presa di posizione del presidente Usa Obama di far rientrare i capitali prestati alle maggiori banche Usa che erano andate in crisi scagliandosi ancora una volta contro i bonus miliardari degli amministratori. Leggi altrimenti come l'ultima riunione del G20 su questo tema non abbia ancora prodotto risultati a livello mondiale.
Uno studio del senato francese l'ha chiamata "ascesa al potere" degli investitori istituzionali. Come dargli torto guardando alla dinamica dei numeri. Nel 1992 essi gestivano in totale, nei Paesi Ocse, poco più di 15 trilioni di dollari. Nel 2002, alla fine di un decennio che fu il più prospero delle borse mondiali, quando la crescita del loro portafoglio rallentò un poco a seguito della crisi finanziaria esplosa in Usa a fine 2001 con il crollo della Enron, esso superava già largamente i 40 trilioni. Con la forte ripresa del mercato borsistico verificatasi tra il 2003-2004 e il 2007 e l'aumento del numero di sottoscrittori i capitali da loro gestiti sono ulteriormente cresciuti, in appena un lustro, ad un ritmo impressionante: oltre il 32% in totale, pari a 13 trilioni di dollari.
Il libro davvero ricco di dati puntuali è fonte di mille spunti e sollecitazioni.