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I titoli dei Post hanno un link di riferimento al tema trattato

Le parole di Trichet come Progetto Politico

Torino, 24 marzo 2010

Con l'euro in discesa (ma i problemi relativi alla moneta erano già noti  da quasi un mese almeno, oggi c'è stata la declassazione del Portogallo da parte di Fitch da AA a AA- .....prevedibile) parole di buon senso arrivano da Trichet, presidente della BCE.
Parole tante, speculazione troppa, proposte poche ma buone. Anche se assiomatico vale la pena ricondurre tutti gli attori della politica dei Paesi Ue  e , per il suo ruolo,  le Istituzione comunitarie (se parliamo di Europa) ma vale anche per tutto il resto del mondo a ragionare nei termini ribaditi oggi da Trichet in un incontro alla Commissione Europea a Bruxelles:
- per uscire dalla crisi bisogna recuperare la fiducia a lungo termine
- ciò si ottiene "RICOLLEGANDO LA FINANZA ALL'ECONOMIA REALE"
- più trasparenza, soprattutto nel mercato dei derivati
- al più presto una riforma del sistema finanziario
- affronate adeguatamente "con rapidità" eventi imprevisti poichè la velocità delle crisi finanziarie è aumentata in modo sproporzionato ed incredibile rispetto all'effetiva sottostante economia reale e ne distorce, spesso in negativo, gli effetti !!!

Speriamo che anche l'annunciata riforma di Obama per Wall Street possa dare una spinta in tal senso !!!

Uno studio Confcommercio sui consumi negli ultimi 40 anni in Italia

Torino, 21 marzo 2010

Quarant'anni di consumi: famiglie sempre più "soffocate" dalle spese fisse.

Questo lo scenario presentato da un'indagine dell'Ufficio Studi della Confcommercio (testo completo a http://www.confcommercio.it/home/Testo-consumi-40-anni.doc_cvt.htm).
Non per fare le "Cassandre" anzi sarei ben lieto di poter affermare il contrario ma se dobbiamo parlare con i numeri, che sono neutrali ....nè di destra nè di sinistra...come si usa dire, allora il modificarsi strutturale di una proponsione al consumo delle spese degli italiani tra spesa e spesa trova conferma in questi dati dal 1970 ad oggi:
- telecomunicazioni, informatica e sanità sono le voci di consumo cresciute di più;
- hanno inciso molto l'aumento costante dei servizi o spese fisse familiari come affitti, utenze domestiche, servizi bancari e assicurativi, mezzi di trasporto - passate da una quota del 18,9% sul totale dei consumi nel 1970 ad oltre il 30% nel 2008 togliendo capacità di spesa
-  le statistiche più recenti di contabilità nazionale indicano nel 2009 un calo delle quantità di beni e servizi consumati dalle famiglie pari all’1,8%. Questo dato, sommato alla flessione dello 0,8% del 2008, fa del biennio appena trascorso uno dei momenti più difficili, assieme all’anno 1993 (-3,1% i consumi sul territorio), sul versante della spesa reale delle famiglie italiane.
- la caduta complessiva della spesa per consumi ha avuto, naturalmente, impatti rilevanti sull’allocazione della spesa. Nel corso del 2009, per esempio, si è ridotta la spesa reale per servizi, un fatto praticamente sconosciuto negli ultimi 40 anni (non si è verificato neppure nel 1993).
- un altro elemento di novità nei comportamenti di spesa delle famiglie italiane nel 2009 è rappresentato dal deciso calo della spesa in comunicazioni - sia hardware che servizi - che dal 1993 ha vissuto ininterrottamente un periodo di forte crescita (poco meno del 300% in termini di volume, cioè in termini di spesa al netto della variazione dei prezzi, peraltro costantemente negativa in questo comparto per tutti gli ultimi 10 anni).
- per l’area della sanità vale l’invecchiamento della popolazione mentre per l’abitazione vale la riduzione del numero medio di componenti famigliari che implica un consumo pro capite maggiore a causa delle minori economie di scala nel consumo domestico di elettricità, acqua, combustibili e spese per affitto: la frazione di famiglie con cinque o più componenti passa, in soli dieci, dal 1997 al 2007, dal 7,3% del totale al 5,6%.
- la flessione registrata nell’ultimo biennio dall’alimentare e dalla spesa presso alberghi, bar e ristoranti è in larga misura determinata dalla riduzione del contributo dei turisti stranieri alla domanda  che dice che la spesa degli italiani all’estero, al netto dell’inflazione, è moderatamente cresciuta nell’ultimo biennio (+5,9% nel 2008 e -4,0% nel 2009) mentre si è fortemente ridotta quella dei non residenti in Italia (a prezzi correnti, oltre il 10% cumulato nello scorso biennio). Alla riduzione degli sprechi, a parità di consumo, si è associata una probabile riduzione della qualità dei beni acquistati.
In generale, le normali dinamiche dei consumi di beni durevoli e semidurevoli nel corso del 2009 sono state largamente oscurate dall’effetto incentivi, che ha spostato cospicue risorse da alcuni settori di spesa al mercato dell’auto.
Nel passato dei consumi si possono identificare almeno due grandi fasi evolutive.
A) E’ caratterizzata dalla crescita dei consumi di vestiario e calzature in termini assoluti e in quota a prezzi costanti, come accadeva anche per l’area degli acquisti di mezzi di trasporto.
B) L’inizio degli anni novanta interrompe queste dinamiche. La sistemazione, rilevante a anche se parziale, dei conti pubblici e dei conti con l’estero implica un aggiustamento al rialzo delle aliquote legali.
- Emergono nuove opportunità di vestire con una spesa minore. La quota di spesa reale per servizi di comunicazioni, hardware e personal computer cresce di 3,5 volte, dal 2% al 7%.
- La forte crescita della domanda di questi beni e servizi ha influito, in senso negativo, sulla spesa relativa al comparto istruzione, libri e giornali che hanno trovato una forte concorrenza, soprattutto sul versante dei costi e della fruibilità, nei contenuti educational e di entertainment offerti dalle nuove tecnologie. La spesa reale per istruzione, libri e giornali occupa una frazione progressivamente inferiore nel bilancio di spesa dei consumatori italiani, a partire proprio dalla prima parte degli anni novanta.

Dunque i Consumi che nei Paesi industrializzati rappresentano circa il 70% del Pil, congiunta ad un alta disoccupazione che rischia di diventare cronica, sono un  "vulnus" non da poco  per sperare in una rapida ripresa economica !!!

Pensierino per il weekend

Torino, 20 marzo 2010

Per chi volesse ispirarsi a buoni propositi non si lasci sfuggire la riflessione di Giusepe De Rita da me ripresa da "Il Corriere della Sera" di oggi (http://www.corriere.it/editoriali/10_marzo_20/devita-etica-civile-frantumi_44a7addc-33e8-11df-95ee-00144f02aabe.shtml)
Si dice De Rita si legge Censis per la sua lunga presidenza nell'Istituto. Giuseppe De Rita è un sociologo italiano di fama internazionale e da decenni è forse il più autorevole interprete della società civile italiana tra vizi e virtù. Nel 1954 si laurea in Giurisprudenza e dal 1955 al 1963 è funzionario della Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno), di cui è responsabile della sezione sociologica dal 1958 al 1963. È tra i fondatori nel 1964 del Censis (Centro studi investimenti sociali), di cui è consigliere delegato per dieci anni e poi segretario generale dal 1974 ad oggi. Attulamente, tra l'altro, è collaboratore del Corriere della Sera, è stato presidente del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) dal 1989 al 2000 e della casa editrice Le Monnier dal 1995. È membro della Fondazione Italia USA. Nel 2003 ha ottenuto il premio Fregene per Il regno inerme.

Ecco il suo articolo di oggi che dovrebbe farci meditare sulle peculiarità del nostro Paese. Società secolarizzata o "italiani brava gente" sempre pronti a rimboccarsi le maniche?. Società civile e politica al bivio? Buona lettura !!!

REATI, PECCATI E CRISI DELLE REGOLE

L’etica civile in frantumi

Quando una società è in vitale cambiamento, come lo è stata l’Italia negli ultimi decenni, è naturale e giusto governarla accompagnandone i processi, senza illusioni volontaristiche di un «nuovo» spesso solo immaginato. Certo, seguendo questa propensione chi fa politica rischia di limitarsi al lasciar fare o a galleggiare nell’esistente; ma se è attento a quel che avviene può dare significativo orientamento e sostegno allo spontaneismo del sistema. Per questo negli ultimi sessanta anni non abbiamo conseguito innovativi assetti di sistema, ma abbiamo silenziosamente costruito un modello di sviluppo solido che ci ha fra l'altro permesso di resistere all’uragano che solo dodici mesi fa rischiava di abbattersi su di noi.
Ma cosa succede invece quando una società non è in cambiamento ma è un po’ statica e replicante, come l’Italia che ha resistito al citato uragano? Accompagnarne i processi non basta più, anzi rischia di aggravarne gli avvitamenti, allontanandoci dalla sospirata ripresa. E per evitare il pericolo sono in campo due diverse propensioni. La prima è di aspettare e sperare in qualche benefico influsso esterno; aspettare e sperare cioè che si rimetta in moto la locomotiva tedesca; che ripartano i consumi di lusso coltivati dalle fasce ricche del pianeta; che l’effervescenza dei mercati finanziari mondiali si traduca non in ennesima bolla speculativa ma in nuovi impulsi all’economia reale. È un atteggiamento non indebito, ma certo non induce all’attivismo e all’iniziativa.
Cresce così una seconda propensione, centrata sulla convinzione che dalla crisi si esca (e nella ripresa si entri) solo se facciamo le riforme di sistema (della scuola come della ricerca, della pubblica amministrazione come della sanità o della previdenza, tanto per restare a quelle più quotate nell’opinione collettiva). Nobili intenti, invero; ma forse bisognerà cominciare a capire che sotto la nobiltà degli intenti non c’è un reale spazio d’azione. La retorica delle riforme vive su istanze culturali e politiche non sempre o non più in consonanza con i bisogni dei tempi e finiscono per essere poco credibili per la cultura collettiva (non c’è anziano che pensi che il suo futuro sia garantito dalla riforma delle pensioni, non c’è giovane che pensi che la sua competitività professionale sia garantita dalla riforma della scuola). Tanto che non è un caso che ormai la istanza riformista si è incrostata su temi, quelli relativi al potere politico- istituzionale, che riempiono le cronache mediatiche ma non interessano più di tanto la gente comune. Se aspettiamo che siano le riforme a dar nuova dinamica al sistema, coltiviamo solo un altro «aspettare e sperare».
Ed allora torniamo a capire e accompagnare i processi di spontanea dinamica, ormai base tradizionale del nostro «empirismo di governo». C’è anzitutto da capire ed accompagnare la tendenza degli attuali cassintegrati a cercare anche una riconversione individuale magari stabilendo una subordinazione della concreta erogazione dell’assegno alla partecipazione a iniziative formative svolte in azienda (gli interessati o partecipano e crescono di livello, o non si fanno vedere perché hanno già maturato un altro percorso di lavoro; comunque entrano in movimento).
C’è in secondo luogo da capire ed accompagnare il formicolio post-letargo che sembra ridare voglia di riprendere l’iniziativa a molte delle medie e delle piccole imprese manifatturiere: la conferma in dati l’avremo verosimilmente in autunno, ma chi gira l’Italia avverte che la ruota gira lentamente verso un rinnovato impegno di sopravvivenza e sfida. E c’è infine, ma non per ultimo, da capire ed accompagnare il profondo e quasi improvvisato processo di ristrutturazione del terziario. Processo quasi invisibile perché si attua in molecolari microdecisioni e microcomportamenti (in singoli piccoli esercizi commerciali, in singoli piccoli studi professionali, in singole e piccole aziende di trasporto, ecc.); ma che porta in lento progresso ad una maggiore efficienza e competitività del settore e del sistema. Se tale evoluzione si combinerà con il citato formicolio dell’industria, allora la ripresa potrebbe avere una dinamica finora quasi insperata. Anche restasse fermo quell’invasivo comparto terziario che è l’amministrazione pubblica, la cui ristrutturazione risulta più faticosa del previsto. Ma questo è altro e più antico discorso.

Giuseppe De Rita


Ancora molti punti interrogativi sulla ripresa economica internazionale !!

Torino, 18 marzo 2010

Ogni giorno, ogni settimana che passa i dati e le informazioni che giungono da Governi, Banche Centrali, Organismi Internazionali, Centri studi e altri opinion makers variamente titolati nel dare giudizi continuano a presentare dati …. diciamo poco significativi, tutt’altro che incoraggianti … alle volte quasi desolanti nel confermare o meno eventuali segnali di ripresa.

Anche questa è stata una settimana non da meno per non stare allegri. Ecco perché:

- Martedì 16 marzo il governatore della Banca d'Italia Draghi davanti al Parlamento Europeo a Bruxelles in qualità di presidente del Financial Stability Board ha ricordato che se le banche sono sull’avvio del risanamento ciò non toglie che i loro bilanci restano ancora esposti ad elementi di fragilità legati soprattutto allo stato della ripresa economica.
- La Merkel ha usato toni insolitamente duri a proposito dell’aiuto alla Grecia. Già ad inizio settimana il suo ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble prospettava un’ eventuale uscita dalla zona euro di un paese ...qualsiasi... incapace di rispettare le regole. Certamente i tedeschi che stanno pagando ancora oggi il cambio di 1:1 del marco occidentale con quello della DDR dopo la caduta del muro non hanno più il “desiderio” di fare opere solidaristiche anche se il discorso è così complicato a livello politico e di tenuta delle Istituzioni Europee che sembra più una provocazione che una realtà dei fatti. Ne parleremo meglio nei prossimi giorni a proposito dell’euro contro dollaro
- In un focus su La Stampa del 12 marzo Mario Deaglio ribadiva con pochi ma significativi numeri quanto segue “Fatto pari a 100 il valore del 2005, la produzione industriale italiana raggiunse il suo massimo pre-crisi nell’aprile 2008 con il valore di 108,9. La crisi la fece letteralmente precipitare, tanto che nel marzo 2009 si toccò il valore straordinariamente basso di 81,1 con una contrazione del 26 per cento. La risalita successiva appare troppo lenta: ha portato l’indice di gennaio al valore di 87,9, (-19 per cento rispetto ai livelli pre-crisi) e se continueremo a questa velocità ritorneremo ai livelli di anni che oggi ci sembrano dorati non prima della fine del 2013. E quando ci saremo arrivati, tenuto conto dei normali aumenti della produttività, indispensabili per restare sui mercati internazionali, l’industria - che ha già subito una perdita di oltre 300 mila posti di lavoro - darà lavoro a un numero di persone sensibilmente inferiore a quello di allora”. E ancora: “la caduta produttiva europea ha le sue origini nel forte calo delle esportazioni più che dei consumi interni”.
Mi sembra che sono dati e constatazioni che si commentano da soli !!
- Qualche segnale di risveglio dei prezzi viene dai dati di fine febbraio per l’Italia con un più 0,1 % di gennaio 2010 sul mese precedente e un + 1,3% su base annua (direi però che il fenomeno è più fisiologico, del momento..…visto che gli Euribor sia sui tassi fissi che sui variabili non presentano assolutamente significative variazioni e la Fed, in un contesto americano – ma si sa quanto conti a livello globale – ha lasciato invariato l’altro giorno il costo del denaro tra 0 – 0,25 %)
- I prezzi del petrolio sono di nuovo sui massimi del periodo (oggi mentre scrivo è a $ 82.60) ma ritoccando per la terza volta questi prezzi già visti a metà ottobre 2009 e inizio gennaio 2010. Al momento a mio avviso è più fenomeno speculativo che anticipatorio di vere attese di ripresa delle attività produttive.
- Il prezzo dell’oro (più significativo come parametro di preoccupazioni inflazionistiche) dal massimo di 1230 $/oncia di fine novembre 2009 è invece di settimana in settimana scivolato al prezzo di oggi di 1125 $/oncia

Dunque i problemi rimangono sempre gli stessi. Come uscire dalla crisi visto che:

-non possiamo parlare contemporaneamente di exit strategy e rilancio senza fare i conti (scusate il gioco di parole) …con i signori “Conti Pubblici”. E veramente una contraddizione in termini. Mentre si auspica la ripresa, soprattutto in Europa ma anche in Usa non si scherza, si bada per stare dentro i parametri di Maastricht o in Usa si teme per la riforma sanitaria come ulteriore aggravio di spesa, e si sà che non bisogna immettere nuova liquidità (anzi il problema dopo la crisi 2008 – 2009) è semmai il contrario. Ma se blocco, come in Grecia fonti di reddito per i consumi (tipo alcuni tagli sulle pensioni e, riprendendo l’articolo di Deaglio, questa tema è ormai ricorrente anche per molti Paesi europei con Stato dai Conti pubblici "fragili"  (Islanda, Portogallo, Spagna, qualcuno vuole coinvolta l’Italia…ma non è così) come possiamo sperare in una spinta da questa componenete e se l'export, causa rallentamenti vari e politiche interne dei Paesi più trainanti (India e Cina) non ci fa più da spinta il Pil da dove può aspettarsi di segnare il suo significativo segno + ?
- bisogna prendere atto che è cambiato il paradigma "della crescita in qualunque parte del mondo" una volta messi in moto meccanismi per la sua ripartenza come siamo sempre stati abituati in passato !! Dal suo inizio a fine anni '80 -'90 ad oggi la globalizzazione ha messo in atto un processo da studiare a fondo per venire a capo per una soluzionme benefica per tutti ....se possibile. Già riproposto più volte in molti miei Post e sentore ormai comune che molte cause, concause della crisi e le future terapie sono riposte senza ombra di dubbio in "momenti" collettivi sovranazionali (partendo da uno stabilizzato G20) di decisoni politiche per il governo del mondo badando alle priorità come energia, ambiente, innovazione, regole per una finanza sì di mercato ma non piratesca, qualità della vita e crescita continua ma più contenuta come tassi di crescita....ma avete notato la guerra mondiale, vista in Tv con gli occhi dei Big Spenders, per la  pubblicità  nel settore automobilistico .... non mi ricordo la stima esatta ma ci può essere in giro per  il mondo un buon 20% di sovraproduzione di autovetture rispetto alle vere richieste del mercato !!!!

Il futuro della cultura digitale nelle parole di Lessig

Torino, 12 marzo 2010

Sarà molto difficile che qualcuno si sia lasciato sfuggire la Lectio Magistralis di Lawrence Lessig dell'altro giorno alla Camera a Roma. Lessig è nato nel South Dakota il 3 giugno 1961 ed è un giurista statunitense. È professore di legge alla Stanford Law School ma quello per cui è più noto è l'essere stato fondatore dello Stanford Center for Internet and Society (Centro per Internet e la società). È fondatore e amministratore delegato di Creative Commons, nonché membro del consiglio direttivo della Electronic Frontier Foundation e di quello del Software Freedom Law Center, costituito nel febbraio 2005. È noto soprattutto come sostenitore della riduzione delle restrizioni legali sul diritto d'autore, sui marchi commerciali (trademark) e sullo spettro delle frequenze radio, in particolare nelle applicazioni tecnologiche.
Il suo recente intervento è degno (per quei pochi ripeto che se lo fossero lasciato sfuggire)  di essere qui riproposto.
Ogni commento al momento è superfluo vista la lunghezza del testo. Ne faremo buon uso per ulteriori spunti e analisi più avanti.  Buona lettura !!
Dal sito de La Stampa:

"Il web e la trasparenza tra ideali e realtà"
La trascrizione dell'intervento di Lawrence Lessig

Molte grazie presidente, è un grande piacere per me avere la possibilità di parlare del tema in un modo che credo andrà a integrare quanto ha appena detto lei. Voglio cominciare con tre racconti: il primo comincia nel 1976, ero un giovane adolescente ossessionato da questa ideologia, non perché fossi comunista in realtà ero di destra, ero un grande fan di Ronald Reagan e non è che stessi a favore di questo però era un'ossessione. Quando sono arrivato in Italia, la passione che c’era verso questa ideologia, mi haportato a fare un viaggio come studente universitario attorno a tutti paesi dell'ex blocco sovietico, forse vi ricordate che si portavano dei simboli dell'Occidente in questi paesi, per esempio la gomma masticare e le sigarette che si regalavano viaggiando nell'Europa orientale. Quando sono arrivato in in Bulgaria, l'ultimo dei Paesi in cui mi sono recato ho trovato un parco giochi dove c'erano dei bambini e sono andato al parco giochi per offrire loro della gomma da masticare e mi ha stupito che i bambini hanno preso la gomma da masticare ma non avevano idea di cosa fosse non avevano mai visto la gomma a masticare, erano stati così esclusi dell'Occidente e di questo mi sono ricordato nel 2005 quando ho avuto la possibilità di tornare in Bulgaria per presentare una relazione, in questo luogo straordinario, si chiama la Casa Rossa e ho parlato con molti giovani bulgari e ho scoperto che nel 2005 erano uguali a tutti i giovani in tutto l'Occidente; sapevano forse di più riguardo a Internet rispetto a molti miei colleghi di Standford in California. Nel 2003 sono stato invitato a venire a un convegno organizzato da Viacom una delle aziende di media più importanti del mondo a Scottsdal in Arizona, questo posto bellissimo dove dovevo contribuire a una discussione sulla protezione del diritto d'autore e la tecnologia, ma dato che si conosceva come l'anarchico del diritto d'autore è stato un po' come gettare un cristiano ai leoni perché i dirigenti della Viacom hanno pensato che era loro dovere picchiarmi retoricamente e quindi questo executive è stato così duro che mi ha mandato dopo l’incontro dele scuse formali ma dopo l’incontro e le critiche feroci che mi erano state rivolte dei dirigenti della Viacom, una serie di giovani della Viacom mi hanno preso parte e mi ha detto bisogna capire che qui siamo in Cina e noi aspettiamo che muoiano e poi andremo al potere noi. Infine, nel 2001 ho cominciato ad avere dei contatti con dei giovani studenti francesi sui temi che riguardano la cultura libera e il software libero, la mia idea della Francia si è formata dall’incontro con questi studenti e l’anno scorso sono stato invitato al palazzo dei Papi a Avignone. Dovevo parlare ai leader dell'industria culturale francese. Ho fatto la mia presentazione e c'è stata una risposta stupita, mi hanno detto. “è stata una lezione eccezionale forse più interessante che abbia mai sentito”, ma erano in completo disaccordo con tutto quello che avevo detto. Questo ha stupito me, perché non avevo detto niente con cui con cui qualcuno potesse essere in disaccordo, avevo detto delle cose banalissime. Quindi volevo capire che cosa fosse stato che aveva portato a questo disaccordo da parte di queste persone, per cui ho seguito i leader a una discussione con gli studenti. C'erano diversi studenti che si sono alzati una volta e hanno formulato delle domande riguarda a Internet a questi leader del settore culturale francese, domande che mi sembravano chiarissime e uno alla volta questi studenti sono stati corretti e rimproverati da questi leader perché dicevano che non avevano capito niente sul futuro. E infatti uno dei leader ha detto “il mio lavoro è quello di difendere gli usi che si stanno perdendo ” e dopo di ciò, uno degli studenti ha detto: “questo è sempre stato il sogno dei dinosauri”. Quindi, la separazione che vediamo nel mondo oggi, non è tanto una divisione fra le nazioni, ma più una separazione fra le generazioni.
La separazione fra i componenti della generazione Y nei diversi paesi in cui vive, è minore rispetto alla separazione che abbiamo noi con i giovani all'interno dei paesi in cui viviamo. È un divario grande e sta crescendo. Quindi se legiferiamo per noi, tendiamo a legiferare contro di loro. Ma dobbiamo capire che la legge della natura dice che noi non li sconfiggeremo. L'unica domanda è come ci ricorderanno loro, se ci ricorderanno come dinosauri in un'epoca che sta morendo, e che è già il passato. Questo è un evento in cui vogliamo celebrare la Rete. Di solito preferisco parlare di Internet. Per celebrare l'Internet, prima di tutto dobbiamo cercare di capire che cosa non è. Non possiamo capire Internet se pensiamo a delle delle applicazioni singole, come non si poteva capire la stampa pensando a dei libri specifici o l’importanza del mercato teorizzato da Adam Smith pensando ai beni che venivano scambiati sul mercato. Internet è una cosa che permette delle cose, come il mercato permetteva delle cose come la stampa permetteva dellle cose. Internet permette delle cose, è una creatura che permette innovazione, una innovazione non progettata e non prevista., Innovazione, quello che altri chiamano la libertà. Che tipo di innovazione? Se l'uomo fosse solo buono, anche l'innovazione sarebbe soltanto buona. Però non c'è bisogno di un professore per ricordarvi che non siamo soltanto buoni; nella nostra società c'è sia il bene che il male e qui, come dappertutto, c'è bene e male. Quindi c'è del bene su Internet, Google, Facebook, You Tube anche i Tunes, anche se qualcuno lo mette in dubbio, e poi ci sono delle cose che non vanno bene: i virus lo spam, i botnet che si appropriano dei computer, il malware. Queste sono cose maligne e distruttive in tutta la Rete e noi patrocinatori, noi fan di Internet, passiamo troppo tempo ad elogiare il buono e a dimenticare il male. Dobbiamo ricordarci sempre anche del male, per capire come Internet fa diventare la società in cui vivremo. Ci sono tre cose che dobbiamo ricordare: il contesto del diritto d'autore, il contesto del giornalismo e il contesto della richiesta crescente di trasparenza da parte della società. Prima di tutto il diritto d'autore. C'è del bene nel contributo che ha dato Internet al settore creativo in tutto il mondo. Internet ha spinto l'innovazione, l’innovazione ha creato un'enorme varietà nella cultura accessibile tutti, una varietà commerciale, il mio collega Chris Anderson descrive questo con la dinamica della coda lunga. Internet permette ad una gamma molto più ampia di prodotti creativi di avere successo rispetto a quanto succedesse prima; però permette anche la creatività amatoriale, quella delle persone che creano per amore delle arti e non per i soldi. L'importanza della creatività amatoriale era cara a Jon Philips Sousa, che nel 1906 è andato al Congresso degli Stati Uniti per parlare della “macchina parlante”, come la chiamava, che era per lui alla rovina della creatività. “Queste macchine parlanti rovineranno il futuro della musica in questo paese - è una citazione di quanto ha detto - quand'ero ragazzo davanti ogni casa in questo paese si vedevano dei canti dei ragazzi che cantavano le canzoni dell'epoca o delle canzoni vecchie oggi si sentono queste macchine infernali ad ogni oradel giorno e tutta la notte. Noi perderemo le nostre corde vocali, le corde vocali verranno eliminate dal processo di evoluzione, come si è perduta la coda dell'uomo quando si è evoluto dalla scimmia”. Quindi voglio che vi concentriate su quest'immagine, l’immagine dei giovani dell’epoca che stavano insieme e cantavano le canzoni dell’epoca o quelle più vecchie. Persone che partecipavano alla creazione o alla ricreazione della propria cultura. Sousa aveva ragione di temere che non sopravvivesse quell'immagine; la diffusione del vinile, la radiodiffusione, ci hanno trasformato in uditori passivi; però sbagliava se si pensa alle tecnologie del ventunesimo secolo.
Sono delle tecnologie che portano alla ripresa della cultura a cui pensava lui. Vi porto qualche esempio: sono sicuro che qualcuno di voi ha visto questa interpretazione straordinaria del canone In Re, da quando è stato messo su You Tube, più di 70 milioni di persone hanno visto questa interpretazione di un giovane ragazzo che con un berretto da baseball e una chitarra interpreta la propria variazione di questo classico. Da quando è stato pubblicato questo brano, centinaia di persone hanno avuto la stessa idea e hanno prodotto la propria variazione diffondendola sulla stessa piattaforma. Per esempio un ragazzo ha preso la musica dal video per produrre questo, questa ha ispirato qualcun altro a produrre questo… e poi ha ispirato un'altra persona a produrre questo. Chiaramente se Brooklyn lo può fare San Francisco può fare anche meglio. Il fatto è che questo è quello sognava Sousa quando parlava dei ragazzi che si riunivano cantare le canzoni dell'epoca. Oggi non lo fanno più fisicamente, ma si riuniscono intorno a una piattaforma digitale che ispira l'altra creatività. È anche grazie alle leggi che regolano questa piattaforma che può prodursi questa creatività, se si applicassero ad essa le stesse regole che vengono applicate ai vecchi media questa creatività sarebbe impossibile. Su YouTube ogni minuto ci sono 20 h di video, anzi, da quando ho iniziato a parlare oggi più di 12 giornate di video sono state caricate su You Tube. Qualsiasi regola che necessitasse la valutazione previa di questo materiale, porterebbe alla chiusura di siti come You Tube. Questo è il bene che è uscito da questa infrastruttura, però c’è stato anche del male, come la pirateria p2p, di autori che non autorizzano la condivisione del proprio materiale. La RIAA dice che ci sono 12,5 miliardi di danni l'anno. Io credo che queste stime siano esagerate, però non c'è bisogno di credere a queste stime; le vendite digitali sono aumentate del 940% mentre le vendite di dischi sono scese del 30%. Io credo che sarebbe giusto per il governo preoccuparsi dei danni che questo comporta per gli artisti ed è sicuro che questa pirateria ha portato dei danni ad alcuni artisti e questo è un male che deriva da questa piattaforma dell'innovazione. Pensiamo al giornalismo adesso, c’è del bene straordinario che viene prodotto da Internet per il giornalismo, l’innovazione, la varietà delle nuove forme di giornalismo. Su dei siti cui possiamo vedere delle raccolte di articoli, e poi c’è anche la produzione dilettante di Wikipedia e altri blog. Ma c'è anche del male perché l'aumento di media liberi e gratuiti comporta una pressione sul tipo di giornalismo che è essenziale per la democrazia, il giornalismo d'indagine, il giornalismo basato sulle analisi; se riteniamo che siano importanti cose come il NyT che pubblica i Pentagon Papers. Queste cose appartengono al momento in cui la stampa aveva una forza, la stampa si difendeva nei confronti dei tribunali e questo ha avuto un effetto profondo su quello che pensavamo potesse essere la stampa. Io credo che purtroppo questo tempo sia passato nel mio Paese. Anche se ci sono ancora dei giornali non c'è più la stessa forza, la stessa spina dorsale in questo giornali, pensiamo al fatto che lo stesso New York Times non ha rivelato i dati sull’Iraq finché non è stata confermata l'elezione del presidente Bush. Chiaramente Internet aumenterà la pressione su questo tipo di giornalismo, con la riduzione del finanziamento incrociato alla stampa tradizionale. Questo è un problema per la democrazia. Pensiamo poi alla questione della trasparenza; anche qui Internet ha prodotto benefici enormi, favorendo l’esplosione dell'efficienza e della trasparenza. L’amministrazione Obama ha esplorato le possibilità di rendere accessibili le informazioni in modo facilmente comprensibile. Data.gov ci presenta tutta una serie di dati che riguardano l'azione del governo, cui si può accedere in modo totalmente gratuito. E poi ci sono informazioni facilmente accessibili grazie a cui gli automobilisti possono trovare dei modi per consumare meno combustibile e anche in Gran Bretagna si rendono disponibili informazioni trasparenti sul funzionamento del Parlamento britannico. La maggior parte di questi progetti sono ottimi per la democrazia. Ma ci sono anche qui dei costi: c'è un lato oscuro di questo movimento verso la trasparenza, vi dò un esempio possono avete visto questo film che parla del debito da carta di credito negli Stati Uniti. Una delle cause principali di questo problema è una legge si chiama legge per la Protezione dei consumatori e Prevenzione dell’abuso da bancarotta. In realtà non c'è protezione dei consumatori, in questa legge, che invece ha avuto l'effetto di rendere impossibile estinguere il debito da carta di credito. Questa legge è stata proposta quando Clinton era presidente, e lui era a favore di essa, ma Hillary Clinton dopo aver letto un articolo sul New York Times ha cominciato a militare contro tale legge, contro tale Bill, ovvero “legge” in inglese, con la b maiuscola. Nonostante la legge fosse stata bloccata in precedenza, quando la signora è diventata senatore, a questo punto aveva ricevuto $ 140.000 in contributi dal settore dei servizi finanziari, quindi cosa fatto? Nel 2001 votato a favore di quella terribile legge, dper ue volte, dando il suo sostegno a questo cambiamento della legislazione. La senatrice Clinton ha detto non era per i soldi e ha difeso la sua decisione: “non credo che nessuno possa pensare che venga influenzata da una lobby, vista la mia esperienza di trent'anni – ha detto”. Io credo a Hilary Clinton, non credo che si possa diventare Hilary Clinton se è facile essere corrotti, ci possono essere milioni di ragioni per cui la senatrice di New York abbia visto questa legge in modo diverso da come la vedeva da First Lady degli Stati Uniti. Ma gli altri cosa avranno pensato, dopo aver sentito che aveva ricevuto $ 104.000 dal settore dei servizi finanziari; avranno pensato che aveva dei buoni motivi? Questo è il lato oscuro della trasparenza. Questo tipo di dati aumenta lo scetticismo riguardo al funzionamento del Parlamento. L'80% delle persone in California pensa che i soldi comprano i risultati, il livello di fiducia del congresso di Stati Uniti e al livello più basso della storia. Forse c'erano più persone che erano a favore della monarchia inglese al tempo dell’Indipendenza, di quante ce ne siano ora a favore del Congresso. Quindi se mettiamo assieme questi aspetti positivi e negativi su una stessa pagina, come una pagella, possiamo vedere come questi vari aspetti hanno portato agli estremismi. Gli estremismi di sinistra ritengono che Internet dica di rifare costantemente la società e sono a favore del fatto che gli autori siano sotto pressione a causa di Internet; c'è un movimento abolizionista che ritiene si debba eliminare del tutto il diritto d’autore, che non ci siano motivi che esso esista. Per quel che riguarda il giornalismo si dice che sono sufficienti i blog, non abbiamo più bisogno di professionisti che fanno le indagini. Ci sono estremismi anche a destra.
La battaglia per il diritto d'autore porta a suggerire cambiamenti che potrebbero uccidere Internet. Questo estremismi non vogliono riconoscere le ragioni degli altri, quindi si ritiene che oggi debba essere o l'anarchia oppure uno Stato totalitario sostenuto da coloro che si oppongono alla rete. Invece dobbiamo trovare il giusto mezzo. Trovare un modo per promuovere Internet ma anche credere al giornalismo, avere fiducia nel governo. L'importante non è quale scegliere l'uno o l'altro, la domanda invece è come riuscire ad avere entrambi, dobbiamo accettare l’esistenza di Internet e gioire perché Internet esiste e non scomparirà, ma anche pensare a come minimizzare il danno che Internet può fare e come fare questo? Ci sono risposte ovvie già di 10 anni, per esempio per il diritto d'autore bisogna esercitare un controllo su come si utilizzano i lavori e garantire un compenso giusto per il lavoro che viene usato e trovare delle forme di compensazione per i danni arrecati dalla pirateria. C'è un'idea che è alla base del partito verde in Germania, sostegno pubblico per i beni pubblici e il giornalismo investigativo lo è. Per quanto riguarda la politica bisogna rimuovere le cause che portano all'assenza di fiducia ,dobbiamo eliminare il finanziamento privato dei partiti e trasformarlo in finanziamento pubblico e quindi far sì che la gente possa credere ragionevolmente che qualsiasi decisione non sia stata presa solo per denaro. Fra gli attivisti di tutto il mondo non c'è nessuno che si faccia portavoce di queste posizioni in tutto il mondo, ci sono soltanto estremismi. Per quanto riguarda il diritto d'autore negli Stati Uniti, c’è una guerra, un mio amico la chiamava la sua guerra al terrorismo e i terroristi sono i nostri figli. Il finanziamento pubblico al giornalismo è stato eliminato negli Usa, credendo che il mercato privato potesse bastare da solo. È aumentato enormemente il costo delle campagne politiche e i congressisti spendono il 30% del loro tempo per cercare i fondi e la Corte Suprema ha eliminato quest'anno le basi costituzionali che permettevano al Congresso di limitare la spesa per sostenere un candidato. Tutto questo non fa altro che creare posizione estremiste ovunque. Dobbiamo imparare a essere un punto umili dal punto di vista della legislazione. Il ventesimo secolo è stato un secolo dove la tecnologia ha reso possibile una mentalità dittatoriale, i governi hanno usato la tecnologia per propagandare la loro azione, sono state promosse normative a volte brutali per controllare la società. La mentalità che è alla base di questo è che il governo ha il potere di controllare, di rifare o riformare la società e si crede che quando c'è un rallentamento allora bisogna aumentare la forza affinché la normativa diventi più efficace. Questo rapporto “più forza maggiore efficacia” è falso in democrazia. Una maggiore forza spesso significa una normativa meno efficace. Dare una spintarella è meglio che un pugno, dobbiamo imparare questa umiltà. Anche gli estremisti devono ricordare che ci sono dei limiti a quello che può fare il governo, ci sono dei vincoli naturali. Soprattutto se pensiamo al primo punto che ho sollevato oggi e cioè l'aspetto delle generazioni quando ci rendiamo conto che questa guerra che facciamo a Internet è la guerra che facciamo contro ai nostri figli, dobbiamo essere umili e riconoscere che npiù poniamo vincoli su come loro usano Internet e più loro si oppongono queste restrizioni e in modo sempre più distruttivo. Non possiamo impedire ai nostri ragazzi di essere creativi in un modo in cui noi non eravamo alla loro età, se facciamo ciò allora non faremo altro che renderli, spingerli a diventare pirati. Nel mio Paese i ragazzi vivono in un'era di proibizione, la loro vita la vivono sempre contro la legge e questo è corrisivo, corrode alle basi la democrazia e lò Stato di Diritto.

Internet è libertà. Ma la libertà che cosa è? La libertà può produrre sia bene che male. La risposta matura alla libertà è minimizzare il negativo e massimizzare il bene; la risposta saggia di ogni governo è quella di non imbarcarsi in una guerra senza speranza. Ciò di cui abbiamo bisogno è che nostri governi siano maturi e che siano sani di mente, e devono capire che dobbiamo imparare da quello che ci ha insegnato il secolo scorso: quindi non vogliamo governi giovani e arroganti. I governi ovunque nel mondo devono rendersi conto che non possono governare con la forza.

(Trascrizione a cura di Federico Guerrini)

Poche novità dall'economia reale

Torino, 11 marzo 2010

Le informazioni macroeconomiche di questi giorni non dicono nulla di nuovo a quanto già si sà. Anzi prolungano lo stato di attesa di "notizie veramente buone" che tardano ad arrivare.

1) OCSE: disoccupazione in calo ma c’è il trucco.
- Il tasso di disoccupazione nell'area Ocse scende all'8.7% grazie però in gran parte ai risultati di Usa e Giappone.
- Trend crescente in Italia, dove si e' registrato invece un incremento dall'8.5% all'8.6%.
- Il dato e' trainato dai risultati di Usa (dal 10% di dicembre al 9,7% di gennaio) e Giappone (dal 5,2% di dicembre al 4,9% di gennaio).
- Negli Usa gli ultimi dati indicano che il tasso di disoccupazione e' rimasto però stabile al 9,7% a febbraio.
- Nell'area euro il tasso di disoccupazione a gennaio e' stabile al 9,9%.
- Anche in Gran Bretagna, con un dato fermo a novembre, il tasso di disoccupazione è stabile rispetto ai tre mesi precedenti (7,8%).

2) Produzione industriale in Italia: qualche miglioramento ma bisogna saper leggere i dati
Infatti i dati emessi in questi giorni dall’Istat della produzione industriale di gennaio confermano una ripresa produttiva sul mese precedente (+2,6%) ma se prendiamo l’ultimo trimestre su quello precedente la media di produzione risulta invariata.
- i dati di gennaio dell'Italia sono migliori di quelli della Germania e della Gran Bretagna
- permane la debole ed incerta ripresa internazionale, con livelli produttivi molto distanti da quelli toccati all'inizio della crisi
- in Italia i settori più colpiti dalla recessione, come la chimica, la fabbricazione di macchinari e mezzi di trasporto stanno recuperando con troppa lentezza mentre le situazioni di sofferenza industriale si allargano e si riflettono su un'occupazione in calo.

3) Banca Francia taglia stime I trimestre del Pil
La Banca di Francia ha abbassato le stime di crescita per il primo trimestre di 0,1 punti, a +0,4%. Il taglio delle stime e' legato al deterioramento della situazione dell'industria nel mese di febbraio. E' quanto si legge sul sito on line di 'Le Monde'. Nel quarto trimestre 2009 l'economia francese era cresciuta dello 0,6%.

4) Pil: Cia, confermata la grave crisi dell'agricoltura
Commentando i dati del Pil 2009 il presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Giuseppe Politi ha affermato che anche se i dati dell’agricoltura sono “meno peggio” di quelli dell’industria visti nell’ultimo anno ci si deve preoccupare in quanto “le imprese sono sempre più alle corde tra costi produttivi, contributivi e burocratici opprimenti, prezzi sui campi in caduta libera, crollo record dei redditi e la mancanza di una politica realmente efficace e concreta”.
- Una situazione molto preoccupante in quanto i dati Istat sul Pil del valore aggiunto agricolo evidenziano, nel quarto trimestre del 2009, un netta flessione, in termini tendenziali (rispetto allo stesso periodo del 2008) di un - 4,4 per cento.
- Anche se nel quarto trimestre si evidenzia una crescita, in termini congiunturali (rispetto al precedente trimestre) dello 0,5 per cento del valore aggiunto dell’agricoltura e che per il settore primario non siamo in presenza di un crollo come quello registrato dall’industria (meno 9,1 per cento in termini tendenziali), per le nostre campagne -rileva Politi- suona forte il campanello d’allarme.

5) Euribor
L’unico indicatore in tempo reale che può testare segni di ripresa (andamento dei prezzi all’ingrosso, al consumo e della produzione industriale) anticipando eventuali fenomeni inflazionistici è l’Euribor che dà invece ancora segnali di debolezza (per non dire di calo). Guardate i numeri aggiornati a ieri giornalmente nell’ultima settimana e mensilmente con la media da ottobre a febbraio

Mese                 1 mese     3 mesi     6 mesi

ottobre 2009       0,44%    0,75%     1,03%

novembre 2009   0,44%    0,72%     1,01%

dicembre 2009    0,48%    0,72%     1,01%

gennaio 2010       0,45%    0,69%    0,99%

febbraio 2010      0,43%     0,67%    0,98%



           10/03/2010   09/03/2010    08/03/2010     05/03/2010     04/03/2010

1 mese    0,41%          0,41%           0,41%                0,42%             0,41%

3 mesi     0,65%          0,65%           0,65%                0,65%             0,65%

6 mesi      0,96%         0,96%           0,96%                0,96%             0,96%

Pro e contro la speculazione

Torino, 9 marzo 2010

Vi segnalo due opinioni di oggi, per un certo verso contrastanti, a far seguito ai ragionamenti inseriti nei miei Post da un mese in qua, il primo di Fitch che interpreta mercato dell'euro (e o insieme alla speculazione) e un altro prorpio sulle iniziative contro i movimenti che vanno al di là del mercato.

Buona lettura !!!

1) Dal sito http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?art_id=884374
Euro: qualcuno salterà !!
La previsione e' di Fitch. Escluso pero' uno smembramento dell'area. Appropriati i rating di Irlanda e Grecia. Occhi puntati sul Portogallo: l'outlook negativo. Uk e Usa, attenti al debito. E l' Italia...
Nell'Eurozona non e' da escludere che qualche stato membro possa saltare a gambe all'aria ma l'Unione restera' unita. E' questo l'avvertimento lanciato da Fitch Rating.
Brian Coulton, managing director e a capo della devisione che si occupa del debito sovrano di Europa, Medio Oriente e Asia per l'agenzia di rating, ha aggiunto che l'eventuale paese fallito non dovrebbe necessariamente lasciare l'Eurozona che, anzi, garantirebbe un porto sicuro.
L'agenzia specifica: Irlanda (AA- con outlook stabile) e Grecia (BBB+ con outlook negativo) si meritano gli attuali rating. "Penso che l'Irlanda abbia un rating appropiato cosi' come Atene per cui vale la stessa considerazione per l'outlook negativo", ha aggiunto Chris Prynce, direttore per i giudizi nell'Europa dell'Ovest. Invece, non si parla di Italia.
Il faro di Fitch resta puntato anche sul Portogallo, che ieri ha annunciato nuove misure di austerita' che gli analisti stanno passando sotto la lente di ingradimento. Per il momento l'outlook resta anche qui negativo con rating AA. "Francamente stiamo ancora osservando i dettagli del piano e abbiamo bisogno di piu' tempo per esaminarne i dettagli", ha detto Coulton specificando che "in linea generale i numeri sono piu' o meno in linea alle nostre attese, ma e' ancora troppo presto per dare un giudizio definitivo.
Nel dettaglio, Lisbona ha annunciato un piano per ridurre il deficit al 2.8% del Pil entro il 2013 dall'attuale 8.3%. Come intende raggiungere l'obiettivo? Tagliando la spesa per il pubblico impiego e alzando le tasse su alti stipendi e rendimenti legati all'attivita' di borsa. Il progetto, che deve ancora passare al vaglio di Bruxelles, ha l'obiettivo di dimostrare che il paese e' capace di tenere sotto controllo il crescente deficit e debito. Fattore fondamentale per gli investitori, che si interrogano se il Portogallo sara' il prossimo caso post Grecia.
Quanto agli Stati Uniti, Fitch avverte: sono vulnerabili a shock legati ai tassi di interesse. L'agenzia di rating si dice preoccupata della ristretta liquidita' disponibile. "Abbiamo dubbi sulla piu' stretta base di ricavi e la relativa volatilita' negli Usa", ha riferito Coulton. "Qui c'e' un problema di tipo fiscale che va necessariamente risolto", ha detto.
Preoccupazioni simili anche per l'Inghilterra, di cui si guarda il timing delle mosse di tipo fiscale. Non sembrano esser considerati sufficienti i provvedimenti adottati per migliorare la propria situazione finanziaria."Gli obiettivi di tipo fiscale devono essere indirizzati: non abbiamo osservato ancora questo tipo di atteggiamento", ha concluso Coulton nella conferenza londinese di oggi.
Il monito per il regno di Sua Maesta' va ad aggiungersi ad altri due paesi che, come esso, attualmente vantano la tripla A con outlook stabile: Francia e Spagna. Nel mirino i rischi connessi alla gestione dei conti pubblici. Le misure devono essere "piu' credibili" se non vogliono perdere l'attuale giudizio.


2) Dal sito de "Il sole 24 Ore"
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2010/03/speculazione-credit-default-swap-banche-materie-prime.shtml?uuid=8f977cfc-2b76-11df-9e06-f0245f3b8bda&DocRulesView=Libero
Un 'ottima sintesi che riporta l'opinione dei principali leader mondiali e autorità sulle possibili iniziative con un occhio di riguardo su:
- I crediti default swap
- il mondo delle banche
- le materie prime
- le transazioni finanziarie

Nuova finanza internazionale: come è difficile trovare un accordo o modificare le regole

Torino, 8 marzo 2010

Sfogliando i quotidiani di oggi dal mio link   "Le migliori news....dal mondo"  ho intercettato due notizie che mi sembra valgano la pena di essere riportate in stretta relazione al Post precedente di questa mattina

a) da Le Monde:
Le yuan en hausse, Pékin pourrait abolir le lien avec le dollar
Lo yuan è in aumento, Pechino potrebbe abolire il collegamento con il dollaro USA

b) da Il Financial Time
Eurozone eyes IMF-style fund
Un Fmi ad hoc per l' Eurozona ?


a) Sintesi (per l'intera lettura dell'articolo si rimanda al sito originario)
- la valuta cinese potrebbe riprendere il suo apprezzamento per il ritiro graduale dalle misure eccezionali per sostenere l'economia  durante il periodo di crisi più acuta;
- la Cina sta subendo le pressioni di Stati Uniti ed Europa per interrompere il legame istituito nel primo semestre 2008 nelle vicinanze di 6,83 yuan per dollaro per mantenere la competitività degli esportatori cinesi durante la crisi economica e finanziaria;
- Alla riunione annuale dell'Assemblea nazionale del popolo (il Parlamento), il governatore della Banca della Cina Zhou Xiaochuan popolare ha detto che Pechino sarà un giorno o l'altro costretta ad abbandonare questa politica "speciale" per lo yuan;  
- Però prima del suo discorso la Banca centrale ha emesso un comunicato stampa "prudente" in cui essa ha ribadito l'impegno assunto dal primo Ministro Wen Jiabao di mantenere lo yuan "a livello mondiale stabile" nel 2010;
- Secondo un broker di una banca la "Banca popolare di Cina"   non ha  l'ultima parola nella decisione della politica dello yuan  e vi sono altre istituzione che hanno voce in capitolo come  il Dipartimento del commercio che è più interessato alle esportazioni e non vede di buon occhio  un apprezzamento dello yuan.

b) Sintesi (per l'intera lettura dell'articolo si rimanda al sito originario)
- Germania e Francia stanno progettando di lanciare una nuova iniziativa per rafforzare la cooperazione economica e di sorveglianza all'interno della zona euro, compresa la creazione di un fondo monetario europeo, secondo alcuni  funzionari governativi;
- L'intenzione è di stabilire delle regole e degli strumenti per impedire nuovi episodi di instabilità nella zona euro derivanti dall'indebitamento di uno Stato membro unico come è stato per la Grecia;
- Se Francia e Germania troveranno accordi comuni si potranno gettare le basi  per la riforma più radicale delle regole alla base dell'euro dal momento del suo ingresso in Europa nel 1999;
- Alla base del problema è che i trattati attuali precludono alle istituzioni Ue esistenti la possibilità di effettuare veri e propri salvataggi laddove nei singoli stati l'idea di erogare aiuti a un paese partner può creare attriti con i contribuenti come avvenuto in queste settimane in Germania e pertanto si dovrebbe metter mano ai Trattati. Fattibile ??????

Tremonti ha ragione ma bisogna recuperare lo “Spirito di Rambouillet”

Torino, 8 marzo 2010

Prendendo spunto delle affermazioni di Tremonti all’incontro di sabato 6 marzo a Venezia organizzato (a porte chiuse) dall’Aspen Institute e dalla contemporanea lettera del ministro dell’economia e delle finanze inviata al "Corriere della Sera", a "Le Monde" e alla "Faz" possiamo fare alcune considerazioni sull’attuale momento internazionale.
1) Tremonti afferma che l’Europa alle soglie del suo 50° compleanno (rammento che il primo atto concreto di un’integrazione europea, che per il momento di allora fu solo economico, è la nascita della CECA – Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio a Parigi il 18 aprile del 1951) fondò il suo progetto su due pilastri: il mercato e la governante degli Stati. Il primo (è evidente a tutti) si comportò in modo egregio per una crescita economica e della società civile europea nei decenni successivi (ricordo che il 1961 ad esempio per l’Italia fu l’anno del passaggio da società prevalentemente agricola a quella industriale) mentre il secondo, la governance conobbe momenti non omogenei con il mercato con forti discrepanze e distonie politiche in relazione ai compiti che i Trattati successivi si prefiggevano fino all’ultimo, quello di Lisbona.
2) Facciamo un passo indietro e ricordiamo cosa dissero i Paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina) il 16 giugno 2009 a Ekaterinburg (Russia): la richiesta che il dollaro non fosse più accettato come una unica moneta mondiale di riferimento. Riportando le informazioni di stampa di allora si evince che: «Noi (Bric) pensiamo che sia veramente necessario avere un sistema STABILE di valute, affidabile e maggiormente diversificato» si legge nel comunicato finale del vertice. “Una nuova architettura del sistema finanziario ed economico dovrebbe essere basata su «una capacità decisionale e su processi di realizzazione presso le istituzioni finanziarie internazionali”. I paesi Bric hanno sottolineato un impegno a portare avanti «la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali per riflettere i cambiamenti nell'economia mondiale». Questo richiamo è a mio avviso necessario perché, come detto più volte nei miei Post precedenti, il ruolo incombente che dovranno farsi carico le istituzioni finanziarie internazionali e i governi dei Paesi più industrializzati “NON PUO’ PIU’ PRESCINDERE” dalla volontà di Paesi che dal punto di vista geopolitico e geoeconomico sono e saranno sempre più rilevanti nello scacchiere internazionale !!!!!
3) Tornando all’incontro Aspen di Venezia Tremonti afferma che se l'Europa sarà forte, non ci sarebbe nulla di pregiudizialmente sbagliato in un intervento “collaborativo” del Fondo monetario internazionale «come banca e come know how» per aiutarci se fossimo in difficoltà. «Se l'Europa fosse più forte, l'Fmi potrebbe anche fare solo da banca e all'interno di strumenti europei, io non vedo problemi in un intervento del Fondo». Interessante anche la sua affermazione che non bisogna parlare di Paesi "pigs" (cioè maiali, o detto in altro modo …. malandati alludendo in questo momento, per l’Europa, a Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna viste le loro difficoltà), ma piuttosto a Paesi "Fi-re Countries", cioè Finance Insurance e Real Estate interpretando con questo acronimo i Paesi che hanno più difficoltà nell’economia reale al di là di aspetti, pur gravi, di natura finanziaria.
4) L’elenco dei punti 1,2, e 3 mi sono serviti per richiamare l’attenzione sui presupposti per la ripresa di una crescita mondiale che non può prescindere da due concetti più volte da me ribaditi e cioè:
a) l’attesa per una nuova Bretton Woods (regole, parametri, pur nelle regole del mercato però non più piratesco, basati su alcuni fondamentali da individuare in modo il più possibile condiviso). Quello che dice Tremonti, in questo caso per l’Europa, è ammissibile ma ogni altro futuro intervento in altre aree mondiali (come peraltro da lui stesso molte volte auspicato) deve tener conto di quello che oggi si chiama G20. Un’ampio consesso mondiale dove trovare e prendere soluzioni comuni per lo più finanziarie ma anche di indirizzo di politica di crescita (energia, ambiente, infrastrutture fisiche e di rete, diffusione del sapere, innovazione sempre più spinta di base ed applicata)
b) il ruolo dell’Europa che deve ripescare lo “Spirito di Rambouillet” RIPROPOSTO ED ATTUALIZZATO AD OGGI ovviamente. Per chi non lo ricordasse, nel lontano novembre 1975 presso il Castello francese di Rambouillet, si fondarono i concetti base per uno sviluppo armonioso e aggregativo di un‘Europa Unita” nell’ambito di uno schema mondiale che dall’internazionalizzazione passò alla globalizzazione con la nascita allora del G6. Si aprirono le frontiere e iniziarono i rapporti commerciali internazionali a tutto campo. In quell’epoca le aziende diventano sopranazionali rispetto ai potere degli Stati. Il Consiglio europeo, riunito a Roma il 1 e 2 dicembre 1975, si pronuncia sull'elezione del Parlamento europeo a suffragio universale, sull'unione dei passaporti e sulla partecipazione della Comunità alla conferenza sul dialogo Nord-Sud con una rappresentanza unica. Gli stati membri perdono parte del loro potere, per darlo alla Struttura Comunitaria. Ma perdono potere anche rispetto ai regionalismi.
Rievocato oggi, in mondo davvero differente, ma con lo spirito COLLABORATIVO E PROPOSITIVO di allora, solo così, rievocando l’antico ma pur sempre attuale “Spirito di Rambouillet”, si può sperare in un più sereno futuro basato su solide basi per una lunga crescita mondiale.





Cinesi ancora leader per il sostegno al debito americano

Ai cinesi non deve essere andata giù la voce che li dava superati dal Giappone. Ecco allora puntuale la smentita.

di Alberto Fattori da Shanghai

In un incredibile succedersi di notizie e di smentite, come le dichiarazioni antitetiche di ieri dei rispettivi ambasciatori sulla situazione reale delle relazioni esistenti tra Usa e Cina, ora arriva dagli Usa la rettifica alla notizia data dai Cinesi due settimane fa relativamente alla top list dei creditori Usa.
Sorprendentemente, secondo il Dipartimento del Tesoro Americano nel rapporto annuale rilasciato ieri, la China possiede ben 895 miliardi di dollari, mentre il Giappone "solo" 766 miliardi di titoli del Tesoro.
Nel precedente rapporto divulgato guarda caso dai cinesi, veniva dato invece il Giappone in testa in questa “specialissima classifica” e quale primo finanziatore degli Usa, situazione che appariva essere connessa all'inizio di una diversificazione degli investimenti (e dei rischi) cinesi.
I due rapporti comunque hanno in comune l’elemento fondamentale: effettivamente la Cina ha diminuito la propria esposizione di dicembre verso gli Usa, il segnale della "sfiducia" rispetto al ventilato piano di Obama per attaccare il debito “mostre” degli Usa, una azione ritenuta dai cinesi non sufficiente per invertire la pericolosa tendenza attuale che potrebbe contagiare anche gli equilibri stessi della finanza mondiale.
La notizia più che essere direttamente una “smentita” ai cinesi, appare però quasi un messaggio agli altri creditori, per sottolineare come la Cina non ha abbia ancora perso la fiducia nel suo maggiore debitore.
Qualcosa che comunque rivela ancora una volta il "nervosismo" di fondo esistente nelle relazioni attuali tra Usa e Cina, qualcosa che lascia perplessi, soprattutto di fronte le prossime importanti questioni da affrontare, Iran in testa, che dovrebbero vedere i due paese "alleati" in un profittevole agire congiunto futuro e che invece li vede quotidianamente impegnati in snervanti “botta e risposta” sulle agenzie stampa.





La cultura digitale a servizio delle generazioni future

Oggi posto l'analisi effettuata dal sito dell'Unione Europea in occasione della settimana europea delle "Competenze informatiche" in quanto noi della rete sappiamo bene quanto sia utile capire cosa sta succedendo nella e per la cultura digitale e prefigurare scenari in questo settore che  è ormai trasversale !!!

Buona lettura !!!
(dal sito:

La settimana europea 2010 (1-5 marzo) delle competenze informatiche punta a esaminare i risultati della strategia UE in questo campo in termini di cultura digitale, a rafforzare queste competenze presso tutti i cittadini europei, a condividere esperienze, a sviluppare legami e a mobilitare le parti interessate nell’intera UE. Il lancio ufficiale della settimana europea in occasione del CeBIT, maggior salone digitale del mondo, ad Hannover, Germania, il 2 marzo 2010, sarà il culmine di una campagna costellata da oltre 200 manifestazioni e attività, come conferenze, seminari Web, visite di responsabili d’imprese a scuole e officine.
La settimana europea delle competenze informatiche è frutto di uno sforzo coordinato dalla Commissione europea, dai governi, dall’industria e da istituzioni d’insegnamento, teso a informare il pubblico europeo sul ruolo decisivo che hanno le competenze legate alle TIC per la competitività futura dell’economia europea. Una vasta gamma di attività svolte in 35 paesi d’Europa evidenzierà lo spessore della domanda di utenti specializzati e di professionisti delle TIC. Autorità pubbliche, imprese attive nel campo delle TIC e istituti scolastici hanno partecipato a centinaia di attività, eventi di formazione e concorsi per incitare la gente a scoprire le competenze informatiche, come l’uso di Internet, a tutte le età.
In occasione della settimana 2010 delle competenze informatiche, il vice presidente Antonio Tajani, commissario per l’industria e l’imprenditoria, Neelie Kroes, commissario per le strategie digitali ed Androulla Vassiliou, commissario per l’istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù, hanno rilasciato una dichiarazione comune: “Migliorare la cultura digitale è decisivo per il futuro dell’Europa. Dobbiamo investire nelle competenze informatiche di tutti i cittadini dell'UE perché nessuno resti indietro mentre l’economia digitale avanza. La cultura digitale e l’educazione ai media sono componenti essenziali per poter essere partecipi della società dell’informazione: tutti devono essere in grado di usare i computer e Internet, comprendere come funzioni effettivamente il Web e saper valutare le informazioni on-line.
Secondo l’EU’s Digital Literacy Report e il Digital Competitiveness Report, nella UE l’uso regolare di Internet è aumentato dal 43% nel 2005 al 56% nel 2008. Internet viene oggi utilizzato quotidianamente dal 43% della popolazione, con tassi più elevati fra i giovani. Ma restano ancora gravi lacune. Le persone di età compresa tra 65 e 74 anni, quelle economicamente inattive e con livelli d’istruzione più bassi costituiscono la parte di popolazione più esclusa dal mondo digitale.
Negli ultimi decenni, la domanda di competenze informatiche è esplosa: esistono quasi 4 milioni di professionisti delle TIC in Europa, più del doppio che nel 1995. Essi lavorano sempre più nel settore dei trasporti, delle attività bancarie, della finanza, delle arti grafiche, dei media e presso altre industrie tributarie delle TCI (54,5%); meno della metà lavorano oggi nell’industria tradizionale delle TIC (45,5%).
Sono numeri che certo rappresentano una buona base per sviluppare un’economia competitiva basata sulla conoscenza, ma non bastano. Con l’industria che varia costantemente la propria domanda di competenze informatiche, i datori di lavoro lamentano ora scarsi livelli di competenza nonché insufficienti livelli di professionalità e capacità. Lungi dall’essere una questione specifica del settore delle TIC, in Europa la penuria crescente di competenze informatiche influisce sulla produttività e sulla competitività di tutti i tipi di organismi (grandi e piccoli) nell’intera società.
I regimi d’istruzione e di formazione europei non hanno saputo tenere il passo con l’esplosione della domanda di competenze informatiche: oggi abbiamo perciò una penuria di informatici e di utenti avanzati europei. Di fronte alla concorrenza di USA e Giappone, ma anche e sempre maggiore dell’India e della Cina, l’Europa ha bisogno di professionisti del digitale con competenze molto maggiori. Dal 2003, diminuisce il numero di giovani iscritti a corsi di informatica, con conseguente diminuzione del numero di laureati. Per ora, lo scarto è colmato da laureati in scienze, ingegneria o studi umanistici che diventano esperti in TIC (in Danimarca, il 70% di coloro che lavorano nelle TIC sono laureati in discipline non TIC). Secondo un recente studio previsionale, il mercato del lavoro dell’UE dovrà far fronte a un eccesso di domanda di 384.000 professionisti delle TIC entro il 2015. Secondo un’altra indagine, tra 5 anni solo il 10% del lavoro nella UE non richiederà una qualche forma di competenza informatica.
La Commissione europea ha elaborato una strategia a lungo termine sulle “Competenze informatiche (eSkills) per il XXI secolo” (v. IP/07/1286) basata su pareri espressi da parti interessate e governi in seno al Forum europeo sulle competenze informatiche. Particolare attenzione sarà dedicata ai giovani, ai professionisti delle TIC, alle piccole e medie imprese e agli imprenditori.

E’ ufficiale: è partita la speculazione contro l’euro !!!! Soros lancia la sfida: vuole il crollo dell’euro come con la sterlina nel ’92

Torino, 1 marzo 2010

E’ davvero clamorosa la notizia che circola a livello internazionale da un po’ di giorni e riportata dal Wall Street Journal che qui la riprendo tradotta da La Stampa di sabato 27 febbraio tanto per poi ragionarci un po’ sopra!!

Perché davvero siamo, non dico alla resa dei conti, ma visti i tanti ragionamenti (senz’altro su questo Blog) su possibilità di ripresa dell’economia reale, exit stategy dalla crisi ma soprattutto nuove regole nella finanza mondiale, sembra invece che ci sia qualcuno un po’ fuori di testa che prefigura scenari che, anziché migliorare in etica e regole, pur sempre nel rispetto del mercato, si portano ancora dietro antichi vizi e pericolosi atteggiamenti.

Ecco da dove partire:

1) La Stampa, sabato 27 febbraio (sintesi)
Alcuni potenti Hedge Fund Usa “scommettono” sulla caduta dell’euro fino alla SUA PARITA’ CIOE’ 1 A 1 (SE E QUANDO NON SI SA !!!!! ndr oggi mentre scrivo è 1,3624). La decisione sarebbe stata presa nel corso di una cena esclusiva ospitata da una nota piccola ma qualificata banca d’investimento all’inizio del mese presso una townhouse di Manhattan presente George Soros, sì filantropo ma anche grandissimo speculatore, che riuscì a far crollare per un breve tempo la sterlina nel ’92. Per altre interpretazioni sul rischio Euro vedere una puntuale ed ottima analisi sui dati su Soldionline.it (http://www.soldionline.it/notizie/obbligazioni-italia/c-e-chi-scommette-sull-insolvenza-di-un-paese-dell-euro )
2) La speculazione, ci tengo a sottolineare che comunque svolge una funzione utile e legale nei mercati… (se però in presenza di certe regole che devono essere riscritte), è potente…anzi un ‘ “arma letale” spesso nel male come si è visto come concausa per la crisi 2008 – 2009 e trascinatasi sino ad oggi e forse più. Nel ’92 Soros & C. sorpresero i mercati affondando la sterlina e questa non fu certo un’azione utile !!
3) Sul tema speculazione, che per un po’ può farla da padrona, ribadisco quanto detto nel mio Post del 1 febbraio 2010 “I guai di una giungla finanziaria” e cioè quanto sia importante la lettura del libro di Luciano Gallino dell'Università di Torino e sociologo industriale di fama dal titolo "Con i soldi degli altri" sottotitolo Il capitalismo per procura contro l'economia, Editore Einaudi. Vi ricordo solo qualche spunto per farvi intuire quale sproporzione ci sia tra economia finanziaria e quella reale e sui suoi effetti indesiderati.
a) Una massa di risparmio equivalente al Pil del mondo viene gestita da enti finanziari quali fondi pensioni, fondi di investimento, assicurazioni, hedge funds e altre strumenti derivati (spesso nati solo come protezione al rischio d'impresa, tipo valute, materie prime, etc e poi degenerati in super strumenti speculativi)a loro completa discrezione.
b) Gli investitori istituzionali hanno oggi in portafoglio oltre la metà del capitale delle imprese quotate.
c) Nel tutelare gli interessi dei risparmiatori sono in genere indifferenti alle conseguenze sociali degli investimenti che effettuano.
4) Che l’attacco oltre che monetario, con chiaro intento di lucro, sia anche politico (per mille motivi lo scacchiere internazionale non è solo più prevalentemente geopolitico) viene da un altro policy maker, diciamo un po’ schierato…., “L’Italia è la minaccia più grande per l’economia dei 16 paesi della Zona dell’Euro“. Parola del premio Nobel per l’economia, Robert Mundell. L’economista d’origine canadese, intervistato dal network televisivo americano Bloomberg tv ha sostenuto inoltre che “ci sono seri motivi di preoccupazione” per il nostro paese e che un suo eventuale “salvataggio“, visto lo stato attuale dei conti pubblici, sarebbe “molto complicato“. (Vero sì ma molto altre considerazioni positive da fare sul nostro Paese ci sono visto che altri Paesi UE stanno peggio…ma Mundell, Nobel a parte, è stato imbeccato o si è svegliato male ??? spocchioso quasi come gli inglesi !!!)
5) Ma l’euro è un’ altra cosa e sarà dura mettersi contro in quanto ormai apprezzata anche dai Paesi asiatici:
a) non è una valuta isolata, è una moneta paniere, 16 Paesi su 27 dell’Unione Europea attualmente vi aderiscono;
b) il Pil dell'Unione a 27 Paesi (dati 2008) è stato di 12 504 miliardi di euro ma se tradotto in $ (dato medio cross rate 2008 = 1,4500) risulta essere di oltre 18.000 $ abbastanza superiore al Pil Usa 2008 (circa 14.000 mld di $);
c) i Paesi che aderiscono all’euro hanno un Pil all’interno della stessa UE di circa il 75 % del Pil totale Ue e quindi, espresso in $ 2008, sono più o meno allo stesso livello del Pil Usa;
d) viviamo in un altro contesto storico e geoeconomico e politico diverso dall’altro millennio e con prospettive per gli 11 Paesi Ue non ancora aderenti all’euro stesso convergenti sempre più ad un’integrazione monetaria comune verso i 16 già aderenti (è solo questione di tempo, legati ai parametri di Maastricht);
e) guardando ai fondamentali (dei debiti pubblici) a me tanto cari, troviamo che secondo i dati Fmi il rapporto deficit/pil si concluderà nel 2009 (quando arriveranno i dati definitivi) per i Paesi Euro inferiore del 6% che negli Usa e più basso del 10% rispetto al Giappone;
f) la volontà internazionale (anche se di difficile attuazione) per una nuova “Bretton Woods”.
6) E il dollaro soffre di quanto ricordato in altri Post andando avedere il seguente link: www.usdebtclock.org
Ed ecco allora quello che tutte le persone di buon senso si dovrebbero augurare che avvenga. Quello cioè che da tempo Giulio Tremonti insegue. L’avvio di un «legal standard» cioè regole e norme contro la crisi finanziaria. La proposta di uno standard etico-giuridico internazionale, che tutti i paesi dovranno rispettare, regole mondiali per governare il futuro della globalizzazione. Un nuovo ordine globale come una volta c'era il gold standard. Sono regole che non andranno a frapporsi ma andranno ad integrare quelle che in APRILE 2010 saranno discusse alla riunione del G20 a Londra.
Questo "Legal Standard" ……dal sito del IL sole 24 Ore del 16 gennaio 2010 (http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/01/tremonti-lista-economie-canaglia.shtml?uuid=818f287a-e3ca-11dd-8bb2-8e7c532a6d51) …. potrebbe contenere un set minimo di regole di base sulla proprietà delle attività internazionali e sulla trasparenza che l'intera comunità internazionale dovrà rispettare». Questo mix di norme «volontarie e obbligatorie» sarebbe monitorato con un'ampia gamma di strumenti, tra cui il «peer review», la revisione tra pari, il «naming and shaming», il fare nomi, l'accusare pubblicamente, gli indicatori e «una lista nera… per le economie "canaglia"». L'Italia, continua l'articolo, sta già lavorando con l'Ocse per sviluppare strumenti. «Alcuni già esistono». Gli strumenti Ocse proposti per il legal standard – si legge ancora sul Financial Times - comprendono: una convenzione anti-corruzione, principi di corporate governance che includano le imprese di proprietà statale, linee guida sulle imprese multinazionali, standard di trasparenza e cooperazione sul fisco, principi sulla pubblicità delle informazioni finanziarie, le raccomandazioni esistenti della task force del G7 sull'anti-riciclaggio, e gli standard sui diritti di proprietà internazionali. Le proposte – scrive il quotidiano - nascono dalla convinzione di Tremonti che «il vero capitalismo sia in crisi perché la globalizzazione che ha incluso l'Asia nell'ultimo decennio si è estesa troppo in fretta, è cresciuta troppo presto e ha comportato troppo "leverage", troppo debito». «Quella che lui chiama "tecnofinanza", compresa la proliferazione dei derivati – conclude il Financial Times - è stata creata sulla piattaforma di una globalizzazione senza ostacoli», in parti del mondo dove «la sola regola è l'assenza di regole».
In definitiva mi sento di finire con due citazioni di due grandi economisti che di economia e finanza se intendono davvero. John Kenneth Galbraith che disse sempre che l’economia serve solo quando c’è qualche complicazione di troppo ma volendo se ne può fare anche a meno e Sergio Ricossa, intervistato da La Stampa sabato scorso (27 febbraio 2010), che da economista liberale qual’è, decano di una scienza “inesistente” come lui stesso la chiama, tra ironia e disincanto dice: è meno utile di altre, la si studi, ma per favore non la si prenda troppo sul serio.
Dunque alla fine di questa lunga disamina direi comunque che il futuro dell’euro (a mio avviso), sarà più nella LOGICA DEI FONDAMENTALI E NON NELLA SPECULAZIONE che può vincere nel breve ma poi è destinata a perdere (spesso predica male e razzola pure peggio… magari per fare poi l’opposto di quello che dice) e che alle volte finisce, se sbaglia, di essere irrisa e cadere nel ridicolo come quando, con tutto il rispetto per il Santo Padre Papa Benedetto XVI, disse poche settimane fa per evitare facili allarmismi, a “maghi ed economisti”, ….…astenetevi dal fare previsioni !!!!!
A maggior ragione chissà, se da filantropo più che da speculatore, Soros e amici hanno buone orecchie ?? (non credo che i soldi abbiano un buon cuore…purtroppo)….
O meglio ancora e vi saluto amici investitori ed analisti, attenti ai furbastri !!!!!