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I titoli dei Post hanno un link di riferimento al tema trattato

Usa sempri pronti allo scatto

Torino, 30 gennaio 2010

I dati degli ultimi giorni sono per lo più negativi per l'Europa
1) La disoccupazione  nel mondo è arrivata a 212 milioni nel 2009  a seguito di un incremento senza precedenti di 34 milioni rispetto al 2007, all'apice della crisi globale, e la tendenza non sembra dare segni di inversione (fonte ILO)
2) In Europa (fonte Eurostat) disoccupazione al 10% a dicembre, il dato peggiore dall'agosto 1998, contro il 9,9% di novembre e l'8,2% del dicembre 2008.  In Italia i senza lavoro sono pari all'8,5%, in crescita rispetto a novembre (8,3%).

..... ma per gli Usa i dati sono invece più confortanti:
1)  Il dato di novembre (rivisto) mostra un aumento degli occupati di 4 mila unità, contro gli 11 mila disoccupati in più previsti in precedenza. Addirittura era da più di due anni che in un mese il numero delle persone con un lavoro non era in crescita, proprio dall’inizio della crisi economica mondiale.
E’ stato divulgato anche il dato sul tasso di disoccupazione del mese di dicembre, calcolato su un diverso campione rispetto a quello del numero degli occupati, il quale rimane invariato al 10% contro le previsioni che parlavano di 10,1%.
2) L’economia americana è cresciuta molto più rapidamente del previsto alla fine dell’anno scorso, registrando un sorprendente aumento del 5,7% del Pil nel quarto trimestre. Si è trattato della maggior crescita trimestrale dal 2003. Le stime erano per un rialzo del 4,8%, dopo l’aumento del 2,2% nel terzo trimestre, il primo in positivo dopo un anno di contrazione. Quello fornito oggi dal dipartimento del Commercio americano è l’ultimo segnale che la peggior recessione dagli anni ’30 è finita l’anno scorso, sebbene il gruppo di accademici che stabilisce le date di inizio e fine delle recessioni debba ancora ufficializzarlo.
Ora al di là delle previsioni per il resto dell'anno (e la probabile uscita da quella che è stata la peggior recessione dal 1946) quello che non finisce mai di stupire e la prontezza nel far registrare tassi così consistenti tra un trimestre e l'altro. Se si vanno a  vedere i dati (e i relativi grafici) della Fed (http://research.stlouisfed.org/fred2/graph/?chart_type=line&s[1][id]=GDPC1&s[1][transformation]=pch) ci si accorge ancora una volta della grande duttilità di questa economia. Rimarranno come ovvio molte incertezze per il futuro ma quello che ancora una volta vale la pena di sottolineare è come la "cultura" americana del e per il lavoro è un meccanismo tuttaltro che arrugginito. La rigidità di molti meccanismi istituzionali e di mercato rendono impensabili in Europa tali numeri.
Tornando alle valutazione della Fed questa ripresa è dovuta alle aziende che hanno investito nel rinnovo di software e macchinari: un aumento del 13,3%, molto superiore al previsto. Si tratta del secondo trimestre consecutivo in cui questo dato è cresciuto, dopo sei trimestri di ribassi. Per il breve termine, in molti prevedono un rallentamento del ritmo quest’anno, perchè le aziende termineranno di rinnovare le scorte e gli effetti degli stimoli federali svaniranno. A quel punto, l’incertezza dei consumatori americani preverrà. Molti prevedono che il Pil crescerà dal 2,5% al 3% in questo trimestre e sotto il 2,5% in tutto l’anno. Questo non sarà abbastanza per ridurre il tasso di disoccupazione come detto intorno al 10 per cento.

Internet per il decollo dei Paesi Poveri?

Torino, 28 gennaio 2010


Come intervenire per far beneficiare ai Paesi Poveri dell'evoluzione dell'Internet e più in generale delle opportunità della Rete? Ecco a mio avviso tre punti focali:
1) Favorire lo sviluppo del tasso di crescita attraverso la liberalizzazione degli scambi commerciali soprattutto attraverso la Rete. La liberalizzazione del commercio potrebbe portare ad un aumento di 14% delle esportazioni dei paesi HIPC e degli altri paesi poveri. La liberalizzazione del commercio potrebbe altresì significare un aumento di oltre 1% del loro PIL. Dunque favorire il B2B e il B2C di questi Paesi.
2) Sviluppare lo scambio di Know how. Secondo recenti statistiche, il 90% degli accessi a Internet proviene dai paesi privilegiati dove vive solo il 16 per cento della popolazione; Inoltre la tumultuosa crescita dell'e-commerce a livello mondiale sarà concentrata in pochi Paesi. Dodici nazioni infatti assorbono l'85 % del giro d'affari totale. L’evoluzione tecnologica può rappresentare un valido aiuto. In zone in cui non esistono reti di telefonia fissa si sta passando direttamente al wireless: se è vero che il 50% della popolazione mondiale non ha mai fatto una telefonata è anche vero che alcuni stanno iniziando a fare la prima telefonata con un cellulare. Favoriamo dunque con precisi programmi di aiuto Ue, Fmi, World Bank una rete di satelliti e postazioni trasmittenti/riceventi per l'utilizzazione di UMTS, iPhone e altre tecnologie d'avanguardia in posti cruciali (scuole, Università, Ospedali, P.A) localizzati sul territorio dei PVS.
3) Si persegua al tavolo dei G20 (con l'enorme peso di Paesi come India, Cina, Brasile)  al posto del ormai poco rappresentativo G8  la definizione di  progetti e programmi innovativi, attraverso Internet, nel campo dell'istruzione, ambiente ed economia.

Sempre più importante il peso dell’online per il Turismo

Torino, 27 gennaio 2010

Riprendendo in mano una tesi sul Turismo online di una laureanda presso la Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Torino che avevo assistito sul finire anni '90 come tutor presso il Centro Intermedia di Torino (http://www.intermedia.to.it/) quando facevo parte del comitato scientifico mi ha stimolato per rielaborare un pò di dati riferendomi a quelli più recenti e disponibili per ripensare dieci anni dopo all'online per il turismo.
Recenti studi elaborati dall'Istituto nazionale ricerche turistiche (Isnart) e dal Centro studi turistici di Firenze (Cst) prevedono una ripresa del turismo nella primavera di quest’anno. Peraltro sono sempre di più i turisti che usano internet. Le offerte e le informazioni disponibili on line sono una variabile chiave della commercializzazione: il 32 per cento delle scelte di soggiorno sono influenzate dal web e complessivamente internet è il primo canale di comunicazione decisivo per la scelta della destinazione di vacanza dopo il passaparola e l'esperienza personale. Si stima che oltre 10 milioni di presenze turistiche sono influenzate dalla comunicazione on line. Nella graduatoria delle regioni italiane dove il peso di internet tra i canali di comunicazione si rivela maggiore al primo posto troviamo il Lazio e al secondo pari merito la Toscana con la Liguria. Dal lato dell'offerta oltre l'83 per cento delle strutture ricettive italiane nel primo trimestre del 2009 hanno garantito la possibilità di prenotare il soggiorno attraverso internet. L'efficacia e la penetrazione di internet è più forte sul mercato interno, per i mercati esteri la comunicazione attraverso internet ha un peso inferiore ed è preceduta dal passaparola e dall'esperienza personale.
In Usa un’indagine dell’ OTA (Online Travel Agencies) su 1900 viaggiatori indica sulle motivazione della scelta in ordine prioritario: 55% le recensioni di OTA, 43% fotografie di altri viaggiatori, 33% siti web con recensioni, 28% video di altri viaggiatori, 22% travel blog, 22% social network
Il turista italiano spende in Rete per la sua vacanza 1795 euro, ben 530 euro, il 40% in più della media europea. Nel 2008 il mercato del turismo online in Italia valeva 3,2 miliardi di euro, pari a circa il 14% del totale mercato turistico italiano. A livello europeo, l`Italia vale il 5,4% del mercato online, ma mostra tassi di crescita interessanti e dinamici, con una stima di circa il 13,9% dal 2008 al 2012, ben 2,5 punti in più della media europea.
Dal 2010 al 2012, la crescita del segmento online continuerà a tassi di circa l`11,4% per raggiungere un valore di circa 91 miliardi di euro, mentre l`offline continuerà la discesa con tassi negativi del 3,9%, 1,2% e 1,6% e assestarsi su circa 182 miliardi di euro nel 2012. Questi i primi dati della ricerca che Simon Carkeek, Executive Director di Eyefortravel, istituto di ricerca inglese, specializzato in Travel Intelligence, ha presentato durante la seconda giornata di Buy Tourism Online, l`evento formativo e informativo dedicato all`innovazione nel turismo.
Nel 2008, i voli aerei hanno rappresentato il prodotto turistico più acquistato online, con il 53% del mercato, seguiti dagli hotel, con un 18% e dai Package Tours con un 15%. La Gran Bretagna è di gran lunga il primo mercato europeo per l`online, con un 29,6% del totale, seguito dalla Germania, con un 18,2% e dalla Francia, con un 14,4%.
L`Italia rappresenta il 5,4%, una percentuale ancora ridotta rispetto ai key market, ma con tassi di crescita stimati intorno al 13,9% rispetto all`11,4% del totale Europa e con una spesa media pro-capite di 1795 euro contro i 1265 medi, che rende ancora più interessanti le dinamiche di sviluppo italiane. Ma c`è un fattore che può rappresentare la chiave di volta nell`espansione del turismo online in Italia: grazie all`altissima diffusione dei mobile device e alla disponibilità della banda larga, la crescita dell`online business potrebbe "saltare" direttamente dal pc al telefonino.

Dunque c’è ne da discuterne !!!! Aspetto i vostri commenti !!!!

Ripresa o deflazione ?

Torino, 27 gennaio 2010

Il battesimo di questo Blog avviene come Report giornalistico dell'incontro  del 13 gennaio al Centro Einaudi di Torino (www.centroeinaudi.it) con la presentazione del Quattordicesimo rapporto sull'Economia globale e l'Italia dal titolo "Alla scuola della crisi". Sono intervenuti Mario Deaglio, Giorgio Arfaras, Anna Caffarena, Giorgio S. Frankel, Giuseppe Russo.
Per il professor Deaglio dell'Università di Torino la storia del dopoguerra ha quasi sempre presentato uno scenario di rimbalzo a V (detto anche elastico di Friedman) dopo una crisi economica. Si è sempre verificato cioè un rimbalzo veloce e con tassi d'incremento del Pil tali da riprendere la posizione di crescita dal punto in cui era incominciata la crisi. Ma se il rimbalzo era quasi scontato la scommessa si basava sul lasso di tempo, più o meno breve, ma senza dubbio di pari durata al massimo o forse meno di quanto fosse stata la caduta. Oggi invece una crisi di eccesso di produzione di beni di consumo nei Paesi industrializzati, peraltro già nata negli anni tra fine'90 e quelli del nuovo millennio nei Paesi industrializzati, l'acclarata strategia delle Coorporations di una delocalizzazione su mercati dove il costo della manodopera è più basso e/o con nuovi mercati locali interessanti nei Paesi emergenti sommata alla grossa distruzione di ricchezza dovuta alla crisi economica, può porre dei dubbi se e quando avverrà la ripresa.
Ricordiamo che il Pil su cui ruota da sempre l'economia è dato dalla formuletta: C + I + E - I. Dove C sono i consumi (che sono la voce più importante in quanto pesano tra il 65% - 70%, I sono gli Investimenti, E le Esportazioni e I le Importazioni.
Quindi se il classico ciclo "aspettative di vendita" (uguale Consumi) che generano nuovi Investimenti per le imprese non riparte o le attese sono sì positive (ma poi dopo i sondaggi si deve aihmè constatare che non è così) da questo fronte c'è poco da sperare. Restano le esportazioni ma a livello mondiale in questo momento quasi tutti sperano l'uno nell'altro, ma poco si muove (tranne la Cina ma produce e spende prevalentemente al suo interno). Un ulteriore problema sulla strada della ripresa è emerso nell'intervento successivo di Giorgio Arfaras, il quale ha sottolineato come i debiti pubblici Primari di Paesi come Usa, Gran Bretagna e Giappone sono già in saldo negativo ma a questo punto si devono comunque ulteriormente indebitare per "soccorrere" alle situazioni drammatiche del 2008 e 2009 creando così sul piano finanziario (e delle rispettive valute) un pericolo che può venire più che dal sistema bancario forse addirittura dagli stessi Stati. Fin quando la situazione di indebitamenti "Folli" è sostenibile?
Chiunque abbia visitato New York ha probabilmente visto The National Debt Clock, una lettura digitale di quanto il governo federale pesa sui suoi cittadini.
Per curiosità guardate il sito: www.usdebtclock.org   Ricordiamo comunque a titolo di cronaca che negli Usa nel 2009 sono state ben 150 le piccole banche fallite. Per Giorgio Frankel la situazione in una vasta zona del mondo che va dal Golfo Persico allo Yemen da Israele e il mediterraneo orientale fino alle Repubbliche asiatiche dell'ex Urss e all' area dell' Afganistan e del Pakistan in primis impegnerà gli Usa (e i suoi alleati ?) in una sorta di guerra dei "prossimi 50 anni" intesa più che sul piano bellico su una strategia chiamata COIN cioè di controinsorgenza adottata dagli USA durante la guerra in Iraq, che demolisce le tradizionali partizioni di guerra giusta con interventi che incidono sulla cultura dei popoli in questione partendo dalla pacificazione, alla compensazione e alla ricostruzione civile sociale e politica. E' giusto questo approccio per quelle che sono zone di crisi permanenti? O il vinci tu o vinco io tradizionali è ancora l'arma migliore per porre fine, relativamente in fretta, alle aree di destabilizzazione?
Infine Giuseppe Russo ha fatto un'analisi sulla situazione italiana dicendosi preoccupato finché parametri indicativi di una ripresa come produttività, esportazioni nette e consumi non riprenderanno a salire e questo finora non è stato ancora confermato.

Dunque opinioni diverse ma accomunate da grande prudenza e in attesa di nuovi  numeri a livello macroeconomico si accettano ben volentieri commenti e l'apporto di ulteriori analisi.