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Timori d'inflazione in Cina. La Banca centrale cinese interviene !!

Torino, 27 dicembre 2010
Segnalo, in questo fine anno, questo interessante articolo apparso su Il Sole 24 Ore online di oggi sulla Cina che rialza ancora i tassi per frenare l'inflazione e prevenire lo scoppio della bolla immobiliare
Buona lettura !!

Secondo rialzo dei tassi in Cina nel giro di due mesi, alla vigilia di un 2011 che secondo gli stessi annunci del comitato politico del partito comunista sarà caratterizzato da una politica monetaria «prudente» in sostituzione di quella «moderatamente libera» adottata fin qui. L'annuncio del nuovo rialzo, che segue quello deciso il 19 ottobre scorso, è arrivato il 25 dicembre con un comunicato della Banca del popolo cinese, che ha alzato di 25 punti base sia il parametro di riferimento per i prestiti (ora è al 5,81%) sia quello per i depositi (2,75%).
Allarmanti le parole di Wen Jiabao: «Inflazione pericolo concreto»
A motivare la decisione, come ha chiarito lo stesso premier cinese Wen Jabao, sono le fiammate inflazionisitiche che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, e che sono un pericolo concreto in un paese ancora caratterizzato da bassi salari. A novembre l'inflazione cinese ha toccato il 5,1%, record negli ultimi 28 mesi, e il 2010 si potrebbe chiudere con un tasso annualizzato al 3,3%, cioè 30 punti base più alto rispetto al 3% previsto dal governo.
A preoccupare in particolar modo il governo di Pechino è l'impennata dei prezzi immobiliari, alimentata dall'iniezione massiccia di liquidità garantita negli ultimi due anni per far fronte agli effetti della crisi economica. Inflazione e aumento dei prezzi delle case sono infatti ritenuti estremamente pericolosi, perchè possibile causa di agitazioni sociali e rivendicazioni salariali. In questi mesi Pechino è intervenuta massicciamente anche alzando i coefficienti di riserva obbligatoria detenuti dalle banche.
Il rialzo dei tassi deciso a Natale rappresenta un nuovo capitoli di una strategia che Pechino sta mettendo in pratica da diversi mesi. La banca centrale aveva infatti già optato per un rialzo di un quarto di punto lo scorso 19 ottobre. Decisione presa a circa tre anni dal rialzo precedente (risalente alla fase pre-crisi, cioè al dicembre 2007) e a poche settimane dall'annuncio del comitato politico del partito comunista di voler adottare nel 2011 una politica monetaria «prudente» e non più «moderatamente libera».
Inoltre il governo cinese ha promesso di intervenire per frenare l'aumento rapido dei prezzi dei terreni.
La mossa della banca centrale sarà giudicata domani dai mercati, ma tra gli analisti c'è già chi prevede che sulle Borse internazionali non ci saranno grandi movimenti. La decisione, spiega Bank of America, era attesa e l'effetto sarà «limitato o comunque positivo». La stretta potrebbe infatti preludere anche ad un rafforzamento dello yuan, da sempre auspicato dagli Stati Uniti.






Chi uscirà prima dalla tenaglia del debito pubblico: Usa o Europa ?

Torino, 21 dicembre 2010

E' e sarà sempre più confronto tra le capacità di Usa ed Europa di far fronte ai rispettivi debiti pubblici.
Un'interessante analisi è quella svolta dal GEAB riportata dal Wallstreetitalia.com e qui riproposta.
I rimandi relativi alla bibiografia si ritrovano nel sito all'indirizzo:
http://www.wallstreetitalia.com/article.aspx?IdPage=1055831
Pubblichiamo l'analisi GEAB n.50 (Global Europe Anticipation Bulletin) il rapporto del think-tank LEAP/Europe 2020 per i PFG ("Poteri forti globali") che Wall Street Italia ritiene debba essere fatto conoscere a decine di migliaia di persone in piu', perche' faccia veramente presa. Infatti e' venuto il momento storico di tallonare senza tregua e richiamare alle loro reponsabilita' le poche persone della Casta (non eletta) che gestiscono il Monopoli mondiale a scapito e spesso contro il volere di noi cittadini "normali". Non e' giusto sia cosi'. Ed e' meglio che siamo molti di piu' a sapere.
GEAB N°50: Crisi sistemica globale: seconda meta' del 2011 - Contesto europeo, catalizzatore Usa - Esplosione della bolla dei debiti pubblici occidentali
Il secondo semestre 2011 segnerà il momento in cui l’ insieme degli operatori finanziari del pianeta finalmente capirà che l’Occidente non rimborserà una parte importante dei prestiti richiesti nel corso degli ultimi due decenni. Secondo LEAP/E2020, sarà infatti verso l’ottobre 2011 – a causa dello sprofondamento di un grande numero di città e di stati americani in situazioni finanziarie inestricabili in seguito alla fine dei finanziamenti federali dei loro disavanzi, mentre l’ Europa farà fronte ad una necessità molto importante di rifinanziamento dei suoi debiti (1) – che questa situazione esplosiva si rivelerà in tutta la sua ampiezza.
L’ amplificazione mediatica della crisi europea in materia di debiti sovrani dei paesi periferici di Eurolandia genererà il contesto di tale esplosione da cui il mercato americano "dei Munis„ (2) ha già portato un assaggio nel novembre 2010 (come previsto dal nostro gruppo fin dallo scorso giugno nella GEAB N°46 con un mini-crash che ha visto andare in fumo tutti i profitti dell’ nno in alcuni giorni. Questa volta il crash (compreso il fallimento del gruppo di ri-assicurazione "monoline" Ambac (3)) si è svolto con discrezione (4) poiché la macchina mediatica anglosassone (5) è riuscita a dirottare l’attenzione mondiale su un nuovo episodio della sitcom fantasiosa "la fine dell’ Euro o il remake monetario dell’influenza H1N1„ (6). Tuttavia, la sovrapposizione degli chocs negli Stati Uniti ed in Europa costituisce una configurazione molto inquietante, comparabile secondo il nostro gruppo allo choc di "Bear Stearn„ che precedette di otto mesi il fallimento di Lehman Brothers e il crollo di Wall Street nel settembre 2008. Ma i lettori del GEAB sanno bene che gli chocs importanti di rado finiscono in prima pagina con molti mesi d’anticipo, mentre i falsi allarmi quasi sempre (7)!
In questo numero 50 del GEAB, anticipiamo dunque l’ evoluzione di questo choc terminale dei debiti pubblici occidentali (in particolare dei debiti americani ed europei) come pure i mezzi per premunirsi. D’altra parte, analizziamo le conseguenze strutturalmente molto importanti delle rivelazioni di Wikileaks sull’influenza internazionale degli Stati Uniti e la loro interazione con le conseguenze globali del Quantitative Easing II, programmato dalla Fed. Questo numero di dicembre del GEAB è naturalmente l’occasione per valutare la pertinenza delle nostre anticipazioni per il 2010, con un tasso di successo che per quest’anno è del 78%. Sviluppiamo anche consigli strategici per Eurolandia (8) e gli Stati Uniti. E pubblichiamo l’indice GEAB-$ che permetterà ormai ogni mese di seguire sinteticamente l’evoluzione del dollaro US rispetto alle principali valute mondiali (9). In questo comunicato pubblico del GEAB N°50, abbiamo scelto di presentare un estratto di anticipazione circa l’esplosione della bolla dei debiti pubblici occidentali.
Così, la crisi dell’ indebitamento pubblico occidentale si accentua molto rapidamente per la pressione di quattro costrizioni sempre più forti:
. l’ assenza della ripresa economica negli Stati Uniti che strangola l’ insieme delle Comunità pubbliche (tra cui lo Stato Federale (10)) abituate in quest’ultimi decenni ad un indebitamento facile e ad entrate fiscali importanti (11)
. l’ indebolimento strutturale accelerato degli Stati Uniti tanto in materia monetaria, finanziaria che diplomatica (12) che riduce la loro attitudine ad attirare il risparmio mondiale (13)
. il prosciugamento mondiale delle fonti di finanziamento economico che accelera la crisi di sovraindebitamento dei paesi periferici europei (di Eurolandia come Grecia, Irlanda, Portogallo Spagna,… ed anche del Regno Unito (14)) ed inizia a toccare i paesi-chiave (USA, Germania, Giappone (15)) in un contesto di rifinanziamento molto importante dei debiti europei nel 2011
. la trasformazione di Eurolandia in un nuovo "sovrano„ che elabora gradualmente altre regole del gioco per i debiti pubblici del continente.

Queste quattro costrizioni generano fenomeni e reazioni variabili secondo le regioni/paesi.
Il contesto europeo: il cammino dal lassismo al rigore sarà in parte pagato dagli investitori
Dal lato europeo, si assiste così alla trasformazione laboriosa, ma incredibilmente rapida, della zona euro in un tipo di entità semi-statale: Eurolandia. La parte faticosa del processo non attiene soltanto alla debole qualità del personale politico interessato (16) come martellano in lunghe interviste "i precursori„ dell’Europa quali Helmut Schmidt, Valéry Giscard d’ Estaing o Jacques Delors. Non avendo mai dovuto far fronte ad una crisi storica di questa ampiezza, un po’ di modestia farebbe loro bene. Questo lato gravoso dipende anche dal fatto che le evoluzioni in corso nella zona euro sono di un’ampiezza politica gigantesca (17) e che sono effettuate senza alcun mandato politico democratico: questa situazione paralizza i dirigenti europei che passano il loro tempo a negare quello che stanno per fare, cioè, costruire un tipo di entità politica che si doterà di componenti economiche, sociali, fiscali,… (18) Eletti prima che la crisi scoppiasse, non sanno che i loro elettori (ed allo stesso tempo i soggetti economici e finanziari) sarebbero in gran parte soddisfatti di una spiegazione sul corso delle decisioni previste (19). Poiché la maggior parte delle grandi decisioni a venire è già identificabile, come noi analizziamo in questo numero del GEAB.
Infine, c’è il fatto che le azioni di questi stessi dirigenti sono dissecate e manipolate dai principali mass media specializzati nelle questioni economiche e finanziarie, di cui nessuno appartiene alla zona euro, e che tutti al contrario sono ancorati alla zona $/£ dove il rafforzamento dell’Euro è considerato come una catastrofe. Questi stessi mass media contribuiscono direttamente a imbrogliare le carte sul processo in corso in Eurolandia (20). Tuttavia, si può constatare che quest’influenza nociva diminuisce poiché, tra "la crisi greca„ e "la crisi irlandese„, la volatilità indotta sul valore dell’Euro si è affievolita. Secondo il nostro gruppo, nella primavera del 2011 questo diventerà un fenomeno trascurabile. Non resterà dunque altro che la questione della qualità del personale politico di Eurolandia che sarà profondamente rinnovato a partire dal 2012 (21); e, più fondamentale ancora, il problema considerevole della legittimità democratica dei formidabili avanzamenti in materia di integrazione europea (22). Ma in un certo modo, si può dire che da qui al 2012/2013, Eurolandia avrà istituito i meccanismi che le avranno permesso di resistere allo choc della crisi, anche se le occorrerà legittimare a posteriori la loro esistenza (23).
In materia, cosa che contribuirà ad accelerare l’esplosione della bolla dei debiti pubblici occidentali, e che interverrà in modo concomitante per il suo catalizzatore US, è la comprensione da parte degli operatori finanziari di ciò che si nasconde dietro il dibattito "delle Eurobligations„ (o E) (24) di cui si inizia a parlare da alcune settimane (25). A partire dalla fine 2011 (al più tardi) la sostanza di questo dibattito inizierà ad essere rivelata nel quadro della preparazione della perpetuazione del Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria (26). Ma, cosa che apparirà bruscamente per la maggioranza degli investitori che speculano attualmente sui tassi esorbitanti debiti greci, irlandesi, ecc.…, è che la solidarietà di Eurolandia non si estenderà fino a loro, in particolare quando si porranno i casi della Spagna, dell’Italia o del Belgio, qualsiasi cosa ne dicano i dirigenti europei oggi (27). In breve, secondo LEAP/E2020 occorre aspettarsi un’operazione immensa di scambi di debiti sovrani (sulla base della crisi globale in materia di debiti pubblici) che vedrà offrire Eurobbligazioni garantite da Eurolandia a tassi molto bassi contro titoli nazionali a tassi elevati con una detrazione dal 30% al 50% poiché, nel frattempo, la situazione dell’ insieme del mercato dei debiti pubblici occidentali si sarà deteriorato. I dirigenti di Eurolandia nuovamente eletti (28) (dopo il 2012) saranno democraticamente legittimati ad effettuare tale operazione di cui grandi le banche (anche europee (29)) saranno le prime vittime. È molto probabile che alcuni creditori sovrani privilegiati come la Cina, la Russia, i paesi petroliferi,… si vedranno proporre trattamenti preferenziali. Non si lamenteranno poiché l’operazione avrà per conseguenza quella di garantire i loro importanti averi in euro.

«Pronti ad aiutare la stabilità finanziaria dell'Europa» lo dice la Cina

Torino, 21 dicembre 2010

Una buona ed interessante notizia: La Cina, anche per la più volte citata diversificazione nella "assets allocation", ha deciso di prestare aiuto all'Europa. Ecco il testo apparso oggi sulla vaersione online de Il Corriere della Sera:
La Cina è pronta a sostenere le misure che l'Ue e il Fmi hanno elaborato per assicurare la stabilità finanziaria in Europa. Lo ha detto martedì il vice premier cinese Wang Qishan in apertura dei colloqui bilaterali economici. Wang ha detto che Pechino avrebbe aiutato i Paesi membri della Ue a combattere la crisi del debito sovrano.
IL DEBITO - Wang Qishan invita l'Europa a tramutare le parole in fatti. «La Cina - dice - appoggia le misure prese da Ue e Fmi per stabilizzare i mercati finanziari e la Cina ha intrapreso azioni concrete per aiutare alcuni paesi europei a far fronte alla crisi del debito sovrano». «L'Europa - aggiunge - ha preso misure per affrontare la crisi, ci auguriamo che esse possano assicurare presto dei risultati». La Cina dunque si dice «molto preoccupata» per il «modo in cui la crisi del debito europeo può essere controllata». «Vogliamo vedere - aggiunge il ministro del Commercio cinese Chen Deming - se l'Unione europea è in grado di controllare i rischi sul debito sovrano e se il consenso si possa tradurre in azioni reali per consentire all'Europa di emergere presto e in buona salute dalla crisi finanziaria».
Intanto l'appoggio della Cina al piano di stabilità finanziaria della Ue ha stimolato il rialzo dell'euro che si è portato in apertura a 1,3190 dollari contro 1,3121 della chiusura di lunedì e in recupero da 1,3110 del minimo toccato martedì sulle piazze asiatiche. Contro lo yen la divisa comune è salita a 110,36 da 109,84 di ieri, mentre il dollaro quota 83,67 yen, invariato dai livelli finali di lunedì.



Accordo raggiunto all'Ecofin per proteggere l'Euro

Torino, 21 dicembre 2010

Poichè anche noi ne abbiamo parlato molto (nonostante la "momentanea" opposizione della Merkel agli Eurobond) è bene che riportiamo su questo Blog l'accordo per "la rete di protezione euro" messo in atto all'ultimo Ecofin.
Dal testo de Il sole 24 ore online:
I ministri delle Finanze della Ue hanno varato un pacchetto di misure per garantire la stabilità finanziaria in Europa, dopo una lunga maratona di 10 ore terminata a tarda notte. Frenetica l'attività diplomatica delle capitali europee. Nuove misure per Spagna e Portogallo
Maxi piano del'Unione Europea per salvare l'euro. Un pacchetto di misure per garantire la stabilità finanziaria in Europa è stato varato dall'Ecofin al termine di una lunga maratona di 10 ore terminata a tarda notte e mette in moto un meccanismo di assistenza finanziaria per aiutare i paesi della zona euro in difficoltà a pagare il debito pubblico o attaccati sui mercati dagli speculatori: il maxi-piano prevede prestiti bilaterali dagli Stati dell'eurozona per 440 miliardi, 60 di fondi del bilancio Ue e fino a 250 miliardi di contributi «sostanziali» del Fmi (pari a un terzo del totale). È inoltre previsto l'intervento della Banca centrale europea, che potrà agire sul mercato secondario dei titoli di stato acquistando obbligazioni pubbliche. Come ha spiegato al termine della riunione, alle 2,30 del mattino, il presidente di turno Elena Salgado, in conferenza stampa congiunta con il commissario Olli Rehn, l'Ecofin sostiene inoltre l'impegno di Spagna e Portogallo, i due paesi più a rischio dopo la Grecia, a prendere «significative misure aggiuntive di consolidamento dei bilanci» che saranno presentate in occasione del prossimo Ecofin del 18 maggio. Soddisfatto, al termine della trattativa notturna, il ministro delle Finanze Giulio Tremonti che ha detto che la soluzione è stata trovata anche grazie al ruolo importante giocato dal governo italiano.
Si tratta dunque della maggiore operazione finanziaria della storia della unione monetaria europea, siglata dopo un pomeriggio e una notte di complicate trattative, ma in tempo per l'apertura dei principali mercati finanziari asiatici. E l'accordo è stato accolto favorevolmente sul mercato di Tokyo, dove l'euro ha recuperato leggermente sul dollaro e lo yen e il Nikkei ha chiuso su terreno positivo, guadagnando l'1,6 per cento.
L'obiettivo è «difendere l'euro costi quello che costi», ha spiegato il commissario europeo agli affari economici e monetari, Olli Rehn, aggiungendo che il meccanismo segue lo schema di quello accordato recentemente con l'Fmi per salvare la Grecia. L'obiettivo è dissuadere gli speculatori, che da settimane puntano sul fallimento di un membro della zona euro.
Il pacchetto va inoltre ad aggiungrsi ai 110 miliardi di euro già decisi per il salvataggio della Grecia, che i paesi europei e il Fmi cominceranno a sborsare immediatamente.
L'intesa è stata preceduta da una frenetica attività diplomatica. Il presidente Usa, Barack Obama ha chiamato il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il suo omologo francese, Nicolas Sarkozy: Obama ha insistito con entrambi sulla necessità che gli europei adottino «risposte forti» per restituire fiducia ai mercati. Proprio mentre era in corso la riunione, da Washington il Fondo Monetario ha varato un pacchetto di aiuti per la Grecia da 26,4 miliardi di dollari, pari a 30 miliardi di euro. E dalla riunione straordinaria dei banchieri della Bce è uscita la decisione di prendere misure speciali in appoggio del sistema bancario indebolito (in particolare, la Bce ha deciso di intervenire nei mercati del debito pubblico e privato per assicurare la liquidità nei segmenti che non funzionano adeguatamente).







Certe lobbies finaziarie come le sette !!!

Torino, 14 dicembre 2010

A proposito di regole da rispettare soprattutto nel settore finanziario in contrapposizione, nel migliore dei casi, alla loro non applicazione fino alla  trasgressione delle stesse se non addirittura intraprendendo attività criminali, è interessante l'articolo di Federico Rampini apparso su diversi media in questi giorni. C'è veramente da meditare e dibattere la questione di come affrontare le crisi finanziarie in presenza di questa cattiva etica (per non dire altro) gestita da poche potenti lobbies difficilissime da scardinare. Noi riprendiamo e riproponiamo quello tratto da:  http://www.wallstreetitalia.com/article.aspx?IdPage=1052647


La "cupola" dei banchieri detta legge a Wall Street. Ecco il club dei derivati

Nessuno dei protagonisti dell'economia reale è veramente tutelato dalle manipolazioni su questi strumenti. Li chiamano i Padroni dell'Universo. Sono sempre loro: Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays e...
di Federico Rampini
Di nuovo loro: i Padroni dell'Universo. Stessi nomi, stessi vizi, una storia che sembra condannata a ripetersi e col finale che rischia di essere già scritto: l'impunità. Stavolta è l'intero mondo dei titoli derivati - finanza "tossica" che ebbe un ruolo cruciale nella crisi del 2008 - l'oggetto delle loro congiure.
Una vera e propria "cupola" di grandi banchieri esercita un potere esclusivo di controllo su questo mercato. Fuori da ogni trasparenza, e al riparo da ogni concorrenza. "Il terzo mercoledì di ogni mese - rivela il New York Times - nove membri di una élite di Wall Street si riuniscono a Midtown Manhattan. I dettagli delle loro riunioni sono coperti dal segreto. Rappresentano Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays, Ubs, Credit Suisse".
Ufficialmente, i nove banchieri di questo potentissimo comitato d'affari hanno il compito di "salvaguardare la stabilità e l'integrità" su un mercato che muove ogni giorno migliaia di miliardi di dollari. Di fatto, il club dei nove "protegge gli interessi delle grandi banche che ne fanno parte, perpetua il loro dominio, contrasta ogni sforzo per rendere trasparenti i prezzi e le commissioni".
La denuncia raccolta dal New York Times viene dal massimo organo di vigilanza. La fonte più autorevole all'origine dell'inchiesta è Gary Gensler, capo della Commodity Futures Trading Commission.
L'uomo a cui Barack Obama ha affidato il compito di fare pulizia in un mercato altamente speculativo. Ma Gensler è costretto ad ammettere la sua impotenza. "Il costo di quelle pratiche lo paga tutto il resto dell'economia, lo pagano tutti gli americani", lamenta Gensler. E naturalmente anche gli europei, visto che Wall Street è il centro della finanza globale.
I derivati infatti hanno innumerevoli usi, una parte dei quali sono "virtuosi" e più vicini a noi di quanto possiamo immaginare. I fondi pensione li utilizzano per ridurre il rischio di perdite sui loro investimenti nel caso che le tendenze di mercato abbiano improvvisi rovesci (per esempio un futuro rialzo dei rendimenti sui buoni del Tesoro che deprime il valore di quelli in portafoglio).
Le compagnie aeree e navali comprano derivati per attutire il colpo di un rincaro del petrolio. L'industria agroalimentare si protegge da aumenti nel costi dei raccolti. Perfino il consumatore, l'automobilista, è vittima di manovre speculative che attraverso i derivati accentuano il boom delle materie prime.
Nessuno dei protagonisti dell'economia reale è veramente tutelato dalle manipolazioni su questi strumenti. Nessuno sa cosa decidono i nove membri del club esclusivo che si riunisce il terzo mercoledì del mese. Il Dipartimento di Giustizia ha aperto un'inchiesta "sulla possibilità di pratiche anti-concorrenziali nel clearing e nel trading sui derivati". I sospetti di collusione e di un vero e proprio cartello non sono nuovi.
Ma trovare le prove è difficile. E' vecchia di nove mesi la notizia di un'altra inchiesta del Dipartimento di Giustizia che aveva fatto scalpore: quella che accusava i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Greenlight, Sac Capital) di aver concordato un attacco simultaneo all'euro, in una cena segreta l'8 febbraio a Wall Street.
Il giorno dopo, 9 febbraio, al Chicago Mercantile Exchange i contratti futures che scommettevano su un tracollo dell'euro erano schizzati oltre 54.000, un record storico. Goldman Sachs e Barclays furono coinvolte nelle cronache su quelle grandi manovre. Ma da allora l'inchiesta sulla congiura ai danni dell'euro non ha avuto sviluppi di rilievo. Estrarre prove dal club dei Padroni dell'Universo è complicato, almeno se si seguono i metodi "normali". Di qui la grande attesa per le rivelazioni annunciate da WikiLeaks sulla Bank of America: chissà che non riesca Julian Assange dove la magistratura non arriva...
Per quanto riguarda il mercato dei derivati, paradossalmente è proprio per effetto della grande crisi del 2008 che i Padroni dell'Universo hanno assunto un ruolo ancora maggiore. Uno dei momenti più drammatici di quella crisi fu il crac dell'American International Group (Aig), la compagnia assicurativa affondata dalle perdite su un particolare tipo di titoli derivati, i credit default swaps. In quel frangente il Tesoro e le autorità di vigilanza si accorsero che nessuno riusciva a capire veramente le interconnessioni sul mercato dei derivati, esposto all'effetto-domino: una bancarotta di Aig avrebbe travolto decine di altre istituzioni e forse l'intero sistema bancario. Perciò fu il Tesoro a spingere per la creazione di una "clearing house" o camera di compensazione, affinché le grandi banche si facessero carico di garantire la stabilità del mercato dei derivati.
A questo però si accompagnava la riforma Obama delle regole della finanza, che doveva aumentare i poteri delle autorità di vigilanza, e rafforzare la trasparenza. Quella riforma oggi è sotto tiro da parte della nuova maggioranza repubblicana al Congresso, vittoriosa alle elezioni di novembre e beneficiata dai generosi finanziamenti di Wall Street.
Nell'applicazione della riforma i repubblicani stanno cercando di svuotarla: giovedì il Congresso ha bocciato la richiesta di Gensler per nuove regole sulla trasparenza. "I derivati - spiega il giurista Robert Litan che per il Dipartimento di Giustizia diresse un'analoga battaglia contro le collusioni al Nasdaq - sono un mercato molto concentrato, e quando il governo di una simile entità è in poche mani, possono succedere brutte cose".
Una certezza è che i Padroni dell'Universo usano il loro potere oligopolistico per estrarre dal resto dell'economia dei profitti esorbitanti. Esempio: su un solo contratto derivato di credit default swap - che protegge l'acquirente dall'eventualità di fallimento di uno Stato sovrano come la Grecia, o di una società quotata - il banchiere intermediario incassa una commissione di 25.000 dollari.
Contratti simili se ne fanno migliaia ogni giorno, rimpinguando i profitti delle varie Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley. Quando negli anni Novanta il Dipartimento di Giustizia riuscì a dimostrare che un'analoga collusione tra banchieri controllava gli scambi sul Nasdaq (la Borsa dei titoli tecnologici), in seguito al cambiamento delle regole le commissioni bancarie scesero a un ventesimo del livello precedente.
Ma un rischio ancora superiore è che dentro il "club dei nove", grazie allo scambio di informazioni quotidiane possano maturare operazioni di cartello, manovre concertate, una manipolazione dei mercati. Quelli che dovrebbero "stabilizzare" i derivati, sono i primi a poter profittare delle prossime fiammate speculative.





Eurozona in modesta ripresa con alcuni rischi

Torino, 13 dicembre 2010

L'Ocse ha pubblicato un suo Report sull'andamento economico nell'Eurozona.
Come già un pò scontato si annuncia che la ripresa in Europa c'è ma con ancora alcuni rischi. Il richiamo a Basiela III (che per le Associazioni degli artigiani e delle Pmi è un pò pesante!!) e di un rientro credibile per stabilizzare le finanze pubbliche sono i "pezzi forti" sulle quali si giocherà Euro e ripresa nei prossimi anni. Anche se da un lato maggior salute dei Conti pubblici significa stabilità la ripresa rischia di farne le spese. La scommessa su questo fronte si giocherà  per il 2011 e il 2012 e saranno proprio questi due aspetti abbastanza in contarddizzione tra loro a farla da padrone nei dibattiti pubblici, sui media, e nei policies makers per le governaces dei Paesi membri della Ue e soprattutto di quelli di Eurolandia.
Ecco la sintesi del testo ripreso da La Stampa online di oggi mentre il Survey completo lo si può trovare sul sito Ocse: http://www.oecd.org/ :
Nei 16 Paesi dell'eurozona servono "piani di rientro" e regole più forti per le banche, che hanno "sottostimato i problemi, con dotazioni di capitale inadeguati e gestione della liquidità carente"
Nei sedici Paesi dell’euro è in corso una «modesta ripresa», ma «i rischi rimangono». A dirlo è l’Ocse nel suo rapporto economico sull’area euro. Secondo l'Ocse, la posizione fiscale dei Paesi dell’area euro «è peggiorata sensibilmente», e i Sedici necessitano ora di «dettagliati e credibili piano di rientro pluriennali per stabilizzare le finanze pubbliche».
Inoltre, anche nei Paesi europei le banche «hanno sottostimato i rischi, con dotazioni di capitale inadeguati e una gestione della liquidità a volte carente». Di conseguenza, occorre mettere in pratica regole più forti «in linea con quelle di Basilea 3», e le attività delle banche di importanza sistemica «dovrebbe essere monitorata con maggiore attenzione».
Infine, i meccanismi che sanzionano i Paesi che sforano i limiti di bilanci sono la «chiave» per la stabilità fiscale dei sedici Paesi dell’euro. L’Ocse invoca una applicazione «quasi automatica», e quindi non soggetta al negoziato politico, e senza escludere le sanzioni finanziarie a carico degli Stati in violazione.
Per i Paesi dell’area euro con un debito che supera il 60% del Pil, «dovrebbe essere adottata una appropriata definizione operativa della riduzione del debito». In pratica, si auspica che venga finalmente «applicato con efficacia» il criterio del debito del Patto di stabilità e crescita europeo. Secondo l’Ocse, d’altra parte, «sarà necessario un grosso sforzo di consolidamento del debito» per soddisfare gli impegni del Patto, e «in molti Paesi servirà una posizione di bilancio rigorosa per molti anni per poter tornare a livelli prudenti di debito»

Il futuro di euro e dollaro visto dalla Cina

Torino, 9 dicembre 2010

Come più e più volte rimarcato in questo Blog uno spread del 20 % circa del Debito pubblico sul Pil (assunto in prima approssimazione come principale indicatore per stabilire un valore al rapporto euro vs dollaro) tra l'eurozona dato aggegato e pesato del 84,7 % e gli  Usa del 101,0 % più che giustifica un valore tra 1,25 e 1,35 (si fa riferiemento ad una banda di oscillazione poichè teniamo conto delle contingenze). Se però ci si azzarda in un esercizio di previsone o meglio dinamica delle economie e delle policies di natura monetaria, valutaria e finanziaria (soprattutto di assets allocation) troviamo indicazioni, a medio - lungo termine ancora più favorevoli all'euro come indica questo articolo apparso ieri su wallstreetitalia.com.
Ecco il testo:
Conti pubblici: Usa peggio dell'Europa, lo dice la Cina
Il dollaro? Restera' un bene rifugio. Per quanto? Dai sei ai 12 mesi. Perche'? L'attenzione e' ancora sul debito sovrano del Vecchio Continente. Il futuro? Inesorabile declino di Treasury e biglietto verde. Se lo dice Pechino che ha le piu' grandi riserve valutarie al mondo...
I fari sono ancora puntati sulla crisi del debito sovrano in Europa ma quando la situazione si sara' stabilizzata il mercato si rendera' conto che i conti pubblici americani sono nei guai.
E' l'opinione di Li Daokui, membro accademico del braccio di politica monetaria della Banca centrale cinese. La convinzione: gli Stati Uniti sono messi peggio dell'Eurozona. La conseguenza: i prezzi dei titoli di stato Usa e del biglietto verde sono destinati a calare. "Per ora l'attenzione del mercato e' ancora sull'Europa e per i prossimi 6-12 mesi non si spostera' sugli Usa", ha dichiarato Daokui dopo la firma del compromesso tra Repubblicani e amministrazione Obama sull'estensione dei tagli alle tasse.
"Deve essere pero' chiaro che la situazione fiscale degli Stati Uniti e' decisamente peggiore di quella europea. In uno o due anni, quando la situazione sul debito sovrano nel Vecchio continente sara' piu' stabile, i fari degli operatori si porteranno definitivamente sugli Usa. Allo stesso tempo il dollaro sara' protagonista di un declino considerevole cosi' come i prezzi dei Treasury".
La Cina possiede il piu' grande ammontare di riserve valutarie nel mondo, il cui valore e' pari a $2640 miliardi di dollari di cui due terzi si stima siano proprio investiti in asset in dollari, inclusi i Treasury.



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In Germania Pil record dall'unificazione !! Usa disoccupazione record !!

Torino, 4 dicembre 2010

Ecco un buon motivo, per analisi serie sull'Europa e sull'euro (nonostante le turbolenze più che giustificate che indeboliscono la valuta europea) per credere ancora che l'euro sia più forte del dollaro (almeno in una fascia 1,25  - 1,35) dal Corriere online di oggi:
Corre il Pil tedesco: +3,6% nel 2010
Frenata Usa, disoccupazione record
Gli Stati Uniti non sono ancora usciti dalla lunga crisi. Lo conferma il dato della disoccupazione, che nel mese di novembre ha toccato il 9.8 per cento, tasso che rappresenta il record dallo scorso aprile. Il massimo da sette mesi, probabilmente a causa del rientro nelle forze di lavoro di scoraggiati che avevano rinunciato alla ricerca di un impiego nei mesi precedenti. Le buste paga al di fuori del settore agricolo sono salite di 39.000 unità lo scorso mese, con 50.000 nuove assunzioni nel settore privato. Gli economisti si attendevano un miglioramento degli occupati di 140.000 unità il mese scorso e un tasso di disoccupazione invariato al 9,6%. Il dipartimento del Lavoro tuttavia ha rivisto al rialzo i dati di settembre e ottobre, segnalando un aumento degli occupati di 38.000 unità superiore a quanto ritenuto. Una serie di dati ha di recente alimentato attese di un'accelerazione nel ritmo di crescita dell'economia Usa ma i deboli dati di oggi sul mercato del lavoro corroborano la controversa scelta della Federal Reserve di inaugurare un secondo round di acquisti di titoli da 600 miliardi di dollari.
Germania e Portogallo, passando sull'altra sponda dell'Atlantico, rappresentano intanto due facce diametralmente opposte della stessa medaglia europea. Il primo paese corre verso il record del Pil, l'altro probabilmente farà registrare un segno negativo nella produzione di ricchezza. Infatti il Portogallo probabilmente finirà in recessione nel 2011 per via degli effetti del piano di austerità varato dal governo di Lisbona. È la previsione dell'agenzia di rating Standard & Poor's, riporta Bloomberg, che ha anche messo sotto osservazione con «implicazioni negative» le tre maggiori banche del Paese: Banco Espirito Santo, Banco Bpi e Banco Commercial Portugues. Lo scorso 30 novembre Standard & Poor's aveva già messo sotto osservazione il rating del Portogallo a lungo e breve termine con «implicazioni negative».
Al contrario il Pil della Germania registrerà un tasso di crescita nel 2010 del 3,6%, il ritmo più forte dai tempi della riunificazione. Questa la stima della Bundesbank che venerdì ha rivisto in meglio le previsioni economiche. L'istituto centrale prevede un rallentamento nei due anni successivi con una crescita al 2% nel 2011 e all'1,5% nel 2012. La banca centrale tedesca spiega che la crescita del Pil è spinta dall'export che rafforza la domanda interna. Secondo la Bundesbank la «ripresa dell'economia tedesca continuerà nei prossimi due anni grazie all'andamento dinamico di quest'anno». Le precedenti stime della Bundesbank, rilasciate a giugno scorso, indicavano una crescita del Pil dell'1,9% per il 2010 e dell'1,4% per il 2011. Già ad ottobre, tuttavia, la banca centrale tedesca aveva corretto il tiro dichiarando che quest'anno l'espansione dell'economia della Germania sarebbe stata superiore al 3%. Nel rapporto biennale sull'outlook economico diffuso venerdì, la Bundesbank ha rilevato che «le esportazioni rimarranno la forza trainante» del Pil accanto ai consumi, agli investimenti e al settore delle costruzioni, mentre la disoccupazione continuerà a diminuire arrivando al 6,9% nel 2012. Quanto all'andamento del deficit, la Bundesbank prevede per il 2010 un deficit-Pil attorno al 3,5% per poi vedere un calo sotto la soglia del 3% nel 2011, attorno al 2,5%. L'inflazione è prevista all'1,1% nel 2010, all'1,7% nel 2011 e all'1,6% nel 2012. Infine, la disoccupazione dovrebbe attestarsi quest'anno al 7,7%, calare al 7,3% il prossimo anno e al 6,9% nel 2012.