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L'Ocse lancia l'indice della felicità

Torino, 27 maggio 2011
L'Ocse ha lanciato l'indicatore della felicità. Da tanti anni si cerca di dare importanza ad indicatori diversi dal Pil ma mai si è riusciti a validarlo ablivello delle Istituzioni Internazionali e dei governi. Troppo soggettivo per renderlo paragonabile ai conti veri della Contabilità Nazionale. Rimangono comunque utili esercizi di "dinamica sociale" atti a dar spazio ai "think tank" che possono condizionare le scelte di politica economica. Poichè male non fanno riproniamo la sintesi apparsa su Il Sole 24 Ore online del 24 maggio e con il rimando al sito Oecd (http://www.oecd.org/document/63/0,3746,en_2649_201185_47912639_1_1_1_1,00.html) per maggior dettagli.
Dal Pil al Bil e ora arriva il Bli. Per giunta fai-da-te (e naturalmente online). Una risposta concreta all'infinito dibattito sui parametri più appropriati per valutare e confrontare la vivibilità di un territorio. Ad averlo messo a punto è l'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che lo presenta oggi a Parigi, insieme all'immancabile classifica, in occasione del 50° anniversario della fondazione.
Trentaquattro i Paesi passati al vaglio dal Better life index – quanti sono i membri Ocse – e undici gli ambiti esplorati: abitazione, reddito, lavoro, partecipazione civile, istruzione, ambiente, amministrazione, salute, soddisfazione personale, sicurezza, equilibrio tra lavoro e privato.
Grafici link: La pagella italiana nella Better life index dell'Ocse (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-05-24/dove-vive-meglio-risposta-134525.shtml?grafici)
Dove vivere? Due italiani su tre mettono il lavoro davanti a una migliore qualità della vita
L'Italia da sei meno che raggiunge a malapena metà classifica nell'indice sulla qualità della vita dell'Ocse
Il tratto distintivo di questo nuovo misuratore della qualità della vita è l'interattività: sarà infatti consultabile e utilizzabile online e ciascuno potrà così costruire una pagella secondo quella che è la propria percezione (ed esigenza) di felicità e confrontarla con le performance degli altri Paesi. «Non è l'Ocse a decidere che cosa rende la vita migliore. Sei tu a decidere per te stesso»: così promette il sito dell'organizzazione.
Una volta c'era il Pil a esprimere il benessere di un Paese, poi a minarne l'intoccabilità fu Robert Kennedy con l'affermazione «il Pil misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta». Negli anni 80 il testimone è passato al Buthan con la sua ricetta dell'Happiness gross index (indice felità interna lorda) e, nel 2008, alla commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi incaricata da Sarkozy di definire la formula del Bli (benessere interno lordo). Ecco poi nel 2010 il premier britannico David Cameron con il suo Gwb (general wellbeing) o buon vivere generale. Ora sarà l'Ocse a giocare la sua carta in questa partita alla ricerca del "metro" della qualità della vita: e le risposte che promette si annunciano come un combinato di statistiche e di percezioni.  Qual è la busta paga media, quanti sono i laureati, che livello hanno raggiunto le polveri sottili, su che reddito può contare una famiglia: questi i numeri a portata di clic dall'Australia agli Usa. Ciascuno potrà costruirsi una classifica personale del benessere scegliendo tra le undici aree e i vari sottoparametri: ad esempio, chi giudica importante la tranquillità potrà mettere sul podio l'Islanda che ha il minor tasso di omicidi; chi l'abitazione, il Canada dove c'è il maggior numero di stanze per persona (2,5); chi la longevità i giapponesi visto che vantano la più alta aspettativa di vita (82,7 anni). Tutti dati che potranno essere combinati in una pagella più complessa e completa. Ma il Bli dell'Ocse non trascura il sentiment e indaga sulle opinioni dei cittadini: così possiamo già sapere che due terzi dei cittadini Ocse sono soddisfatti della loro qualità della vita. E che i messicani sono più felici dei polacchi, dei portoghesi e, anche, degli italiani.





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