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Cala la gioventù in Italia per l'Istat

Torino, 17 maggio 2011
Se si guarda in prospettiva oltre al basso tasso di diplomati e laureati oggi in Italia rispetto ai principali Paesi industrailizati del mondo e di quelli emergenti (India e Cina in primis) c'è da preoccuparsi anche di un'altra informazione correlata.
Da La Stampa online di oggi:
Meno 2 milioni in 10 anni: l'11% non studia né lavora
«I giovani sono in via di estinzione. Negli ultimi 10 anni, dal 2000 al 2010 abbiamo perso più di 2 milioni di cittadini di età compresa tra i 15 e i 34 anni». Lo ha detto il direttore del Censis, Giuseppe Roma, entrando all’audizione presso la Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera che sta esaminato il tema dell’accesso al mercato del lavoro. «Sono una merce rara», ha aggiunto Roma, spiegando che i dati italiani sono i peggiori insieme a quelli tedeschi. In contrapposizione - ha aggiunto - nello stesso periodo sono invece aumentati di 1 milione 896 mila unità gli italiani over-65.
Secondo il direttore del Censis, inoltre, «l’Italia ha un sistema formativo ritardato rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea». «Abbiamo il maggior numero di ragazzi di 15-24 anni impegnati nella formazione, il 60,4%, eppure pochissimi laureati», ha spiegato Roma. Secondo gli ultimi dati del Censis, infatti, ha un laurea solo il 3,1% dei 15-24enni (la media europea è del 7,8%) e il 20,7% dei 25-34enni (a fronte di una media europea del 33%).
L’Italia ha infine il record di «inattività volontaria». L’11,2% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni «non sono interessati a lavorare o studiare». Nella classifica dei giovani Neet (dall’inglese Not in education, employment or training) il dato italiano è superiore di oltre tre volte alla media europee (3,4%) e molto peggiore di quello tedesco (3,6%), francese (3,5%) o inglese (1,7%). La Spagna è invece il paese con meno giovani «nullafacenti», sono appena lo 0,5%.




2 commenti:

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  2. Buongiorno.
    A) Il calo del numero dei giovani in età 15 - 34 anni (popolazione residente) è un fatto demografico. Ho in mano una statistica al 1° gennaio 2010 e al 1°gennaio 2002. Il totale è rispettivamente (maschi e femmine) di 13.793.850 e 15.119.986 cioè una differenza di 1.326.136 il 9,80% in meno. Curiosamente tra i 15 e 18 anni non c'è stato calo tra il 2002 e il 2010 anzi un aumento. Così nel periodo più recente nel 2009 c'è stato un incremento per quelli di anni 34: 918748 nel 2002 e 919467 nel 2010. Il fenomeno colpisce soprattutto la fascia 19 - 33 con punte in ordine di grandezza
    tra i 26-30 con valori di differenza in meno di circa 150.000 unità tra i 26 e 30 anni. Poca la differenza per esempio per i 21enni (-20.504) e di nuovo relativamente bene per i 33enni (-36.176). Sembra dunque un fenomeno a U dove il picco è concentrato nella fascia più mediana. Letti al contrario, cioè partendo dai più adulti e guardando a classi da inserire nel mercato del lavoro più in avanti i dati dei più giovani (15-18) in aumento potrebbero far ben sperare. Se infine confrontiamo la classe 1 - 14 anni c'è di nuovo un fenomeno positivo (+ 40.000 medio) per la fascia 1-9 anni mentre c'è un piccolo deficit (2010 rispetto al 2002) tra i 10 e 14 anni di circa - 8.800 medio.
    B) Per quanto riguarda la non ricerca di lavoro ci possono essere due versioni entrambe valide. 1) il fenomeno di chi non ricerca lavoro è in effetti figlio della delusione per un mercato che non dà soddisfazione e si viene presi dalla frustrazione e si rinuncia 2) Studi dicono che il rapporto della famiglia italiana patrimonializzazione/numero figli in casa è tra i più alti al mondo, 5 volte gli Usa e superiore comunque ad altri Paesi europei. Questo vuol dire che si può sempre sperare per il contingente e/o per il futuro in qualche aiuto familiare che è una soluzione = protezione per il momento. E' come avere una polizza per il futuro forse più che per l'immediato. Infine c'è da tener presente che la globalizzazione ha indotto a notevolissime trasformazioni sul mercato del lavoro sia per quanto riguarda il numero dei "ricercati" sia la tipologia delle figure professionali con ampi divari tra, ad esempio, un laureato in ingegneria e quello in giurisprudenza.

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