Torino, 3 aprile 2011
Uno sguardo di dove sono e cosa attualmente fanno i Centri di eccellenza nel mondo e che sono stati tra i precursori nella scoperta di nuove invenzioni e della loro "trasmigrazione" sul campo applicativo e diffusivo a livello a volte planetario è un pratica che dovremo fare abbastanza spesso. Perchè al di là delle preoccupazioni contingenti dell'economia e della sue malattie anche di lunga durata come l'attuale chi deposita le sue speranza non deve guardare troppo alla finanza (più strumento per .... che creazione di ricchezza "reale" per lo sviluppo della società) ma ai beni e/o servizi che saranno utili, pratici e di facile e diffusa adozione per noi tutti. E' dal prototipo e dalle sue prime applicazioni poi diventate e diffuse a livello di massa che il mondo è sempre progredito.
Leggiamo allora con interesse quello pubblicato oggi su La Stampa online a cura di Irene Tinagli a proposito di cos'è e cosa significa forse la zona più "anziana" ma più agguerrita e conosciuta al mondo in termini di innovazione: la Silicon Valley
Silicon Valley, il futuro si inventa ancora qui
Compie 40 anni e smentisce i catastrofisti che la davano per moribonda dopo crisi e bolle speculative. Ha ricominciato a produrre idee, posti di lavoro e ricchezza, mescolando innovazione e spirito d'impresa. E' una ricetta che si può esportare e imitare altrove?
Era il 1971 quando l’imprenditore Ralph Vaerst coniò il termine Silicon Valley, reso immediatamente noto al grande pubblico da un articolo di Don Hoefler, amico di Vaerst.
La Silicon Valley, quindi, compie 40 anni. Certo, le radici affondano più lontano, e il primo laboratorio di semiconduttori che William Shockley fondò in quella zona risale al 1956. Ma è agli inizi degli Anni Settanta che ci si è accorti che lì stava accadendo qualcosa che avrebbe cambiato la vita di milioni di persone, è stato allora che la Silicon Valley ha preso consapevolezza della propria forza e identità.
Perché certo Shockley non avrebbe potuto immaginare che da quella sua prima azienda, spin off dopo spin off, ne sarebbero nate, nel giro di pochi anni, altre 66! Ma la cosa più affascinante della Silicon Valley non è tanto come è nata, ma come si è evoluta e come ha saputo rinnovarsi nel tempo.
Più di una volta è stata data per moribonda, vittima di crisi e bolle speculative. Eppure ogni volta ha saputo rialzarsi. Dopo la rivoluzione dei semiconduttori, e dopo il boom dei personal computer degli anni Ottanta, negli anni Novanta è arrivato Internet e la frenesia delle «dot-com»: Yahoo, Google, Amazon, Ebay, giusto per citarne alcune. Una bolla esplosa nel 2001, con un tonfo che in due anni ha bruciato 5 trilioni di dollari in borsa. Ma due anni dopo l’economia aveva già ripreso a girare e, nonostante la nuova profonda crisi del 2008, oggi la Silicon Valley è più viva che mai, esaltata dal boom dei social network come Facebook, MySpace o Twitter, e dalle applicazioni che si appoggiano su di essi e sulla telefonia mobile.
Basta pensare a Zynga, diventata uno degli astri nascenti della Silicon Valley con giochi come FarmVille e MafiaWars. Una ripresa che si vede anche dai dati: dal 2008 al 2009 il tasso di creazione di nuove imprese è cresciuto del 48%, dal 2009 al 2010 sono stati creati oltre 12mila nuovi posti di lavoro, e nel 2010 si è registrato un forte aumento delle Ipo (quotazioni in borsa) delle aziende dell’area. Insomma, la Silicon Valley non molla. Sa reinventarsi ogni volta e sa cogliere con successo ogni nuova ondata tecnologica. Ma come fa?
Accademici, giornalisti e policy maker da anni cercano di catturare il suo segreto e replicarne la formula. Persino in Italia si è sentito parlare della Gorgonzola Valley (in riferimento alle aziende high tech attorno al Politecnico di Milano) o all’Arno Valley (indicando il polo sorto nell’area di Pisa). Ma nessuna esperienza si è minimamente avvicinata, per impatto tecnologico, economico e sociale, all’originale californiano. Neppure i tanto osannati parchi scientifici francesi di Grenoble o Sophia Antipolis. La Silicon Valley resta, ad oggi, inimitata ed inimitabile, non tanto nella sua capacità di inventare cose nuove (molte delle sue aziende nascono su invenzioni create altrove) ma di farle crescere. E ciò che la rende così non è solo, come vuole la convinzione popolare, un mix di saperi e soldi. Molti pensano che il suo segreto sia nella presenza combinata di Stanford e di venture capital, e credono che per replicarla basti la creazione di un polo universitario scientifico in cui vengono pompati un po’ di soldi (magari pubblici) attraverso premi o incentivi.
Questa ricetta è incompleta e fuorviante, e non sorprende che molti di questi tentativi siano falliti. Quello che le analisi politiche o accademiche faticano a cogliere è qualcosa che nessun parco scientifico o metodo di finanziamento alle impreso che nascono, costruiti a tavolino, possono ricreare ed è quella profonda curiosità verso tutto ciò che è nuovo, quella continua voglia di imparare e mettersi in gioco, di rischiare, di puntare su qualcosa di innovativo che può fare un tonfo tremendo o cambiare il mondo. Sarà il retaggio dello spirito dei pionieri che venivano qua a conquistare terre inesplorate, o della rivoluzione culturale di fine anni Sessanta, fatto sta che questa cultura «pionieristica» è ancora molto radicata in Silicon Valley. E questo clima attrae le menti più brillanti e irrequiete da ogni parte del pianeta, rendendola una delle aree a maggior concentrazione di intelligenze del mondo. Nella contea di Santa Clara, il cuore pulsante della Silicon Valley, la percentuale di abitanti laureati supera il 40%, contro una media nazionale del 24,4%. Nella città di Palo Alto si arriva addirittura al 74,4%. E gli stranieri sono tantissimi. Quasi la metà della popolazione di Santa Clara a casa parla una lingua diversa dall’inglese. E il 35% dei laureati in materie scientifiche ed ingegneristiche sfornati dalle università locali sono stranieri. E questi risultati non sono solo merito di Stanford o Berkeley (anche se certamente aiutano), perchè la Silicon Valley attrae laureati di molte altre università. Zuckerberg, il noto fondatore di Facebook, ha studiato ad Harvard, Max Livchin, co-fondatore di PayPal (il più popolare sistema di pagamento online), ha studiato all’università dell’Illinois, Mark Pinkus, co-fondatore di Zynga, ha una laurea a Wharton e un Mba ad Harvard. Non avranno studiato a Stanford, ma hanno comunque un’istruzione straordinaria.
E la cosa che colpisce di più girando per la Silicon Valley e parlando con imprenditori, managers e venture capitalist è proprio l’altissimo livello di preparazione. Questo, probabilmente, è il vero segreto della Silicon Valley. E la forte integrazione tra accademia e impresa che molti notano qua non è dovuta all’esistenza di enti facilitatori preconfezionati dal settore pubblico (come pensano quelli che cercano di replicare la ricetta californiana), ma al fatto che studiosi e imprenditori condividono lo stesso background, parlano lo stesso linguaggio, sono mossi dalle stesse curiosità, frequentano gli stessi locali.
Questo spirito di scambio e collaborazione permea tutta la zona. Qua non esiste la figura romantica dell’imprenditore solitario, le imprese sono fatte da tre o quattro persone, con il supporto di molte altre.
La Silicon Valley è un social network vivente, pulsante, e i nodi chiave di questo network non sempre sono quelli che si vedono nelle copertine dei magazine. Come Reid Hoffman, fondatore di Linkedin e uno dei più dinamici investitori in startup della zona: ha finanziato decine di nuove imprese (si dice almeno 80), tra le quali PayPal, di cui è stato vicepresidente. Ed è stato proprio lui che ha presentato Mark Zuckerberg a Peter Thiel (co-fondatore di PayPal), il quale a sua volta ha investito nella nascente Facebook mezzo milione di dollari. Da questi giri di amicizie e collaborazioni fioriscono innovazioni e imprese. Basta pensare che i quattro fondatori di Paypal hanno fondato o finanziato aziende il cui valore complessivo supera, secondo le stime di Forbes, i 30 miliardi di dollari. Quando si dice il potere dei social network! Questi imprenditori senza sosta sono il vero motore della Silicon Valley. Li chiamano serial entrepreneurs: imprenditori seriali. E la cosa bella è che non si fermano davanti a nulla. Né davanti ai fallimenti, né, cosa ancora più incredibile, davanti ai successi. Molti dei trentenni e quarantenni che si vedono girare in jeans e maglietta sono miliardari che potrebbero ritirarsi in qualche villa sull’oceano circondati da auto di lusso e jet privati. Eppure sono ancora lì, a cercare la prossima avventura tecnologica, il prossimo brillante ventenne su cui scommettere, la nuova idea che cambierà il mondo.
Certo, oggi ci sono altre città, da Pechino a Bangalore a Tel Aviv, che hanno i numeri per fare presto concorrenza alla Silicon Valley. Ma finché potrà contare su queste persone e questo spirito, la Silicon Valley resterà a lungo inimitabile, la più ammirata e invidiata da tutti. Buon Compleanno Silicon Valley.
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