Torino, 28 giugno 2010
E' davvero intreressante riproporre nella terza parte di questo Post quanto scritto oggi sul sito del "Il sole 24 ore" sul destino di qui a fine anno del cross rate euro/dollaro.
Opinioni diverse tra i vari esperti come si vedrà. A mio avviso ci sono più attese per una stabilizzazione lunga a questi livelli e per un recupero verso 1,30 a fine anno e più qualora il mercato percepisca come veritiere e funzionanti le promesse di abbattimento del debito come i vari Paesi Ue - zona euro hanno promesso. Per contro una ripresa significativa degli Usa porterà prima o poi ad un innalzamento dei tassi (ora al minimo storico tra 0 - 0,25) rendendo più remunerativio l'impiego in dollari. Accordi di libero scambio con Seul e maggiore deregulation con la Cina in nome di una crescita veloce e duratura per fare da controaltare (per il dollaro) all'enorme debito pubblico Usa. Come ricordato ieri dal direttore del "Il sole 24 ore" anche in seno al governo Usa ci sono opinioni ben differenti.
Prima parte
Dal sito online de "Il sole 24 ore" a firma di Gianni Riotta (solo in parte):
"Il direttore del Bilancio Orszag s'è dimesso, deluso dalla troppa incertezza davanti al bivio. Orszag era rigorista, alla Merkel, e non apprezzava la preoccupazione di Obama per i posti di lavoro, in un anno elettorale. Il ministro del Tesoro Geithner stava dalla sua parte, mentre il direttore del Consiglio Economico Summers era per insistere con iniezioni ricostituenti per l'economia, sia pure ridotte dopo le recenti cure da cavallo. A chi gli parla adesso Orszag dice «Rigore contro crescita è falso dilemma: la vera lite è sui tempi». Sui tempi rigoristi e sviluppisti giocheranno il loro match al G-20. La pensa come Orszag l'economista italiano Giavazzi che, al Foglio di Ferrara, dichiara «La quadratura del cerchio tra queste due esigenze, entrambe serie, è possibile, serve un'azione sul fronte della politica fiscale, per ridurre in modo strutturale i costi dell'invecchiamento (pensioni, sanità ecc) che sono dieci volte più consistenti dei costi dovuti alla crisi».
Le due tensioni sono entrambe cruciali, Rigore per non diventare tutti greci, Sviluppo per non finire tutti in uno stallo giapponese.
Seconda parte
Ogni tanto ritornano. Alan Greenspan, per anni osannato e adorato presidente della Federal reserve (la Banca centrale americana), è intervenuto nel dibattito su come gestire al meglio la crisi: più deficit spending o più austerity? Mr easy money ha pubblicato un suo commento sul Wall Street Journal, prendendo nettamente la parte di chi predica un forte intervento per tagliare la spesa corrente. «Gli Stati Uniti - dice- dovranno presto affrontare un rialzo del costo dei prestiti: bisogna cambiare assolutamente rotta». Non meno importante quanto proposto da Greenspan e sempre riportato il 19 giugno da "il Sole 24 ore" a firma di Vittorio Carlini
"La capacità Usa di prestare denaro è al limite"
Seconda parte
Ogni tanto ritornano. Alan Greenspan, per anni osannato e adorato presidente della Federal reserve (la Banca centrale americana), è intervenuto nel dibattito su come gestire al meglio la crisi: più deficit spending o più austerity? Mr easy money ha pubblicato un suo commento sul Wall Street Journal, prendendo nettamente la parte di chi predica un forte intervento per tagliare la spesa corrente. «Gli Stati Uniti - dice- dovranno presto affrontare un rialzo del costo dei prestiti: bisogna cambiare assolutamente rotta». Non meno importante quanto proposto da Greenspan e sempre riportato il 19 giugno da "il Sole 24 ore" a firma di Vittorio Carlini
"La capacità Usa di prestare denaro è al limite"
«L'idea che Washington abbia le spalle molto larghe e possa continuare ad emettere debito è sbagliata; il rendimento», relativamente basso, «dei titoli di stato a lunga scadenza maschera le difficoltà su questo fronte». Secondo Greenspan, infatti, lo yield sulla parte lunga dei Treasury può crescere velocemente e inaspettatamente: «Come accadde a fine degli anni '70, quando in soli 4 mesi i rendimenti salirono di oltre il 4 per cento». Quello dello yield sui titoli di stato Usa è un tema al centro della discussione da un po' di tempo. Jim Rogers, proprio al sole24ore.com, ha sottolineato che «si stanno creando le condizioni per una bolla. Il rendimento dei bond governativi con una duration lunga è troppo basso (il treasury decennale rende il 3,2%, ndr), a fronte dell'attuale boom del deficit e del debito federale». In molti sostengono che è solo l'acquisto delle emissioni governative da parte delle grandi banche, che poi girano alla Fed questo credito come garanzia per l'acquisto della liquidità, a tenere schiacciato i tassi sulla parte lunga della curva. Un'operazione che droga il mercato e nasconde il concreto pericolo.
Gli Usa non sono un porto così sicuro
Oltre a ciò, dopo lo scoppio della crisi dei debiti pubblici nel Vecchio continente, deve aggiungersi anche la corsa al debito statale americano visto come save-haven, un porto sicuro. È un po' quello che sta succedendo ai T Bund tedeschi che, in momenti di difficoltà e incertezza quali l'attuale, sono considerati l'unica giusta soluzione per parcheggiare la liquidità. In questo scenario, non stupisce l'andamento del rendimento sui Treasury a stelle e strisce. Ma questo andamento è ciò che preoccupa Greenspan: «Bisogna rigettare l'idea che la riduzione del deficit possa interrompere la ripresa economica. Al contrario, la pressione sui mercati diminuirà solo se il governo americano ridurrà la vendita di bond governativi. Gli Usa si stanno caricando sulle spalle un peso che non saranno i grado di sopportare. L'idea dell'emissione americana come un porto sicuro, lontano dai problemi della Grecia, non potrà durare». Quando questo cesserà, è il monito dell'ex boss della Fed, i tassi di mercato si alzeranno e gli Stati Uniti non saranno in grado di sostenere l'aumento del costo dei prestiti. Quindi, «bisogna avviare una rigorosa riduzione del deficit», conclude l'ex Mr Fed. Insomma, la discussione tra austerity sì austerity no si arrichisce del nuovo intervento. Anche se è fin troppo facile rimprovare a Greespan non una grande coerenza: per anni è stato il fautore di una politica monetaria espansiva, troppo espansiva che ha contribuito non poco alla crisi cui assistiamo; adesso chiede a tutti di tirare la cinghia...
Terza Parte
E veniamo all'articolo richiamato in testa del Post.
Lo scatto messo a segno dal dollaro nel 2010, quando è balzato da 1,43 a 1,20 nel cambio con l'euro, segna il più forte rally del biglietto verde dal 2005. Una corsa che John Taylor, a capo di FX-Concept , il più importante fondo hedge specializzato nell'investimento in valute, aveva previsto proprio a marzo, quando il rally ha registrato l'accelerazione più forte (da 1,35 a 1,20). Nel ragionamento di Taylor, uno degli esperti più critici nei confronti dell'euro, c'è la considerazione che il piano di salvataggio da circa 1.000 miliardi di dollari messo a punto dai vertici europei non funzionerà in assenza di una rivalutazione del dollaro.
Rivalutazione che, letta al contrario, comporta un aumento di competitività internazionale per le imprese europee. Secondo Taylor, adesso il mercato dei cambi si sta prendendo una pausa ma la situazione è destinata a peggiorare per la valuta europea. «Siamo terrorizzati dall'avere euro in portafoglio in questo momento - ha spiegato all'agenzia Bloomberg Taylor, il cui fondo gestisce masse per 7,5 miliardi di dollari - stiamo mantenendo le dita incrociate affinché il quadro resti immutato fino ad agosto ma l'euro è destinato ad essere schiacciato in futuro dal dollaro. E questo rappresenterà una situazione impossibile da sostenere per l'Europa». La soglia critica è a 1,20 dollari. Sotto la quale la valuta europea potrebbe perdere ulteriore terreno.
Le previsioni sull'euro.
Taylor si aspetta, infatti, che «l'euro scenda a quota 1 dollaro entro la fine dell'anno». Secondo le stime degli analisti di Jp morgan, invece, a fine anno l'euro sarà a quota 1,2 dollari. Dalla ricerca condotta dalla banca (relativa al 25 giugno) è emerso che 90 dei 141 intervistati, che rappresentano una capitalizzazione di mercato pari a 2mila miliardi di dollari, sono convinti che l'euro rimarrà sotto quota 1,3 dollari fino a dicembre. Secondo Richard Benson, direttore esecutivo del fondo Millennium Asset Management che gestisce masse per 14 miliardi di dollari, la soglia 1,20 rappresenta al momento il valore corretto. Nel mercato dei cambi oggi, lunedì 28 giugno l'euro è scambiato a 1,237 dollari, confermando il recupero messo a segno dal 7 giugno quando ha toccato quota 1,1877, il 20% in meno rispetto al picco di 1,4321 di fine dicembre 2009.
Adesso ognuno potrà farsi la propria idea.....!!!!
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