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I titoli dei Post hanno un link di riferimento al tema trattato

Euro presto alle corde ?

A completamento dell'analisi di ieri sera sul mio Blog con il Post "Euro di nuovo al bivio ?" mi sembra utile proporre quanto riportato da La Stampa online ieri sera:
Euro a minimi storici su franco svizzero, debole su sterlina
L'euro ha toccato oggi (28 giugno) un nuovo minimo storico contro il franco svizzero ed è sceso ai livelli più bassi degli ultimi 19 mesi contro la sterlina inglese. La debolezza perdura anche all'indomani del summit del G20 di Toronto, dove i leader mondiali hanno promesso di agire per dimezzare i pesanti deficit pubblici entro il 2013. Nello specifico, sull'umore degli investitori nei confronti dell'euro pesa la scadenza questa settimana di una finestra di prestito straordinaria della Banca Centrale Europea. Le banche devono ripagare alla Bce 442 miliardi di euro entro giovedì e alcuni investitori temono per una carenza di liquidità. Molti prevedono tuttavia che per gran parte di queste operazioni saranno negoziate nuove scadenze in modo da evitare problemi e favorire un rimborso graduale. Nel corso della giornata a New York l'euro è sceso fino a 1,3329 franchi svizzeri, un nuovo record, contro gli 1,3507 di venerdì. La valuta elvetica negli ultimi tempi ha intrapreso una crescita vigorosa, in particolare dopo che la Banca Nazionale Svizzera ha terminato un programma di acquisto di euro mirato a limitare l'apprezzamento del franco. L'istituto centrale, se non rileverà che la crescita del franco introduce un rischio di deflazione, lascerà fluttuare la valuta liberamente. Verso la fine della giornata la sterlina è scambiata a quota 1,2259 euro, mentre la moneta unica vale 1,2282 dollari.

Euro di nuovo al bivio ?

Torino, 28 giugno 2010

E' davvero intreressante riproporre nella terza parte di questo Post quanto scritto oggi sul sito del "Il sole 24 ore" sul destino di qui a fine anno del cross rate euro/dollaro.
Opinioni diverse tra i vari esperti come si vedrà. A mio avviso ci sono più attese per una stabilizzazione lunga a questi livelli e per un recupero verso 1,30 a fine anno e più qualora il mercato percepisca come veritiere e funzionanti le promesse di abbattimento del debito come i vari Paesi Ue - zona euro hanno promesso. Per contro una ripresa significativa degli Usa porterà prima o poi ad un innalzamento dei tassi (ora al minimo storico tra 0 - 0,25) rendendo più remunerativio l'impiego in dollari. Accordi di libero scambio con Seul e maggiore deregulation con la Cina in nome di una crescita veloce e duratura per fare da controaltare (per il dollaro) all'enorme debito pubblico Usa. Come ricordato ieri dal direttore del "Il sole 24 ore"  anche in seno al governo Usa ci sono opinioni ben differenti.
Prima parte
Dal sito online de "Il sole 24 ore" a firma di Gianni Riotta (solo in parte):
"Il direttore del Bilancio Orszag s'è dimesso, deluso dalla troppa incertezza davanti al bivio. Orszag era rigorista, alla Merkel, e non apprezzava la preoccupazione di Obama per i posti di lavoro, in un anno elettorale. Il ministro del Tesoro Geithner stava dalla sua parte, mentre il direttore del Consiglio Economico Summers era per insistere con iniezioni ricostituenti per l'economia, sia pure ridotte dopo le recenti cure da cavallo. A chi gli parla adesso Orszag dice «Rigore contro crescita è falso dilemma: la vera lite è sui tempi». Sui tempi rigoristi e sviluppisti giocheranno il loro match al G-20. La pensa come Orszag l'economista italiano Giavazzi che, al Foglio di Ferrara, dichiara «La quadratura del cerchio tra queste due esigenze, entrambe serie, è possibile, serve un'azione sul fronte della politica fiscale, per ridurre in modo strutturale i costi dell'invecchiamento (pensioni, sanità ecc) che sono dieci volte più consistenti dei costi dovuti alla crisi».
Le due tensioni sono entrambe cruciali, Rigore per non diventare tutti greci, Sviluppo per non finire tutti in uno stallo giapponese.
Seconda parte
Ogni tanto ritornano. Alan Greenspan, per anni osannato e adorato presidente della Federal reserve (la Banca centrale americana), è intervenuto nel dibattito su come gestire al meglio la crisi: più deficit spending o più austerity? Mr easy money ha pubblicato un suo commento sul Wall Street Journal, prendendo nettamente la parte di chi predica un forte intervento per tagliare la spesa corrente. «Gli Stati Uniti - dice- dovranno presto affrontare un rialzo del costo dei prestiti: bisogna cambiare assolutamente rotta». Non meno importante quanto proposto da Greenspan e sempre riportato il 19 giugno da "il Sole 24 ore" a firma di Vittorio Carlini
"La capacità Usa di prestare denaro è al limite"
«L'idea che Washington abbia le spalle molto larghe e possa continuare ad emettere debito è sbagliata; il rendimento», relativamente basso, «dei titoli di stato a lunga scadenza maschera le difficoltà su questo fronte». Secondo Greenspan, infatti, lo yield sulla parte lunga dei Treasury può crescere velocemente e inaspettatamente: «Come accadde a fine degli anni '70, quando in soli 4 mesi i rendimenti salirono di oltre il 4 per cento».  Quello dello yield sui titoli di stato Usa è un tema al centro della discussione da un po' di tempo. Jim Rogers, proprio al sole24ore.com, ha sottolineato che «si stanno creando le condizioni per una bolla. Il rendimento dei bond governativi con una duration lunga è troppo basso (il treasury decennale rende il 3,2%, ndr), a fronte dell'attuale boom del deficit e del debito federale». In molti sostengono che è solo l'acquisto delle emissioni governative da parte delle grandi banche, che poi girano alla Fed questo credito come garanzia per l'acquisto della liquidità, a tenere schiacciato i tassi sulla parte lunga della curva. Un'operazione che droga il mercato e nasconde il concreto pericolo.
Gli Usa non sono un porto così sicuro
Oltre a ciò, dopo lo scoppio della crisi dei debiti pubblici nel Vecchio continente, deve aggiungersi anche la corsa al debito statale americano visto come save-haven, un porto sicuro. È un po' quello che sta succedendo ai T Bund tedeschi che, in momenti di difficoltà e incertezza quali l'attuale, sono considerati l'unica giusta soluzione per parcheggiare la liquidità. In questo scenario, non stupisce l'andamento del rendimento sui Treasury a stelle e strisce. Ma questo andamento è ciò che preoccupa Greenspan: «Bisogna rigettare l'idea che la riduzione del deficit possa interrompere la ripresa economica. Al contrario, la pressione sui mercati diminuirà solo se il governo americano ridurrà la vendita di bond governativi. Gli Usa si stanno caricando sulle spalle un peso che non saranno i grado di sopportare. L'idea dell'emissione americana come un porto sicuro, lontano dai problemi della Grecia, non potrà durare». Quando questo cesserà, è il monito dell'ex boss della Fed, i tassi di mercato si alzeranno e gli Stati Uniti non saranno in grado di sostenere l'aumento del costo dei prestiti. Quindi, «bisogna avviare una rigorosa riduzione del deficit», conclude l'ex Mr Fed. Insomma, la discussione tra austerity sì austerity no si arrichisce del nuovo intervento. Anche se è fin troppo facile rimprovare a Greespan non una grande coerenza: per anni è stato il fautore di una politica monetaria espansiva, troppo espansiva che ha contribuito non poco alla crisi cui assistiamo; adesso chiede a tutti di tirare la cinghia...
Terza Parte
E veniamo all'articolo richiamato in testa del Post.
Lo scatto messo a segno dal dollaro nel 2010, quando è balzato da 1,43 a 1,20 nel cambio con l'euro, segna il più forte rally del biglietto verde dal 2005. Una corsa che John Taylor, a capo di FX-Concept , il più importante fondo hedge specializzato nell'investimento in valute, aveva previsto proprio a marzo, quando il rally ha registrato l'accelerazione più forte (da 1,35 a 1,20). Nel ragionamento di Taylor, uno degli esperti più critici nei confronti dell'euro, c'è la considerazione che il piano di salvataggio da circa 1.000 miliardi di dollari messo a punto dai vertici europei non funzionerà in assenza di una rivalutazione del dollaro.
Rivalutazione che, letta al contrario, comporta un aumento di competitività internazionale per le imprese europee. Secondo Taylor, adesso il mercato dei cambi si sta prendendo una pausa ma la situazione è destinata a peggiorare per la valuta europea. «Siamo terrorizzati dall'avere euro in portafoglio in questo momento - ha spiegato all'agenzia Bloomberg Taylor, il cui fondo gestisce masse per 7,5 miliardi di dollari - stiamo mantenendo le dita incrociate affinché il quadro resti immutato fino ad agosto ma l'euro è destinato ad essere schiacciato in futuro dal dollaro. E questo rappresenterà una situazione impossibile da sostenere per l'Europa». La soglia critica è a 1,20 dollari. Sotto la quale la valuta europea potrebbe perdere ulteriore terreno.
Le previsioni sull'euro.
Taylor si aspetta, infatti, che «l'euro scenda a quota 1 dollaro entro la fine dell'anno». Secondo le stime degli analisti di Jp morgan, invece, a fine anno l'euro sarà a quota 1,2 dollari. Dalla ricerca condotta dalla banca (relativa al 25 giugno) è emerso che 90 dei 141 intervistati, che rappresentano una capitalizzazione di mercato pari a 2mila miliardi di dollari, sono convinti che l'euro rimarrà sotto quota 1,3 dollari fino a dicembre. Secondo Richard Benson, direttore esecutivo del fondo Millennium Asset Management che gestisce masse per 14 miliardi di dollari, la soglia 1,20 rappresenta al momento il valore corretto.  Nel mercato dei cambi oggi, lunedì 28 giugno l'euro è scambiato a 1,237 dollari, confermando il recupero messo a segno dal 7 giugno quando ha toccato quota 1,1877, il 20% in meno rispetto al picco di 1,4321 di fine dicembre 2009.
Adesso ognuno potrà farsi la propria idea.....!!!!

Il senato Usa approva finalmente la riforma del sistema finanziario

Torino, 26 giugno 2010

E' la notizia che aspettavamo da mesi e più volte ribadita in questo Blog. Con 59 voti a favore e 39 contro il Senato Usa ha approvato la riforma del sistema finanziario, considerata una priorita' dal presidente Barack Obama. Il testo, passato anche grazie al voto dei repubblicani, dovra' essere conciliato con quello approvato a dicembre dalla Camera, per poi essere posto alla firma della Casa Bianca. "Chi voleva proteggere Wall Street - dichiara il leader della maggioranza, Harry Reid - non e' riuscito nel suo intento. Non potranno piu' giocare coi soldi della gente". Il democratico, Chris Dodd, presidente della commissione bancaria del Senato auspica che il testo finale verra' votato entro il 4 luglio.
E più dettagli li troviamo nell'articolo de "Il sole 24 ore" di ieri 25 giugno ( http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2010-06-25/barack-obama-riforma-finanza-122500.shtml?uuid=AYmfY91B#continue).  Ecco il testo:
Ci sono voluti più di due anni dall'esplosione della crisi finanziaria. Alla fine, però, i due rami del parlamento americano hanno raggiunto l'intesa sulla riforma della finanza di Wall Street. Dopo una maratona di ben 20 ore la commissione mista Camera-Senato ha trovato l'accordo sui punti principali del Financial Bill. Ora la strada per il via libera finale da parte del Congresso Usa la prossima settimana appare, salvo clamorosi colpi di scena, spianata. Si dirà, anzi molti lo hanno già fatto in passato, che è una normativa all'acqua di "rose". La stessa reazione dei titoli bancari Usa, moderatamente positiva, sembra confermarlo. Ma tant'è, a fronte di un' Europa che continua a dividersi sulle proposte da concretizzare, il presidente Barack Obama («Wall Street - ha detto - ora sarà più responsabile») può adesso presentarsi all'appuntamento del G20 con un risultato concreto in mano.
Divieto di proprietary trading e la newco per i derivati
Nelle linee essenziali, la riforma è quella già nota: una normativa su cui la vecchia volpe Paul Volcker, presidente della Federal reserve americana prima dell'era Greenspan, può a ben diritto mettere la sua firma.
La Commissione Camera-Senato ha dato il suo ok alla restrizione del "proprietary trading": la regola, denominata proprio Volcker rule, restringe la possibilità delle banche di usare i depositi assicurati da fondi federali per la compravendita di asset a loro esclusivo vantaggio. Una scelta duramente osteggiata dalle investment bank di Wall Street che hanno visto in questo passaggio l'incursione in una delle attività per loro più redditizie.
Inoltre, è stata approvata la richiesta di far "trasmigrare" le attività dei derivati in società separate dalle banche: in questo modo il business che tanti dolori ha procurato al sistema viene "confinato" in newco apposite che potranno, se del caso, essere fatte fallire. Viene evitato, così, il coinvolgimento della casa-madre e si limita il conseguente rischio di sistema. «Il primo obiettivo di queste norme - commenta Christopher Dodd, il senatore democratico gran tessitore della riforma - è di ridurre la partecipazione in attività altamente richiose da parte di quelle istituzioni finanziarie che sono "centrali" al sistema; il secondo è di porre un deciso stop all'utilizzo di fondi a basso rischio, assicurati dal Governo, per attività altamente speculative». Come dire insomma, basta usare i fondi di Mr e Mrs Smith per guadagnare con il trading e elargire bonus ai responsabili di queste business unit. Quei denari, quei depositi devono essere usati per investire nell'economia reale e non in quella di carta di Wall Street.
Minori limiti all'investimento in hedge fund e private equity
Di più. L'accordo nella commissione Camera-Senato prevede il limite del 3% di investimenti di capitale in hedge fund o private equity. Una mossa indirizzata a "normalizzare" l'attività delle banche verso più tranquilli core-business. In alcuni casi, infatti, le partecipazioni troppo alte in fondi speculativi, unite all'uso folle della leva, avevano trasformato i tradizionali istituti finanziari in hedge fund puri. A ben vedere, però, su questo fronte è stata fatta la maggiore concessione alle big bank di Wall Street. Da un lato, infatti, una delle prime stesure della riforma parlava del divieto di investire negli hedge; dall'altro, il tetto massimo cui tutti pensavano era del 2 per cento. In questa situazione, quindi, i gruppi finanziari non dovranno più fare lo spinoff di questi businnes ma semplicemente ridurre l'esposizione. Citigroup, per esempio, dovrebbe scendere dai 5 miliardi impegnati in passato a circa 3,5 miliardi.
Una tassa da 19 miliardi di dollari sulle banche
Forse, anche in un'ottica un po' populista, proprio per controbilanciare la non indifferente concessione realizzata sul fronte degli hedge, la commissione Senato-Camera ha votato a sopresa anche una tassa da 19 miliardi di dollari sull'industria bancaria. Si tratta di un balzello che i Repubblicani indicano come ingiusto. Ma i Democratici lo hanno giustificato, richiamandosi ai costi della riforma stessa. Barney Frank, presidente della commissione, ha specificato che: «le banche con più di 50 miliardi in asset e gli hedge fund con più di 10 miliardi potrebbero essere i soggetti tassati». Bisognerà vedere in che modi e in che tempi...
I broker nell'interesse dell'investitore...
Ma non sono solo balzelli. Tra le indicazioni approvate dai rappresentati delle due camere del Parlamento, c'è quella che concede alla Sec (la Consob americana) il potere di chiedere al broker di proteggere l'interesse dell'investitore quando lo stesso operatore dà dei consigli . Di fatto, si tratta di una sorta di dovere simile a quello già in capo ai consulenti finanziari.
...e il Bureau in difesa del consumatore
Sempre in un'ottica di difesa del consumatore è stata, poi, prevista l'istituzione del Consumer Financial Protection Bureau: si tratta di un'agenzia, istituita presso la Federal reserve che dovrà svolgere una funzione di vigilanza sugli abusi realizzati ai danni del retail attraverso i prodotti finanziari.
Il Financial council per evitare il rischio di sistema
Senza dimenticare, infine, la creazione del Financial Stability Oversight Council, un super regulator che dovrà controllare le più grandi banche di Wall Street per evitare e ridurre il rischio di sistema. Un'istituzione che sarà guidata dal ministero del Tesoro e che vedrà il coinvolgimento anche degli uffici di altre agenzie governative.
Una battaglia non semplice
Fin qui gli elementi essenziali della riforma. Una normativa che potrà anche non soddisfare ma che, non può negarsi, è stata oggetto di una durissima battaglia da parte delle lobby di Wall Street che in tutti i modi hanno tentato di ostacolarne l'approvazione e di annacquarne i contenuti. Un pressing che ha comunque prodotto i suoi risultati.
Le concessioni alle lobby di Wall Street
Al di là del tema degli hedge fund, basta ricordare come la proposta sui derivati da parte della senatrice Blanche Lincoln, presidente della Commissione agricoltura del Senato, prevedesse il bando dell'attività sui derivati per le banche. Un'idea estrema che aveva trovato una fortissima opposizione nel Parlamento stesso: un gruppo di centristi democratici fino all'ultimo ha minacciato di astenersi dal voto, se le indicazioni della Lincoln non fossero finite in soffitta. Ovviamente così è stato, per buona pace dei lobbisti e dei banchieri.
Alla fine una finta-riforma?
La critica pare eccessiva. Si potranno sottolineare i molti punti deboli; si potranno rilevare le troppe eccezioni e un'attenta analisi rileverà l'eccessiva "connessione" dell'entourage economico di Obama con Wall Street. Ma una cosa è innegabile: gli Stati Uniti, da dove è partita la grande crisi, hanno finalmente trasformato le troppe chiacchere in realtà, dando vita all'accordo sulla nuova legge che, salvo colpi di scena imprevedibili, sarà approvata dal Congresso.
In Europa, invece, si continua a solo a discutere tra chi ha le idee migliori e a mandare lettere congiunte.
Con l'eccezione del nuovo governo inglese che ha deciso l'imposizione di una tassa sulle banche. Passare dalle parole ai fatti è sempre e comunque una buona cosa.












La Cina sempre più locomotiva del mondo: dal modello esportazioni a quello consumi interni

Torino, 25 giugno 2010

Vale la pena di riportare quanto pubblicato venerdì scorso 25 giugno dall' International Herald Tribune sulle potenzialità di una Cina che da un modello economico basato sulle esportazioni possa passare ad un economia basata sui consumi interni.
Ecco il testo:
Per anni i leader cinesi hanno “trasferito” milioni di lavoratori poveri dall'interno del paese sulle coste come motore di una economia di esportazione ruggente. Ma i funzionari del partito comunista cinese pensano ad una svolta: i cinesi devono iniziare ad acquistare in massa i prodotti da essi stessi fabbricati, fare la spesa con i loro stipendi per il rossetto e la biancheria, le sedie da giardino in plastica e i televisori al plasma. I funzionari cinesi li vedono come perno centrale della Cina lontano da un modello asimmetrico economico che si basa troppo pesantemente sul consumo degli stranieri. Ma la mossa della Cina questa settimana per rendere la sua moneta, il renminbi, più flessibile e l’apparente tolleranza delle autorità verso scioperi di fabbrica recenti che hanno portato ad aumenti salariali significativi sembra essere davvero un significativo segnale che i leader cinesi potrebbero essere intenzionati sul serio a ridisegnare il nuovo modello economico della nazione. Con la valuta cinese più flessibile ci saranno ora meno pressioni a livello internazionale. Ma ci sono anche importanti considerazioni di carattere interno. La rottura del renminbi di fatto di cambio fisso con il dollaro può portare la moneta cinese ad acquistare valore rendendo le esportazioni cinesi un po’ meno competitive nel mercato globale ma potrà rafforzare il potere d'acquisto dei consumatori cinesi. Allo stesso modo le politiche governative per incoraggiare gli aumenti salariali per i lavoratori poveri - vi sono circa 150 milioni di lavoratori migranti nelle città - potrebbe anche stimolare il consumo. "L'atteggiamento del governo centrale verso l’aumento dei salari è senza dubbio positivo perché è direttamente legato a favorire il consumo interno e la ristrutturazione dell'economia ", ha detto Liu Cheng studioso di diritto del lavoro a Shanghai Normal University. " Per molto tempo la crescita dei salari è rimasta indietro rispetto alla crescita economica e che ha costretto la Cina a continuare a dipendere dalle esportazioni".  I leader cinesi non hanno scelta se non quella di riformare il modello. Per prima cosa il pool di manodopera a basso costo si sta prosciugando e la popolazione cinese da 15 a 24 anni di età ha già raggiunto il picco e continuerà a diminuire nel prossimo decennio anche se la Cina dovesse cambiare la sua politica del figlio unico, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite. Altrettanto importante è che i giovani lavoratori non sono più disposti a fatica alle stesse condizioni tollerate dalla manodopera di un decennio fa. Alcuni leader cinesi si sono fatti portavoce negli ultimi mesi circa la necessità di aumentare i consumi delle famiglie. Li Keqiang, il vice primo ministro che è visto come un probabile successore a Wen, ha sottolineato come una priorità “I consumi interni” negli indirizzi pubblici di quest'anno. Il 1° giugno un giornale ufficiale del Partito comunista ha pubblicato un articolo del Maestro Li dove viene scritto che "il consumo dei cittadini è sempre più la chiave per espandere la domanda interna". Aumentare i salari è solo una delle numerose azioni che il governo deve prendere se vuole stimolare i consumi delle famiglie. Il tasso di risparmio in Cina è molto superiore a quello nelle nazioni occidentali, almeno in parte, perché la gente può contare su risparmi per finanziare gran parte della loro istruzione e la sanità. Nel gennaio 2009 la Cina ha annunciato l'intenzione di spendere 123.000 milioni dollari entro il 2011 per istituire l’assistenza sanitaria universale per i suoi 1,3 miliardi di persone ma il piano è ampiamente sotto finanziato. Porre un tetto di inflazione è fondamentale. Bassi salari hanno contribuito a tenere il tasso di inflazione basso nonostante anni di straordinaria crescita a doppia cifra e investimenti governativi in grandi progetti. Ma in maggio, l’Indice dei prezzi al consumo è salito fino al 3,1 per cento dal precedente maggio mentre il governo vuole la media del 2010 ad un tasso non essere superiore del 3 per cento. Questo è stato probabilmente l’unico fattore che ha spinto la People's Bank of China ad annunciare sabato scorso che il renminbi sarebbe diventato più flessibile. Gli analisti dicono che la rivalutazione monetaria da sola non frenerà le esportazioni della Cina anche se molto meno concorrenziali. Da metà 2005 a metà del 2008 il renminbi si è apprezzato del 21 per cento nei confronti del dollaro degli Stati Uniti ma la Cina ha potuto contare su un avanzo commerciale con gli Stati Uniti che ha continuato a crescere in media del 21 per cento nello stesso periodo. Negli ultimi mesi, le esportazioni cinesi hanno mostrato una forte ripresa con quasi il 50 per cento di crescita anno su anno a maggio. I funzionari cinesi ovviamente si sono sentiti abbastanza sicuri di poter continuare su questa strada e sono andati avanti con il passaggio ad una valuta più flessibile. Inoltre la crescita economica della Cina delle esportazioni è dipesa dagli investimenti guidata dallo Stato in particolare la costruzione di infrastrutture ma che porta anche a grandi rischi secondo alcuni analisti. Lo stimolo alla spesa e un aumento dei prestiti delle banche di Stato durante la crisi economica ha contribuito sì a portare la Cina a superare la crisi. Ma l’eccesso di prestiti ha accentuato le pressioni inflazionistiche e un’impennata del mercato immobiliare che il governo centrale sta cercando di raffreddare.
Victor Shih, Professore associato presso Northwestern University che studia l'economia politica della Cina ha detto che una parte significativa di 1.600 miliardi dollari che è stato prestato a società gestite da amministrazioni locali “è probabile che si accumulino sotto forma di prestiti cattivi e che presentano un rischio per le banche statali e quindi per l'intera economia. Ci sarà un costo grande. La Cina sta cercando di ricapitalizzare le banche prima che un sacco di questi prestiti cattivi possa apparire nei bilanci ".
Come nel caso di dipendenza dalle esportazioni alcuni leader cinesi stanno iniziando a vedere il pericolo e hanno iniziato a rallentare i prestiti bancari.  Ma i progetti di infrastrutture efficaci sono letteralmente la strada per gli aumenti salariali diffusi in tutta la Cina e quindi atti a favorire un maggiore consumo interno. C’è stata un'esplosione di autostrade e linee ferroviarie nelle province centrali interne con società che ora hanno più stabilimenti che operano in tali zone dove i costi sono inferiori. Alcuni operai al suo interno stanno vedendo aumentare i salari alle tariffe identiche a quelle sulla costa oppure a tassi ancora più elevati .
Anne Stevenson- Yang, capo dell'ufficio di Pechino di Cuneo MKI, una società di analisi di capitale, ha detto che la sua ricerca in almeno 15 imprese in tutta la Cina ha confermato che alcuni nell'interno hanno ottenuto fino al 30 per cento in più quest'anno, un tasso superiore a quello sulle coste. Ma i salari sono ancora più bassi in assoluto negli interni facendo sì che sempre più aziende manifatturiere a basso margine si insediano lì tanto più che le amministrazioni provinciali sulla costa favoriscono l’insediamento di  imprese di fascia alta. In teoria molti operai non dovranno più affluire verso la costa e il consumo interno crescerà un po’ dappertutto portando ad una crescita economica più uniforme in tutta la Cina.
La signora Stevenson - Yang ha detto: "Probabilmente le città fabbrica - dormitorio degli anni '80 scompariranno" e la gente un giorno potrà pensare, 'Wow, che cosa era tutto questo? “.

La Ue lavora per la crescita con "Europa 2020"

Torino, 24 giugno 2010

Forse in modo un pò soft e con poca attenzione da parte dei media su quanto accaduto il 17 giugno scorso a Bruxelles l'Europa guarda al suo futuro ridisegnando la sua "road map" per la crescita. Si è tenuto infatti  un incontro tra i Paesi membri per il varo di "Europa 2020", una nuova strategia decennale per l'occupazione e la crescita, che promuoverà la realizzazione di riforme strutturali. Nella riunione del Consiglio europeo è stata ribadita la determinazione ad assicurare la sostenibilità dei bilanci, confermato l'impegno di assicurare la stabilità finanziaria e convenuto sulla necessità di rafforzare il coordinamento delle politiche economiche.
Per quanto riguarda "Europa 2020", con i suoi cinque obiettivi principali quantificati, gli Stati membri valuteranno nei prossimi mesi in che modo sia possibile mobilitare specifiche politiche per sbloccare il potenziale di crescita dell'Unione europea, a partire dalle politiche di innovazione ed energetiche. Gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo potrebbero essere portati al 3 % del PIL.
I leader ritengono che le necessarie riforme della regolamentazione dei servizi finanziari debbano essere completate con urgenza. "La nostra priorità è disporre di un sistema bancario solido e sano," ha affermato Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo. Al fine di garantire la resilienza e la trasparenza delle banche, i risultati degli stress test svolti dalle autorità di vigilanza bancaria saranno pubblicati al più tardi nella seconda metà di luglio.
Il Consiglio europeo ha altresì convenuto che gli Stati membri debbano introdurre sistemi di prelievi a carico degli istituti finanziari per assicurare un'equa ripartizione degli oneri in caso di crisi. Nel prossimo vertice del G20 a Toronto l'UE proporrà l'introduzione di siffatte misure a livello mondiale.
I leader dell'UE hanno dichiarato che l'Islanda soddisfa i criteri politici per l'adesione all'UE e hanno deciso che debbano essere avviati i negoziati di adesione. Per quanto riguarda l'allargamento dell'eurozona, l'Estonia rispetta tutti i requisiti di convergenza e dovrebbe essere pronta ad adottare la moneta comune il 1º gennaio 2011.

Segnali di ripresa ? Sì e no

Torino, 19 giugno 2010

Settimana interessante con qualche spunto di riflessione dal punto di vista delle intenzioni dei Governi e dai dati macroeconomici.
1) Due importanti affermazioni di Obama
a) Svolta a favore di un nuovo modello di sviluppo basato sulla green economy
b) Regole nuove per il sistema finanziario e concertazione al prossimo G20 di Toronto il 26 e 27 giugno per rilanciare la crescita
In effetti al di là di un buon primo trimestre 2010 dell'economia Usa (Pil + 3,2% sul trimestre precedente annualizzato) permangono alcune preoccupazioni di base. Obama dice "Sono preoccupato per la debole domanda del settore privato e la continua forte dipendenza sulle esportazioni di alcuni paesi con già ampi surplus commerciali. Nel caso in cui la fiducia nella forza della nostra ripresa economica diminuisca, dobbiamo essere preparati a rispondere velocemente e con la forza necessaria per evitare un rallentamento dell'attività economica. La nostra capacità di crescere senza gli eccessi che hanno messo le nostre economie a rischio due anni fa richiede che acceleriamo gli sforzi per completare la necessaria riforma finanziaria. E' necesario risolvere le incertezze in corso sulla trasparenza dei bilanci delle banche e sull'adeguatezza del loro capitale, soprattutto in Europa, perchè ciò aiuterà a ridurre la volatilità dei mercati finanziari e i costi di finanziamento.

2) Ue, Merkel, Sarkozy a favore di una tassazione per le banche
Per Barroso, presidente della Commissione Ue, la tassazione sulle banche è la strada giusta e rientra in una sorta di "rivoluzione silenziosa" che l'Unione Europea sta portando avanti, ma non è detto che al prossimo G20 tutti i leader la accetteranno. La proposta, ha affermato Barroso, darà sicurezza su eventuali rischi futuri e non graverà sulle banche, che alla fine si organizzeranno con dei fondi di emergenza.
Tuttavia molti stati membri hanno fatto chiaramente capire di non essere d'accordo in quanto le banche dei propri paesi non hanno mai avuto problemi. Ma non è detto che non li avranno in futuro.
3) Stress Test per le banche
Singolare ma utile iniziativa quella di utilizzare un metodo di "comunicazione pubblica" sulla trasparenza dei bilanci delle banche. Per quanto riguarda gli Stress Test il presidente della Commissione Ue ha ribadito che a luglio verranno resi pubblici i risultati su 25 istituti bancari transnazionali ma l'obiettivo è di coinvolgere molti più istituti. Lo Stress test della banche nasce negli Usa da parte della Federal Reserve americana ed è  un programma di valutazione per determinare se le organizzazioni bancarie più grandi degli Stati Uniti hanno capitale sufficiente a reggere l'impatto di un ambiente economico più difficile rispetto a quanto attualmente previsto. Draghi ha affermato che L'Italia ha un sistema finanziario in buone condizioni e ha tutto da guadagnare con la pubblicazione dei risultati degli stress test condotti sulle principali banche europee per valutarne la salute finanziaria e ristabilire la fiducia degli investitori. E' una procedura che ha sostenuto fin dall'inizio e che dice che eseguiremo anche in Italia. "Noi abbiamo tutto da guadagnare perchè i Paesi con una buona struttura finanziaria hanno tutto da perdere da un contagio". Anche per Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, terza banca europea per capitalizzazione, è utile condividere la posizione del governatore: "Penso che per i Paesi con banche forti la pubblicazione degli Stress Test sia assolutamente una buona cosa. Lo è per tutti ma, certamente, per l'Italia".
4) Produzione italiana in ripresa ma con il settore degli autoveicoli in calo di ordini.
Come al solito le statistiche possono essere viste come il bicchiere "mezzo pieno o mezzo vuoto". Da un lato il dato uscito dall'Istat l'altro giorno segnala che la produzione industriale ha registrato ad aprile un aumento congiunturale dell'1%, secondo l'indice destagionalizzato misurato dall'Istat. La crescita tendenziale è stata del 7,8% la più alta da dicembre 2000. In quattro mesi l'incremento è stato del 4,4%. Sulla base degli elementi finora disponibili, l'indice della produzione industriale destagionalizzato è salito in aprile dell'1,0 per cento rispetto a marzo 2010; la variazione della media del trimestre febbraio-aprile rispetto a quella dei tre mesi precedenti è pari a più 1,4 per cento. Nel confronto tra il periodo gennaio-aprile 2010 e lo stesso periodo dell'anno precedente vi sono stati incrementi dell'8,1 per cento per i beni intermedi, del 3,3 per i beni di consumo (più 4,2 per cento i beni non durevoli, meno 1,1 per cento i beni durevoli), del 2,4 per cento per l'energia e dell'1,3 per cento per i beni strumentali, aumenti in tutti i raggruppamenti principali di industrie: più 10,7 per cento per i beni intermedi, più 5,0 per cento per i beni di consumo totale (più 6,0 per cento i beni non durevoli, più 0,6 per cento i beni durevoli), più 4,1 per cento per l'energia e più 2,8 per cento per i beni strumentali. Per contro se il fatturato del settore autoveicolistico ad aprile è aumentato del 3,9% rispetto allo stesso mese del 2009 gli ordinativi, che ci danno indicazioni sul fututo a breve - medio termine, hanno registrato una flessione del ben 13,3% !!
Dunque spiragli di ripresa sì ma, come detto più volte e ribadito da opinion leaders importanti, la crescita non sarà comunque come nelle crisi precedenti a V cioè almeno veloce come è stata la caduta. Bisognerà attendere molti segnali in più prima di poter dire che siamo usciti dalla recessione. Anche lo stesso Draghi l'altro giorno ha ammesso questa possibilità con un "LO SPERO".


Dove va l'euro ?

Torino, 16 giugno 2010

Con un pò di soddisfazione posso dire (per il momento) che l'analisi contenuta negli ultimi miei Post dal titolo "Euro: è poi così malmesso ? " del 9 giugno e ancor più quello del 24 maggio "Si è stabilizzato il rapporto euro dollaro ?" dimostrano con i dati di oggi (ore 10,10 mentre scrivo euro vs $ = 1,2273) che dal minimo di VENERDI' 4 GIUGNO DOVE IN CHIUSURA HA TOCCATO IL MINIMO DA 4 ANNI A 1,1965 in poco tempo ha ripreso a risalire. Le tesi esposte nei miei Post soprattutto con l'ausilio dei numeri sono suffragate da quanto ascoltato lunedì al Centro Einaudi di Torino dove in un incontro dal titolo "A che punto è la crisi. Risanamento, scetticismo, speculazione" i tre relatori, il professor Mario Deaglio dell'Università di Torino, l'analista finanziario Giorgio Arfaras e l'economista di economia reale Giuseppe Russo sono giunti alle mie stesse conclusioni. Incertezza assoluta su quello che può accadere nel breve medio termine tra due scenari alternativi: uno più pessimistico e un altro diciamo più conservativo. Nel primo si vedono tensioni sociali, non controllo del debito pubblico e crescita minima o addirittura deflazione. L'altro intravede una crescita lenta e discontinua, fattori sociali superabili ma da ridisegnare nel lungo termine per sopportare una riqualificazione della spesa pubblica tenuta tutto sommato sotto controllo. Ma il punto a mio avviso più interessante delle relazioni è stato quanto ribadito da Deaglio e Arfaras sul perchè PAESI COME STATI UNITI, GIAPPONE E REGNO UNITO CON UN DEBITO PUBBLICO DA BRIVIDI E SUPERIORE A QUELLO DEI PAESI EURO non debbano scontare una perdita delle loro valute rispetto all'euro. I dati su Deficit/Pil e Debito/Pil Usa e Paesi Euro sono contenuti nel mio Post del 24 maggio mentre vi ricordo i dati, rispettivamente, di Uk e Giappone presunti al 2010: Deficit/Pil 13,2 e 11,0  - Debito/Pil  79,5 e 227,0. Ricordiamoci sempre che per i Paesi Euro il tetto massimo previsto dal trattato di Maastricht tra Debito Pubblico/Pil NON DEVE ESSERE SUPERIORE AL 60%. La stima attuale per il 2010 per Eurolandia del Debito/Pil è del 84,7 %.
E' chiaro che rimane in piedi l'attendibilità e l'efficacia delle misuire intraprese e i loro risultati e la possibilità di scontare una ripresa economica che faccia sì che le entrate dei rispettivi Stati europei zona euro siano sufficienti a tamponare almeno le uscite strutturali. Altrimenti per quanti sforzi si facciano il differenziale tra entrate ed uscite non potrà certo migliorare. Per il momento anche i large speculators e gli Hedge Funds sembrano coprirsi sull'euro sul mercato future delle valute di Chicago rispetto ai mesi precedenti. (http://www.cmegroup.com/)
Stiamo in guardia  per vedere se l'Euro per quest'anno ha già toccato un minimo !!!

Per il Piemonte 400 milioni di euro per la ripresa

Torino, 13 giugno 2010

Qualche novità di rilievo in arrivo nella nuova settimana ? In assenza di dati rilevanti peschiamo qua e là dalle news economiche e vediamo se c'è qualcosa di tangibile che aiuti la ripresa.
Per il Piemonete il Presidente della Regione Cota investe su lavoro e piemontesi
da La Stampa online di oggi:
"Mercoledì prossimo alle parti sociali verrà presentao il Documento per lo sviluppo del Piemonte" e c’è la cifra complessiva che la Regione metterà in campo per sostenere e creare nuova occupazione:
400 milioni di euro ( + 70 dal bilancio di assestamento), tra fondi regionali, statali e comunitari. Anche la Fondazione Crt e la Compagnia di San Paolo hanno assicurato un contributo economico.
QUATTRO GLI ASSI D'INTERVENTO  costruiti con il contributo delle categorie economiche e sociali.
Il primo è legato alle politiche attive del lavoro che saranno finanziate con 200 milioni di euro. Fondi da spendere subito per contenere gli effetti di una crisi che, pur tra alcuni segnali incoraggianti, nel corso dell’anno potrebbe continuare a cancellare posti di lavoro. Un piano per l’emergenza, dunque, ed è «ovvio che poiché si tratta di risorse regionali cercheremo di dare la priorità ai lavoratori piemontesi» ha spiegato il governatore. In questo pacchetto rientrano gli interventi per la cassa integrazione in deroga e, con ogni probabilità, anche la sperimentazione dei voucher formativi da consegnare direttamente al lavoratore. E poi ci sono i provvedimenti per la stabilizzazione dei precari - a partire dagli insegnanti - e gli incentivi per le imprese che si impegnano ad assumere.
Il secondo è il «Piano per la competitività» che dovrebbe contare su un fondo di 180 milioni di euro con l’obiettivo di «valorizzare le eccellenze» coinvolgendo anche le Università del Piemonte e il Politecnico di Torino. All’interno del pacchetto sarà rilanciato lo strumento del contratto di insediamento con una riformulazione dei parametri che dovrebbero garantire un punteggio maggiore alle aziende che si impegnano non solo a creare ma anche a mantenere l’occupazione. Fanno parte di questo secondo asse anche le azioni per l’innovazione - finanziamenti attraverso un voucher - e per l’internazionalizzazione delle imprese.
Il terzo  non prevede investimenti milionari - solo un milione di euro - ma rappresenta uno dei motori del piano perché attraverso la creazione di una task force di dipendenti regionali avrà il compito di semplificare tutte le procedure e gli iter amministrativi che ingessano il rapporto tra la macchina burocratica e le imprese. Si partirà dalla riformulazione dei bandi per l’assegnazione dei contributi, «perché è assurdo che una piccola e media impresa debba pagare un consulente per dover accedere ad un finanziamento pubblico». L’obiettivo è di assicurare la più ampia partecipazione delle imprese, soprattutto le piccole e medie, e l’immediata applicabilità delle misure messe in campo per evitare che i fondi stanziati restino congelati a causa della burocrazia.
Il quarto punta ad assicurare l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese. Interventi che si stanno perfezionando e che possono contare su un fondo di circa 20 milioni di euro. Cota e l’assessore Giordano hanno più volte assicurato che pur in presenza di una situazione di riduzione delle risorse a disposizione la Regione ha lavorato per assicurare i finanziamenti al piano.
Più di 70 milioni di euro arriveranno con l’approvazione da parte del Consiglio regionale del bilancio di assestamento del 2010. E poi ci sono i fondi comunitari che arriveranno utilizzando i residui di precedenti bandi e con la presentazione di nuovi progetti.

Euro: e poi così malmesso?

Torino, 9 giugno 2010

Sarà forse un rimbalzo e dopo cotanta discesa un rialzo dell'euro vs dollaro ci può anche stare. Oggi mentre scrivo (ore 20.15 Greenwich time -1h) ) il cross rate è di 1,2006 contro il minimo di 18,75 del 7 giugno. Ma forse un'analisi più costruttiva ci può dire che l'economia non essendo una scienza esatta e vivendo di umori, attese ed aspettitive (queste ultime fondamentali nel linguaggio economico) può mutare "d'indirizzo" rapidamente. Mister Roubini per il quale nutro grande stima tanto da averlo negli items del mio Blog preconizza un rapporto 1:1 euro vs dollaro nel 2011 in un recente articolo del Il sole 24 ore (cfr http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-06-05/intervista-roubini-euro-parita-154200.shtml?uuid=AYkToIwB). Ha ragione o è troppo pessimista ? Alla domanda del giornalista intervistatore "C'è chi ritiene che se i Paesi della zona euro non riusciranno a fare un salto di qualità nell'integrazione politica, anche l'unione monetaria è destinata a fallire. Lei cosa pensa? Roubini risponde (ed è a mio avviso il cuore dell'intervista su cui poi ragionare):
«L'euro potrà sopravvivere se le istituizoni comunitarie e gli stati membri saranno in grado non solo di ridurre deficit ormai insostenibili, ma anche di far ripartire la crescita. L'austerità è solo uno degli strumenti per affrontare la crisi. La vera sfida è la crescita. Se non c'è crescita economica non si evita la recessione e non si evita il disastro economico e finanziario. Quindi non basta discutere di austerità fiscale ma occorre parlare delle misure per rilanciare l'economia reale. Questa è la sfida. Se queste cose, per quanto difficili, saranno realizzate l'unione monetaria potrà sopravvivere, se non saranno fatte l'unione monetaria può saltare».
Ecco davvero il nodo.
Fase 1 Risanamento Conti Pubblici
Da quanto appare in questi giorni sui media del mondo l'Europa (Germania in testa) sta facendo davvero quello che, come scritto nel mio Post precedente, nessuno in altri momenti avrebbe OSATO  DIRE  E FARE !! Aspettiamo alcune settimane e vediamo se sapranno rendersi credibili sul fronte di un duro risanamento per abbassare i rapporti deficit/pil e soprattutto debito/Pil. Se il profilarsi per i trimestri prossimi e per il  2011 - 2012 è di un risanamento importante, soprattutto da parte di chi ne ha più bisogno (a parte i casi limite di Grecia e Portogallo ma Spagna ed Italia certamente sì) insieme a chi è più virtuoso, potremo dire che una strada di stabilizzazione per l'euro si è in una sua significativa parte trovata.
Fase 2 Ripresa
Ecco il secondo aspetto del problema euro. Certamente per chi conosce il Sistema Paese Usa e quello europeo non c'è dubbio che gli Stati Uniti sono in grado di mettere a segno, come è successo in certi momenti della sua storia economica, tassi di incremento del Pil trimestrali anche superiore al 6% !! E' un economia più dinamica senza troppi lacci e lacciuoli. E non c'è dubbio che l'Europa fa più fatica a creare delle accelerazioni così violente.  Ma in un'economia globalizzata chi può dire se con un euro su questi livelli le esportazioni posso incominciare a fare da traino? I sistemi produttvi in Europa, pur differenti e differenziati tra Paesi, anche se ormai sempre più integrati in una filiera internazionale hanno peculiarità  che l'hanno resa famosa per qualità e stile. Dovè il vulnus (negatività) e la nicchia di produzione e/o servizi (positività) che saprà rendere l'Europa davvero competitiva sulla scena mondiale?
Dunque ha ragione Roubini quando pensa che senza i due aspetti sopra menzionati con l'euro non si va lontano. A mio avviso ha meno ragione quando come molti studiosi d'oltre manica (spesso molto spocchiosi) e d'oltre oceano  guardano con sufficienza e diffidenza alla vecchia Europa continentale non credendola capace di reali spunti innovativi. Hanno ragione ? Si sbagliano ? Molto dipenderà in effetti da cosa è oggi l'Europa e cosa vorrà fare "da grande" senza assolutamente perdere le sue caratteristiche peculiari e storiche di una cultura industriale assolutamente invidiabile.




La speculazione sull'euro è esagerata

Torino, 5 giugno 2010

Che i problemi relativi all'euro siano legati ai deficit e debiti pubblici è anche vero ma diversi sono i motivi a mio avviso dell'attuale perdita di valore rispetto al dollaro che però NON SI GIUSTIFICA COSI' TANTO SUL PIANO DEI NUMERI come dimostrato nel mio Post del 24 maggio 2010 "Si è stabilizzato il rapporto euro dollaro ?" (riguardare i numeri perchè utile!!)
1) Valutazioni numeriche
a) Le monete facenti parte il paniere euro si riferiscono ai  16 Paesi aderenti su 27 dell’Unione Europea
b) Il Pil dell'Unione a 27 Paesi (dati 2008) è stato di 12 504 miliardi di euro ma se tradotto in $ (dato medio cross rate 2008 = 1,4500) risulta essere di oltre 18.000 $ abbastanza superiore al Pil Usa 2008 (circa 14.000 mld di $).  I Paesi che aderiscono all’euro hanno un Pil all’interno della stessa UE di circa il 75 % del Pil totale Ue e quindi, espresso in $ 2008, sono più o meno allo stesso livello del Pil Usa; dunque da questo punto di vista NON C'E' SPEREQUAZIONE NEL LIVELLO DI RICCHEZZA (valore aggiunto) tra Eurolandia e Usa
c) Con i dati riportati nel mio Post del 24 maggio si evidenzia che sia il rapporto deficit/Pil che debito/Pil è a vantaggio dell'euro.
2) Valutazioni d'opportunità
a) Le crisi dei debiti pubblici che attanagliano di più l'euro riguardano Paesi che pesano poco sul Pil di Eurolandia come Grecia e Portogallo (la Spagna pur con un recente declassamento non è di certo nelle stesse condizioni) o addirittura ne sono fuori come l'Ungheria con l'allarme di venerdì 4 giugno.
b) Ammetiamolo !!! In un momento di crisi globale dove per un pò i consumi tireranno poco fa comodo all'Europa  avere un euro debole per contare almeno sulle esportazioni rese più competitive. Qui qualcuno (media in testa, imprenditoria) ci marciano abbastanza ed è più che lecito.
c) Per non sfigurare sulla poca competitività del sistema europa poco si parla e si è parlato delle dinamiche economiche e sociali, dove c'è ripresa, in testa nei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). Non cercate sulla stampa europea grandi analisi dedicate al secondo summit che si è tenuto a metà aprile a Brasilia. Interessanti studi sull'area Bric li si devono a  Jim O’Neill curato per Goldman Sachs (link: http://www2.goldmansachs.com/ideas/brics/brics-dream.html)
3) Valutazioni politiche (ed economiche connesse)
a) Agli Stati Uniti conviene da un pò di tempo in qua riposizionarsi sulla scena internazionale con un dollaro più forte. Potere contrattuale e leadership sono andate scemando dalla fine del mandato di Bush ad oggi
b) Come ricordato in alcuni precedenti miei Post non si può dimenticare il potere di cui godono certe lobbies e potentati economici d'oltremanica e d'oltreoceano superiori alla volontà e alle decisioni pur lodevoli dei governi europei o della Commissione Ue. Ogni volta che si parla di questi aspetti non può non tornare alla mente quanto scritto nel mio Post del  1 marzo 2010 che riportava nullaltro che le notizie di agenzie di stampa del 27 febbraio: " E’ ufficiale: è partita la speculazione contro l’euro !!!! Soros lancia la sfida: vuole il crollo dell’euro come con la sterlina nel ’92. Alcuni potenti Hedge Fund Usa “scommettono” sulla caduta dell’euro fino alla SUA PARITA’ CIOE’ 1 A 1, oggi mentre scrivo, 1 marzo 2010 è 1,3624). Inciso di oggi sabato 5 giugno: SE PENSIAMO CHE IERI VENERDI' 4 GIUGNO IN CHIUSURA HA TOCCATO IL MINIMO DA 4 ANNI 1,1965 !! forse stanno manovrando davvero alla grande !! ) .... Continua la decrizione del Post del 1 marzo: "La decisione sarebbe stata presa nel corso di una cena esclusiva ospitata da una nota piccola ma qualificata banca d’investimento all’inizio del mese presso una townhouse di Manhattan presente George Soros, sì filantropo ma anche grandissimo speculatore, che riuscì a far crollare per un breve tempo la sterlina nel ’92."

Anche il fatto che i deficit e ancor più i debiti pubblici sul Pil dell'Europa siano in crisi non è un fatto di oggi. Già negli anni '70 Ugo La Malfa straordinario uomo politico per competenza ed onestà intellettuale (perchè inviso ad una certa classe politica veniva chiamato "Cassandra" solo perchè lungimirante sui Conti Pubblici) avvisava che si viveva al di sopra di quanto il reddito disponibile permettesse e fosse in parte drogato da un eccesso di liquidità che non trovava riscontro nella produzione di beni e servizi reali ma basato su una crescita del disavanzo pubblico. E' arrivata con la crisi 2008 - 2009 LA GOGGIA CHE HA DATO LA STURA AL VASO DELLE RIFORME FORTI IN EUROPA CHE NESSUNO AVEVA AVUTO IL CORAGGIO DI INTRAPRENDERE IN QUASI 40 ANNI !!!
LA SITUAZIONE NEGATIVA TRA IL 2007 E IL 2010 HA CREATO LA MICCIA PER UNA DECISIONE COLLETTIVA EUROPEA CHE FORSE IN ALTRI CONTESTI NON SI SAREBBE MAI PRESA !!! 

Aspettiamo adesso però quanto ricordato ieri al G20 in Corea da Tremonti su un fatto che non è prettamente economico ma il solo che può aiutarci a farci uscire dalla crisi o quantomeno a portare la società civile a creare ricchezza in modo congruo e secondo le regole del "buon padre di famiglia".
Insomma tornare a fare economia come una volta !! Come recita il Comunicato finale del G20 Integrità, correttezza  e trasparenza !!!!! Saranno per molti solo parole ma in questo preciso contesto storico sono davvero la nostra ANCORA DI SALVEZZA !!!!