Prendendo spunto dal Titolo del mio Blog vorrei sottoporvi una bella sintesi di un workshop tenutosi il 13 aprile scorso a Bologna. (Nel titolo il link al Club dei Distretti Industriali Italiani).
E il focus sull'eteregeneità del territorio è uno dei principali risultati che emergono dalla seconda edizione del workshop "Le regioni italiane: ciclo economico e dati strutturali – La specializzazione produttiva, il territorio e l'uscita dalla crisi" realizzato grazie alla collaborazione tra l'Ufficio Studi della Divisione Retail di UniCredit, Banca d'Italia e l'Associazione RegiosS.
Ecco da Uninews di Unicredit il testo:
Dai lavori di ricerca risulta evidente come la crisi abbia colpito maggiormente il Centro-Nord, in particolar modo le regioni con una forte vocazione al commercio con l'estero.
Inoltre, si è registrato un effetto ritardato, ma pesante e perdurante, sul mercato del lavoro, che sta provocando una forte riduzione degli occupati, in particolare di quelli di tipo precario e del settore industriale.
Gli studi presentati evidenziano tuttavia alcune eccezioni, ossia regioni che, pur essendo molto presenti sul mercati internazionali, hanno registrato una maggiore tenuta a fronte del crollo del commercio mondiale: Lombardia e Veneto al Nord, Toscana e Lazio al Centro.
Gli effetti della crisi si sono ripercossi in modo profondamente differenziato sui territori regionali, anche a causa della diversa struttura e specializzazione produttiva della loro economia.
Tra i fattori discriminanti si annovera infatti la flessibilità del sistema produttivo: in Toscana e Lazio è stata molto elevata e queste regioni hanno sperimentato una sostanziale tenuta della struttura produttiva. Diverso il caso di Lombardia e Veneto, che hanno sofferto maggiormente nel segmento delle imprese medio-grandi, pur evidenziando una tenuta delle PMI.
In alcuni territori, tra i quali Emilia Romagna e Puglia, hanno fatto da "cuscinetto" agli effetti della crisi la filiera agro-industriale e il settore alimentare, tipicamente anticiclici.
L'impatto della crisi è risultato attenuato anche nelle regioni, come Lombardia, Veneto e Lazio, in cui è presente un saldo positivo strutturale nel commercio interregionale. Questi territori sono quindi meno dipendenti dall'andamento dei mercati internazionali e maggiormente in grado di sfruttare la domanda interna.
La crisi si è riflessa con una notevole forza anche sul comparto creditizio. La dinamica dei prestiti alle imprese si è fortemente affievolita a seguito dell'agire di fattori sia dal lato della domanda che dell'offerta. L'offerta di credito, in particolare, si è differenziata per intensità e qualità, a seconda delle scelte delle banche in materia di organizzazione territoriale dell'attività di prestito. In generale le banche hanno accentuato l'atteggiamento prudenziale in risposta ad un peggioramento nella percezione dei rischi derivanti dalle condizioni economiche (generali, di alcuni settori/aree o di singole imprese). Inizialmente le banche locali hanno attuato politiche meno restrittive rispetto agli istituti di credito medio-grandi, mentre successivamente si sono allineate ai comportamenti delle banche di dimensioni maggiori, fino a superarle nell'intensità di restrizione creditizia nel secondo semestre del 2009.
Dopo il minimo toccato a marzo-aprile 2009, gli indicatori regionali di attività economica segnalano un quadro ancora composito ed eterogeneo ma che presenta alcuni, seppur lievi, segnali di miglioramento. Alla fine del 2009 tutte le regioni hanno avviato un percorso di recupero, con alcune che registrano un tasso di attività economica positivo (Basilicata e Calabria), mentre la maggior parte si trova in una zona di prossimità all'uscita dalla crisi, una sorta di "limbo" caratterizzato da una crescita vicina allo zero.
Alcuni elementi fanno ben sperare per i prossimi mesi, quando dovrebbe riprendere la domanda internazionale. Saranno avvantaggiate le regioni esportatrici che sono ai vertici nella graduatoria di diversificazione delle proprie vendite all'estero, sia in termini di settori produttivi che per aree geografiche di sbocco. Tra queste spicca la Toscana, che presenta il massimo grado di diversificazione su entrambi i fronti. Anche l'Emilia Romagna si caratterizza per una elevata diversificazione delle vendite all'estero. Veneto e Lombardia si distinguono come territori con una buona diversificazione settoriale delle esportazioni, mentre il Lazio si caratterizza per la diversificazione dei mercati di sbocco.
In un'ottica di rilancio delle economie locali, un'altra importante leva competitiva sarà la capacità innovativa dei singoli territori, anche in termini di "innovazione sommersa", ovvero di quella parte di attività innovativa che non viene rilevata dalle statistiche ufficiali. Infatti, le statistiche ufficiali sono basate normalmente su brevetti e spesa in R&S e non descrivono in modo esaustivo l'innovazione di prodotto. In alcuni territori, come Lombardia ed Emilia Romagna, la capacità innovativa è tale da non sfigurare nel confronto con le zone europee più avanzate, ma certamente le regioni italiane brillano maggiormente per "innovazione sommersa", come accade per il Veneto.
Complessivamente, le ricerche fanno emergere la straordinaria diversità dell'Italia, in cui non c'e una regione che sia simile all'altra. Tuttavia, non è pensabile immaginare che ogni regione tenti la propria via al recupero senza una politica nazionale.
A mio avviso, la possibilità di ripresa in Italia, poggerà quindi ancora una volta, nonostante un minor ricorso alla filiera interna (ma ormai si è attrezzata - volente o nolente - per diventare sempre più internazionale ... e il discorso vale soprattutto, come novità assoluta, anche per molte delle più piccole) su questa ricchezza tutta italiana di laboriosità , adattamento e creatività !!!!
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