Per quello che potrà succedere nei prossimi giorni sui mercati finanziari vale la pena di ricordare i due ottimi articoli di oggi usciti sull'edizioni online del Corriere e de La Stampa:
A) corriere.it a firma di Massimo Gaggi
I grandi del mondo contro Goldman
Iniziativa di Merkel e Gordon Brown. E Clinton sconfessa l’ex consigliere Summers
NEW YORK — I «grandi» del mondo contro Goldman Sachs, la banca d’affari che per decenni ha dato i suoi uomini ai governo Usa e a quelli di mezzo mondo, conquistandosi il nomignolo di «Government Sachs»: un istituto che aveva costruito una posizione di potere apparentemente inattaccabile. Dopo l’incriminazione per frode decisa venerdì scorso dalla Sec, la Consob americana, il premier britannico Gordon Brown si è detto «scioccato per la bancarotta morale delle banche d’investimento» e ha chiesto alle sue autorità di vigilanza (che pare siano già al lavoro) un’«indagine speciale» sulle attività della Goldman in Gran Bretagna, mentre anche la Germania si muove: il portavoce del cancelliere Angela Merkel ha detto che l’«authority» finanziaria tedesca chiederà notizie alla Sec e poi deciderà se procedere contro Goldman per gli affari nelle quali istituzioni finanziarie come Ikb, poi salvata dalla finanziaria pubblica di Berlino Kfw, hanno perso centinaia di milioni di euro.
L’offensiva dei governi europei potrebbe estendersi anche a Parigi, per ora più cauta, forse anche perché alcune sue banche d’affari - soprattutto Calyon e Société Générale - sono sospettate di aver condotto in passato speculazioni molto avventate usando i famigerati CDO: i derivati «sintetici» del caso Goldman. Ma il tonfo della «caduta degli dèi» di Wall Street si fa sentire soprattutto negli Usa. Barack Obama e il ministro del Tesoro, Tim Geithner, hanno evitato di commentare l’accusa di frode mossa all’istituto guidato da Lloyd Blankfein, ma da venerdì premono sull’acceleratore dell’approvazione della riforma del sistema finanziario fin qui bloccata soprattutto dalla pressione delle lobby bancarie. Già domani dovrebbe riprendere la discussione del provvedimento.
Se il governo tace, affermazioni contro la «filosofia Goldman» che hanno del clamoroso vengono da un altro grande personaggio: Bill Clinton. L’ex presidente che anche nei periodi più neri della crisi aveva sempre difeso le sue riforme degli anni ’90 ispirati alla logica del laissez faire e le scelte fare da Robert Rubin, il capo di Goldman che era diventato suo ministro del Tesoro, ieri ha cambiato rotta, giudicando errate le analisi dello stesso Rubin e di Larry Summers, l’altro suo ministro del Tesoro che oggi è alla Casa Bianca come cosigliere di Obama: «Dicevano che non era il caso di regolamentare i derivati perché questi prodotti erano così sofisticati, costosi e complessi da gestire che sarebbero stati trattati solo da pochi investitori specializzati. Avevano torto, ho sbagliato a dargli retta».
Il tardivo pentimento di Clinton è una specie di epitaffio sull’era del potere illimitato dei grandi banchieri d’affari. Ora il pendolo rischia di muoversi in modo esagerato in senso opposto, quello della demagogia e degli attacchi a testa bassa motivati da interessi elettorali: difficile, nel caso della sortita di Brown, non pensare alle imminenti (6 maggio) elezioni britanniche che lo vedono indietro nei sondaggi. E anche per Obama il caso Goldman è un’occasione preziosa non solo per scardinare la resistenza delle lobby e dei repubblicani sulla sua riforma finanziaria, ma anche per dirottare su un altro bersaglio, a pochi mesi dalle elezioni di «mid term», il malumore che ha investito il governo, soprattutto l’impopolarità della riforma sanitaria.
Da oggi, insomma, Goldman fa i conti anche con un «establishment» improvvisamente ostile. Ma ci saranno anche problemi finanziari. L’iniziativa della Sec apre, infatti, la porta a una serie, potenzialmente interminabile, di richieste di risarcimento, a cominciare da quella della Royal Bank of Scotland (ormai posseduta all’84% dal governo di Londra) che, quando acquistò l’olandese ABN Amro, pagò 840 milioni di dollari per chiudere la partita dell’esposizione assicurativa sui titoli delle operazioni ora incriminate dalla Sec.
Una situazione senza precedenti con la Goldman che rischia di finire in un gorgo di richeste di indennizzo proprio mentre la Sec l’accusa di tradire la fiducia dei clienti. E ora potrebbe toccare anche ad altre banche: «Quella che è venuta fuori — ha detto ieri James Hackney, decano della Law School della Northwestern University — è solo la punta dell’iceberg». Venerdì, dopo l’annuncio della Sec, Goldman ha perso il 13%, ma anche gli altri titoli bancari hanno sofferto.
Oggi, alla riapertura, andrà verificato il nervosismo dei mercati. Secondo fonti finanziarie e alcune inchieste giornalistiche, i derivati «sintetici» ad alto rischio come quelli maneggiati dalla Goldman sono stati usati con disinvoltura anche da istituti europei, da Ubs a Deutsche Bank, ma soprattutto dai giganti Usa: Merrill Lynch, Citi e quella JP Morgan fin qui giudicata più saggia e prudente.
Nell'inchiesta Goldman tutti i big di Wall Street - E Obama ora accelera sulla riforma della finanza
L’inchiesta su Goldman Sachs si allarga a simili operazioni finanziarie condotte da altre grandi banche di Wall Street mentre il presidente Barack Obama spinge il Congresso a varare la riforma per evitare il ripetersi di illeciti ai danni degli investitori. Le indagini condotte dalla Sec, la Consob d’America, puntano a punire la pratica di Goldman Sachs di affidare i propri clienti a hedge funds che da un lato creavano prodotti finanziari e dall’altro scommettevano sul loro fallimento. Il punto è che se la Sec accusa Goldman di aver investito 10,9 miliardi di dollari in simili meccanismi altre banche - attraverso l’hedge fund Magnetar - fecero lo stesso con circa 40 miliardi di dollari di loro clienti. Il sito Internet ProPublica, appena premiato con un Pulitzer, rivela che gli instituti convolti in comportamenti analoghi a quelli contestati a Goldman Sachs sono numerosi: JpMorgan Chase, Merrill Lynch (oggi in Bank of America), Citihroup, Deutsche Bank e Ubs sono solo i più noti. Da qui la previsione dell’editoriale del New York Times secondo cui «siamo solo all’inizio di una vasta campagna del governo contro Wall Street» perché «Goldman Sachs non è l’unica banca ad aver venduto prodotti di quel tipo».
Sebbene fino a questo momento le accuse di frode vengano sollevate dalla Sec solo nei confronti di un individuo - Fabrice Tourre, all’epoca dei fatti vicepresidente di Goldman Sachs - e non della banca nè tantomeno dell’hedge fund che gestiva i prodotti-capestro - lo scenario di un allargamento delle indagini ad altri volti di primo piano della finanza fa temere nuove flessioni degli indici quando domani riapriranno le contrattazioni. È in tale cornice che il presidente americano ha sfruttato il settimanale discorso trasmesso su YouTube e per radio al fine di affermare con forza la necessità da parte del Congresso di Washington di varare la riforma finanziaria «per evitare che si ripetano gli eccessi compiuti» con strumenti a rischio come i derivati collegati al mercato immobiliare, che furono la miccia della crisi dei mercati nel 2008.
La proposta di riforma varata dalla commissione Finanze del Senato, guidata dal democratico Chris Dodd, prevede una rigida regolamentazione dei derivati assieme alla creazione di un’Agenzia federale incaricata di tutelare i consumatori di prodotti finanziari, alla formazione di un consiglio «per scoprire le nuove minacce contro i mercati» e alla possibilità di intervenire contro la crescita a dismisura di «banche troppo grandi per cadere» capaci di travolgere l’intero sistema. Ma l’ostacolo sta nell’opposizione della minoranza repubblicana, guidata dal combattivo Mitch McConnell, che disponendo di 41 seggi su 100 ha il quorum necessario per esercitare un ostruzionismo capace di portare all’impasse l’aula.
Obama si è scagliato proprio contro i repubblicani di McConnell, accusandoli di adoperare un linguaggio «cinico e ingannevole» e di «operare assieme a gruppi di lobbisti» equiparati ai pesci piraña al fine di «evitare di adottare i provvedimenti che servono per tutelare gli investitori e i contribuenti». «Ogni giorno che passa senza riuscire a correggere i difetti dell’attuale sistema - sono state le parole del presidente - è un giorno in più nel quale esponiamo i cittadini al rischio di essere travolti da una nuova crisi». È la tesi del consigliere economico Paul Volvker, secondo cui i pericoli di una ricaduta del sistema finanziario ci sono tutti. In particolare Obama accusa l’opposizione di ostacolare la regolamentazione dei derivati e minaccia di «essere pronto a ricorrere al veto» se il testo finale della riforma non dovesse includerla. McConnell ribatte invece che il braccio di ferro è «per evitare di assegnare al governo il potere di smembrare le banche al fine di adoperare poi denaro pubblico per controllarle» con la conseguenze drastica riduzione dell’autonomia di Wall Street.
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