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Un passo in più a difesa dell'euro

Torino, 14 marzo 2011

Altro passo in avavnti per le norme UE "Salva Stati" a difesa dell'euro.
Riporto l'interessante articolo apparso ieri su ilsole24ore.com:
"Il tragico terremoto in Giappone e gli eventi in Nord Africa hanno distolto l'attenzione, ma il vertice dei capi di governo dei paesi dell'euro ha affrontato tre questioni importanti: i meccanismi a sostegno dei paesi in difficoltà, l'implementazione del Patto di Stabilità per rinforzare la disciplina di bilancio,  nuovi meccanismi per accrescere la competitività e accelerare la convergenza economica dei paesi dell'euro.
Cosa si è concluso?
Sul primo punto (sostegno ai paesi in difficoltà), il vertice ha sostanzialmente confermato le attese, e su alcuni aspetti forse è andato oltre. Le dimensioni effettive dell'Efsf, il fondo già esistente a sostegno dei paesi dell'euro, saliranno da 250 a 440 miliardi, e l'Esm, il nuovo fondo che lo sostituirà dal 2013, arriverà a disporre di 500 miliardi. Inoltre, il costo dei prestiti erogati sarà abbassato a tassi meno punitivi di quelli attuali, in linea con le modalità del Fondo monetario internazionale.
Ciò si applicherà in piccola parte anche ai prestiti già concessi alla Grecia, la cui scadenza è anche allungata a 7 anni e mezzo. Infine, in casi eccezionali entrambi i fondi, oltre a erogare prestiti ai paesi in difficoltà, potranno anche intervenire sul mercato primario del debito. Queste decisioni sono importanti, perché rinforzano gli strumenti per arginare gli episodi di contagio e riportare fiducia sul debito sovrano. Tuttavia, su altri aspetti riguardanti il sostegno ai paesi in difficoltà si poteva fare di più. L'acquisto di titoli è possibile solo per quelli di nuova emissione, e non per sostenere il debito già in circolazione - compito che quindi continuerà a toccare alla Banca centrale europea. L'intervento di entrambi i fondi (Esm ed Efsf) non sarà deciso da un organo tecnico ma dovrà essere approvato all'unanimità, e solo in circostanze che possano mettere a repentaglio la stabilità dell'intera area euro, con le prevedibili incertezze politiche che accompagneranno questa decisione.
Infine, e come già preannunciato, il debito emesso sul mercato dopo il 2013 dovrà contenere clausole di rinegoziazione per facilitarne la ristrutturazione (e sarà subordinato rispetto ad eventuali prestiti concessi dall'Esm); naturalmente ciò rende più rischioso anche il debito già in circolazione, che avrà maggiori difficoltà a essere rinnovato alla scadenza, e ciò ostacola il ritorno della fiducia.
Sul secondo punto (disciplina di bilancio), il vertice ha confermato che verranno resi operativi parametri numerici per il rientro dal debito pubblico, che però terranno conto della situazione complessiva di ogni paese, come chiesto dal governo italiano. Inoltre, è stato ribadito il principio che la legislazione nazionale dovrà rinforzare i meccanismi di controllo dei bilanci pubblici, senza però imporre un unico formato o assetto istituzionale. Entrambi i punti sono importanti e condivisibili. Ma i dettagli qui sono cruciali, e per questo dovremo aspettare le prossime decisioni
Infine sul terzo punto (competitività e convergenza), si è sostanzialmente deciso di adattare i meccanismi di peer pressure già sperimentati nell'ambito della strategia di Lisbona. Ogni governo dovrà annunciare i provvedimenti che intende adottare per rinforzare la competitività del suo paese, nell'ambito di principi guida condivisi, confrontandosi con i governi degli altri stati membri. Qui il vertice ha scelto di bendarsi gli occhi, rifiutando di ammettere che l'ambiziosa strategia di Lisbona è stata un clamoroso fallimento. È quasi certo che lo stesso accadrà a questa parte del "Patto per l'Euro". La peer pressure non basta per adottare riforme politicamente impopolari.
Forse è un bene se questa parte degli accordi rimane priva di conseguenze, perché il rischio di errori e di derive neocorporative è grande. Il nodo della competitività non va affrontato con il coordinamento intergovernativo delle politiche dell'offerta. Al contrario, la competizione tra sistemi economici, assai più del coordinamento, è ciò che spinge ogni paese a darsi un assetto efficiente. Sarebbe stato meglio dare priorità all'obiettivo di rinforzare e completare il mercato unico, accettando in alcuni ambiti anche un maggior trasferimento di sovranità alle autorità europee. Il rapporto recentemente preparato da Mario Monti per il Presidente della Commissione Europea contiene numerosi e preziosi suggerimenti al riguardo. Da questo punto di vista, il "Patto per l'Euro" risente di un'impostazione sbagliata e rappresenta un'occasione sprecata.
Il mercato unico non è il solo peccato di omissione commesso dal vertice europeo. Vi è un'altra area di grande importanza che ha ricevuto poca attenzione: il sistema bancario. La crisi del debito sovrano è anche una crisi delle banche, in due sensi. Innanzitutto perché in alcuni paesi (Irlanda e Spagna) la sostenibilità del bilancio pubblico è compromessa dalla fragilità del sistema bancario. In secondo luogo, e assai più universalmente, perché la crisi di fiducia sul debito pubblico si ripercuote sui bilanci delle banche. Come ben sanno le banche italiane, ciò fa salire il costo del denaro per tutta l'economia, e nei casi più estremi costringe la Bce a tenere in vita banche anche molto vicine all'insolvenza. La soluzione a questo problema non può che passare attraverso una forte ricapitalizzazione del sistema bancario. Ma nonostante l'urgenza e la rilevanza della questione, il comunicato emesso dai capi di governo vi dedica solo poche righe.
Insomma, il vertice ha fatto passi avanti che consentono di guadagnare tempo. Il che non è poco. Ma alcuni nodi cruciali rimangono irrisolti. È troppo presto per dire che si è svoltato l'angolo"



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