Torino, 22 marzo 2011
Spesso per abitudine e deformazione professionale parliamo di economia passata attuale e futura riferendoci per lo più ai dati numerici e su quelli elaboriamo analisi, commenti e previsioni.
Ma prestiamo poca attenzione alle risorse naturali come bene supremo della terra beni che visto l'incremento demografico che conterà un numero di abitanti, se pur nel lontano 2050, di circa 9 miliardi dagli attuali 6,8 miliardi dovrebbe metterci in allarme fin da oggi.
Dunque attenzione alle risorse e visto che oggi è stata proclamata la giornata mondiale dell'acqua (IL NUOVO ORO BLU) dall'Onu leggiamo con interesse l'articolo apparso su La Stampa online di oggi e prestiamo attenzione alle informazioni in esso contenute:
Oggi è la Giornata dell'oro blu: un miliardo di persone non ne ha abbastanza. E nel Primo Mondo crescono gli sprechi, mentre si tenta di privatizzarla.
E’ un bene vitale che manca a oltre un miliardo di persone, per il quale si combattono guerre palesi o striscianti, che durano anni; è una risorsa strategica al centro di interessi e appetiti enormi, dovrebbe essere un diritto per ogni essere umano ma si vuole ridurre a merce qualsiasi.
Oggi è la Giornata mondiale dell’acqua, l’allarme lanciato dall’Onu, «Acqua per le città, rispondere alla sfida urbana», ricorda che l’oro blu sarà sempre più conteso anche nelle metropoli. La vergogna è che la sfida delle acque urbane non è dovuta alla scarsità della risorsa, ma alla cattiva gestione e alla cattiva politica, che non contrastano l’inquinamento e i cambiamenti climatici, l’avidità delle multinazionali che si accaparrano questo bene comune.
I dati sul rapporto tra acqua e urbanizzazione, pubblicati sul sito ufficiale del World Water Day 2011 (www.worldwaterday2011.org), parlano chiaro. La crescita della popolazione urbana avanza al ritmo di due persone al secondo, metà della popolazione mondiale vive ormai nelle città, entro due decenni saranno il 60% con punte del 95% nei Paesi in via di sviluppo.
In Africa e Asia si calcola che la popolazione urbana raddoppierà entro il 2030, e già ora un abitante su quattro delle città del mondo (789 milioni di esseri umani) vive senza adeguate strutture igienico-sanitarie.
La sfida dell’oro blu nelle città aumenta se si considerano i dati sulla povertà: 828 milioni di persone vivono in baraccopoli o luoghi senza adeguati servizi idrici e igienico-sanitari.
I poveri pagano fino a 50 volte in più per un litro d’acqua rispetto ai loro vicini più ricchi, poiché spesso devono comprarla da fornitori privati. L’acqua viene accaparrata soprattutto da industria e agricoltura (monocolture industriali) e l’inquinamento è costante: due milioni di tonnellate di rifiuti vengono smaltiti in corsi d’acqua ogni giorno, dicono gli esperti (nei Paesi in via di sviluppo il 90% delle acque reflue viene immesso senza essere trattato direttamente in fiumi, laghi e mari), la salute umana viene compromessa dalla scarsità di acqua potabile, che provoca malattie come il colera e la malaria.
Le reti di distribuzione urbana sono un colabrodo, perdono anche il 50% del prezioso liquido, con una stima annuale che si aggira tra i 250 e i 500 milioni di metri cubi di acqua potabile nelle grandi città.
Ecco una «grande opera» da affrontare subito.
Il continente più disastrato è l’Africa: secondo l’Amref, acronimo di African Medical and Research Foundation, la principale organizzazione sanitaria del continente nata oltre cinquant’anni fa a Nairobi (Kenya), nell’Africa subsahariana l’accesso all’acqua pulita è un diritto fondamentale negato a più del 40% della popolazione: «Senz’acqua non c’è salute né sviluppo – dice Tommy Simmons, direttore generale di Amref Italia –. I danni all’agricoltura sono incalcolabili, il bestiame muore, le lezioni a scuola non si possono svolgere regolarmente e saltano anche gli equilibri familiari, perché le donne sono costrette ad assentarsi per ore alla ricerca di acqua, lasciando incustoditi i figli».
La mancanza di acqua pulita e di servizi igienici adeguati costa ogni anno all’Africa Subsahariana il 5% del suo Pil ed è legato, direttamente o indirettamente, all’80% delle malattie.
All’acqua, prodigioso elemento del quale siamo in gran parte composti, è dunque legato il destino dell’umanità: fino a ieri la parola d’ordine sembrava essere privatizzazione, oggi si comincia a capire che la gestione delle multinazionali non funziona, che dev’essere il settore pubblico a garantire l’acqua a ogni cittadino: lo si è visto anche a Berlino e a Parigi, dove il Comune si è ripreso la gestione completa delle acque sottraendola alle multinazionali Veolia e Suez grazie a un’amministratrice, Anne Le Strat, non a caso laureatasi con una tesi sul tema dell’acqua nel conflitto israelo-palestinese.
In un mondo sempre più ingiusto, il prossimo referendum italiano potrebbe costituire una svolta: il controllo sull’acqua dovrebbe essere pubblico, sociale, cooperativo, equo e non destinato alla creazione di profitto; deve rispettare l’ecosistema, le sorgenti e le falde.
Principi difficili da realizzare se si considera Madre Terra solo come un business, un deposito infinito di materie prime.
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