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Tremonti ha ragione ma bisogna recuperare lo “Spirito di Rambouillet”

Torino, 8 marzo 2010

Prendendo spunto delle affermazioni di Tremonti all’incontro di sabato 6 marzo a Venezia organizzato (a porte chiuse) dall’Aspen Institute e dalla contemporanea lettera del ministro dell’economia e delle finanze inviata al "Corriere della Sera", a "Le Monde" e alla "Faz" possiamo fare alcune considerazioni sull’attuale momento internazionale.
1) Tremonti afferma che l’Europa alle soglie del suo 50° compleanno (rammento che il primo atto concreto di un’integrazione europea, che per il momento di allora fu solo economico, è la nascita della CECA – Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio a Parigi il 18 aprile del 1951) fondò il suo progetto su due pilastri: il mercato e la governante degli Stati. Il primo (è evidente a tutti) si comportò in modo egregio per una crescita economica e della società civile europea nei decenni successivi (ricordo che il 1961 ad esempio per l’Italia fu l’anno del passaggio da società prevalentemente agricola a quella industriale) mentre il secondo, la governance conobbe momenti non omogenei con il mercato con forti discrepanze e distonie politiche in relazione ai compiti che i Trattati successivi si prefiggevano fino all’ultimo, quello di Lisbona.
2) Facciamo un passo indietro e ricordiamo cosa dissero i Paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina) il 16 giugno 2009 a Ekaterinburg (Russia): la richiesta che il dollaro non fosse più accettato come una unica moneta mondiale di riferimento. Riportando le informazioni di stampa di allora si evince che: «Noi (Bric) pensiamo che sia veramente necessario avere un sistema STABILE di valute, affidabile e maggiormente diversificato» si legge nel comunicato finale del vertice. “Una nuova architettura del sistema finanziario ed economico dovrebbe essere basata su «una capacità decisionale e su processi di realizzazione presso le istituzioni finanziarie internazionali”. I paesi Bric hanno sottolineato un impegno a portare avanti «la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali per riflettere i cambiamenti nell'economia mondiale». Questo richiamo è a mio avviso necessario perché, come detto più volte nei miei Post precedenti, il ruolo incombente che dovranno farsi carico le istituzioni finanziarie internazionali e i governi dei Paesi più industrializzati “NON PUO’ PIU’ PRESCINDERE” dalla volontà di Paesi che dal punto di vista geopolitico e geoeconomico sono e saranno sempre più rilevanti nello scacchiere internazionale !!!!!
3) Tornando all’incontro Aspen di Venezia Tremonti afferma che se l'Europa sarà forte, non ci sarebbe nulla di pregiudizialmente sbagliato in un intervento “collaborativo” del Fondo monetario internazionale «come banca e come know how» per aiutarci se fossimo in difficoltà. «Se l'Europa fosse più forte, l'Fmi potrebbe anche fare solo da banca e all'interno di strumenti europei, io non vedo problemi in un intervento del Fondo». Interessante anche la sua affermazione che non bisogna parlare di Paesi "pigs" (cioè maiali, o detto in altro modo …. malandati alludendo in questo momento, per l’Europa, a Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna viste le loro difficoltà), ma piuttosto a Paesi "Fi-re Countries", cioè Finance Insurance e Real Estate interpretando con questo acronimo i Paesi che hanno più difficoltà nell’economia reale al di là di aspetti, pur gravi, di natura finanziaria.
4) L’elenco dei punti 1,2, e 3 mi sono serviti per richiamare l’attenzione sui presupposti per la ripresa di una crescita mondiale che non può prescindere da due concetti più volte da me ribaditi e cioè:
a) l’attesa per una nuova Bretton Woods (regole, parametri, pur nelle regole del mercato però non più piratesco, basati su alcuni fondamentali da individuare in modo il più possibile condiviso). Quello che dice Tremonti, in questo caso per l’Europa, è ammissibile ma ogni altro futuro intervento in altre aree mondiali (come peraltro da lui stesso molte volte auspicato) deve tener conto di quello che oggi si chiama G20. Un’ampio consesso mondiale dove trovare e prendere soluzioni comuni per lo più finanziarie ma anche di indirizzo di politica di crescita (energia, ambiente, infrastrutture fisiche e di rete, diffusione del sapere, innovazione sempre più spinta di base ed applicata)
b) il ruolo dell’Europa che deve ripescare lo “Spirito di Rambouillet” RIPROPOSTO ED ATTUALIZZATO AD OGGI ovviamente. Per chi non lo ricordasse, nel lontano novembre 1975 presso il Castello francese di Rambouillet, si fondarono i concetti base per uno sviluppo armonioso e aggregativo di un‘Europa Unita” nell’ambito di uno schema mondiale che dall’internazionalizzazione passò alla globalizzazione con la nascita allora del G6. Si aprirono le frontiere e iniziarono i rapporti commerciali internazionali a tutto campo. In quell’epoca le aziende diventano sopranazionali rispetto ai potere degli Stati. Il Consiglio europeo, riunito a Roma il 1 e 2 dicembre 1975, si pronuncia sull'elezione del Parlamento europeo a suffragio universale, sull'unione dei passaporti e sulla partecipazione della Comunità alla conferenza sul dialogo Nord-Sud con una rappresentanza unica. Gli stati membri perdono parte del loro potere, per darlo alla Struttura Comunitaria. Ma perdono potere anche rispetto ai regionalismi.
Rievocato oggi, in mondo davvero differente, ma con lo spirito COLLABORATIVO E PROPOSITIVO di allora, solo così, rievocando l’antico ma pur sempre attuale “Spirito di Rambouillet”, si può sperare in un più sereno futuro basato su solide basi per una lunga crescita mondiale.





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