Torino, 18 marzo 2010
Ogni giorno, ogni settimana che passa i dati e le informazioni che giungono da Governi, Banche Centrali, Organismi Internazionali, Centri studi e altri opinion makers variamente titolati nel dare giudizi continuano a presentare dati …. diciamo poco significativi, tutt’altro che incoraggianti … alle volte quasi desolanti nel confermare o meno eventuali segnali di ripresa.
Anche questa è stata una settimana non da meno per non stare allegri. Ecco perché:
- Martedì 16 marzo il governatore della Banca d'Italia Draghi davanti al Parlamento Europeo a Bruxelles in qualità di presidente del Financial Stability Board ha ricordato che se le banche sono sull’avvio del risanamento ciò non toglie che i loro bilanci restano ancora esposti ad elementi di fragilità legati soprattutto allo stato della ripresa economica.
- La Merkel ha usato toni insolitamente duri a proposito dell’aiuto alla Grecia. Già ad inizio settimana il suo ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble prospettava un’ eventuale uscita dalla zona euro di un paese ...qualsiasi... incapace di rispettare le regole. Certamente i tedeschi che stanno pagando ancora oggi il cambio di 1:1 del marco occidentale con quello della DDR dopo la caduta del muro non hanno più il “desiderio” di fare opere solidaristiche anche se il discorso è così complicato a livello politico e di tenuta delle Istituzioni Europee che sembra più una provocazione che una realtà dei fatti. Ne parleremo meglio nei prossimi giorni a proposito dell’euro contro dollaro
- In un focus su La Stampa del 12 marzo Mario Deaglio ribadiva con pochi ma significativi numeri quanto segue “Fatto pari a 100 il valore del 2005, la produzione industriale italiana raggiunse il suo massimo pre-crisi nell’aprile 2008 con il valore di 108,9. La crisi la fece letteralmente precipitare, tanto che nel marzo 2009 si toccò il valore straordinariamente basso di 81,1 con una contrazione del 26 per cento. La risalita successiva appare troppo lenta: ha portato l’indice di gennaio al valore di 87,9, (-19 per cento rispetto ai livelli pre-crisi) e se continueremo a questa velocità ritorneremo ai livelli di anni che oggi ci sembrano dorati non prima della fine del 2013. E quando ci saremo arrivati, tenuto conto dei normali aumenti della produttività, indispensabili per restare sui mercati internazionali, l’industria - che ha già subito una perdita di oltre 300 mila posti di lavoro - darà lavoro a un numero di persone sensibilmente inferiore a quello di allora”. E ancora: “la caduta produttiva europea ha le sue origini nel forte calo delle esportazioni più che dei consumi interni”.
Mi sembra che sono dati e constatazioni che si commentano da soli !!
- Qualche segnale di risveglio dei prezzi viene dai dati di fine febbraio per l’Italia con un più 0,1 % di gennaio 2010 sul mese precedente e un + 1,3% su base annua (direi però che il fenomeno è più fisiologico, del momento..…visto che gli Euribor sia sui tassi fissi che sui variabili non presentano assolutamente significative variazioni e la Fed, in un contesto americano – ma si sa quanto conti a livello globale – ha lasciato invariato l’altro giorno il costo del denaro tra 0 – 0,25 %)
- I prezzi del petrolio sono di nuovo sui massimi del periodo (oggi mentre scrivo è a $ 82.60) ma ritoccando per la terza volta questi prezzi già visti a metà ottobre 2009 e inizio gennaio 2010. Al momento a mio avviso è più fenomeno speculativo che anticipatorio di vere attese di ripresa delle attività produttive.
- Il prezzo dell’oro (più significativo come parametro di preoccupazioni inflazionistiche) dal massimo di 1230 $/oncia di fine novembre 2009 è invece di settimana in settimana scivolato al prezzo di oggi di 1125 $/oncia
Dunque i problemi rimangono sempre gli stessi. Come uscire dalla crisi visto che:
-non possiamo parlare contemporaneamente di exit strategy e rilancio senza fare i conti (scusate il gioco di parole) …con i signori “Conti Pubblici”. E veramente una contraddizione in termini. Mentre si auspica la ripresa, soprattutto in Europa ma anche in Usa non si scherza, si bada per stare dentro i parametri di Maastricht o in Usa si teme per la riforma sanitaria come ulteriore aggravio di spesa, e si sà che non bisogna immettere nuova liquidità (anzi il problema dopo la crisi 2008 – 2009) è semmai il contrario. Ma se blocco, come in Grecia fonti di reddito per i consumi (tipo alcuni tagli sulle pensioni e, riprendendo l’articolo di Deaglio, questa tema è ormai ricorrente anche per molti Paesi europei con Stato dai Conti pubblici "fragili" (Islanda, Portogallo, Spagna, qualcuno vuole coinvolta l’Italia…ma non è così) come possiamo sperare in una spinta da questa componenete e se l'export, causa rallentamenti vari e politiche interne dei Paesi più trainanti (India e Cina) non ci fa più da spinta il Pil da dove può aspettarsi di segnare il suo significativo segno + ?
- bisogna prendere atto che è cambiato il paradigma "della crescita in qualunque parte del mondo" una volta messi in moto meccanismi per la sua ripartenza come siamo sempre stati abituati in passato !! Dal suo inizio a fine anni '80 -'90 ad oggi la globalizzazione ha messo in atto un processo da studiare a fondo per venire a capo per una soluzionme benefica per tutti ....se possibile. Già riproposto più volte in molti miei Post e sentore ormai comune che molte cause, concause della crisi e le future terapie sono riposte senza ombra di dubbio in "momenti" collettivi sovranazionali (partendo da uno stabilizzato G20) di decisoni politiche per il governo del mondo badando alle priorità come energia, ambiente, innovazione, regole per una finanza sì di mercato ma non piratesca, qualità della vita e crescita continua ma più contenuta come tassi di crescita....ma avete notato la guerra mondiale, vista in Tv con gli occhi dei Big Spenders, per la pubblicità nel settore automobilistico .... non mi ricordo la stima esatta ma ci può essere in giro per il mondo un buon 20% di sovraproduzione di autovetture rispetto alle vere richieste del mercato !!!!
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