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Ripresa sì ma disoccupazione record dal 1945

Torino, 8 luglio 2010
La ripresa a livello mondiale c'è ma è fragile. Dai dati del Fmi arriva un qualche conforto controbilanciato però dai dati Ocse sulla disoccupazione. Permangono dunque aspetti contradditori sui dati macroeconomici. Se i paesi emergenti (o almeno considerati tali) fanno da traino nei Paesi industralizzati non c'è ancora tranquillità su vecchi o nuovi "model business" che incoraggino una riorganizzazione degli attori economici che possa tradursi in un "utile d'impresa" da riversarsi come "utile sociale per la collettività". C'è da riflettere se si tratta di un modello economico vecchio e in crisi e se così, soprattutto in Europa, quale strada scegliere per perseguire attività e business che consentano, prima o poi, una ripresa di  occupazione stabile. Innovazione tecnologica, competitività, marketing aggressivo, internazionalizzazione anche delle Pmi, deregulation nei rapporti Imprese - PA, investimenti in ricerca e sviluppo e soprattutto formazione e meritocrazia? L'importante è che ci sia la FERMA convizione da parte degli  attori istituzionali e delle imprese DI "COPIARE" se serve modelli di altri Paesi, se possibile, per "una nuova frontiera dell'economia" !!!
Come riportato dal sito de La Stampa on line di oggi si evince che:
A) L'Fmi rivede al rialzo le stime sul Pil
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) rivede al rialzo le stime di crescita mondiali per il 2010, mentre lascia invariate quelle per il 2011. Nell’aggiornamento del World Economic Outlook, l’Fmi prevede che l’economia globale si espanderà quest’anno del 4,6%, ovvero 0,4 punti percentuali in più rispetto a quanto previsto in aprile (+4,2%). Per il 2011 la stima è invariata a +4,3%. Riviste in positivo anche le previsioni di crescita per l’Italia nel 2010. Il Fmi prevede che il pil del Belpaese si espanderà quest’anno dello 0,9% a fronte del +0,8% stimato in aprile (+0,1 punti percentuali). Limata invece la stima 2011, quando l’economia è prevista segnare un +1,1% a fronte del +1,2% stimato in aprile (-0,1 punti percentuali).
Le economie avanzate cresceranno quest’anno del 2,6% e il prossimo del 2,4%. Lo prevede il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che rialza le stime di crescita 2010 delle economie avanzate di 0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile, lasciando invariate quelle per il 2011. Per la Cina, il Fmi stima un pil in crescita nel 2010 del 10,5% (+0,5 punti percentuali) mentre per il 2011 l’economia cinese è prevista espandersi del 9,6% (-0,3 punti percentuali). L’economia di Eurolandia, invece, si espanderà nel 2010 dell’1,0% e nel 2011 dell’1,3%. È quanto prevede il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) nell’aggiornamento del World Economic Outlook, nel quale lascia invariata la propria previsione per Eurolandia nel 2010 rispetto alle previsioni di aprile mentre riduce di 0,2 punti percentuali quella del 2011. Per gli Stati Uniti, il Fondo ritocca al rialzo sia la stima 2010 sia quella 2011: l’azienda America crescerà quest’anno del 3,3% (+0,2 punti percentuali) e il prossimo del 2,9% (+0,3 punti percentuali). All’interno di Eurolandia, il Fondo stima per la Germania un pil in aumento dell’1,4% nel 2010 (+0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile) e dell’1,6% nel 2011 (-0,1 punti percentuali); per la Francia la previsione è di una crescita dell’1,4% quest’anno (-0,1) e dell’1,6% il prossimo (-0,2); per la Spagna l’economia è prevista contrarsi dello 0,4% nel 2010 (stima invariata) e avanzare dello 0,6% (-0,3) nel 2011.
La ripresa globale andrà avanti nonostante le turbolenze sui mercati. Ma i rischi al ribasso sono «sono aumentati notevolmente». Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), prevedendo che l’inflazione resterà moderata nelle economie avanzate, fra l’1,25% e l’1,5% nel 2010 e nel 2011. Date le deboli pressioni inflazionistiche, «la politica monetaria può restare altamente accomodante nel futuro prevedibile nelle economie avanzate. Questo aiuterà a mitigare gli effetti avversi sulla crescita del risanamento fiscale e - osserva il Fmi - al nervosismo dei mercati finanziari. Se rischi al ribasso dovessero materializzarsi, la politica monetaria dovrebbe essere la prima di difesa in molte economie avanzate. In questo scenario, con i tassi di interesse già vicini allo zero nelle maggiori economie, le banche centrali potrebbero dover ricorrere di nuovo a un utilizzo più forte del proprio bilancio per allentare le condizioni monetarie».
Il rischio paese grava sulla stabilità finanziaria, i cui progressi hanno segnato il passo: è necessario agire per riportare fiducia senza mettere a repentaglio la ripresa. Lo afferma il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), invitando a portare avanti gli sforzi per la riforma finanziaria e ad affrontare «alla radice il problema del rischio paese, soprattutto nei paesi dell’area euro finiti sotto pressione». E questo - spiega il Fmi - anche perchè il rischio paese, «senza un’attenzione permanente, potrebbe estendersi» dall’area euro in altre regioni. «La rapida attuazione delle importanti e appropriate decisioni assunte dalle autorità di Eurolandia - aggiunge il Fondo - è un elemento chiave nel calmare i mercati finanziari». «Nella sfera finanziaria, oltre alle forti azioni già prese, la fiducia del mercato trarrebbe grande giovamento da alcune misure». Che, secondo il Fmi, sono: «rendere il fondo europeo da 440 miliardi di euro completamente attivo ora che il difficile compito di realizzarlo è stato compiuto; portare avanti una maggiore trasparenza e credibili stress test per le banche europee. la pubblicazione dei risultati degli stress test in corso è un passo molto importante; attuare soluzioni credibili per gestire le banche deboli; e continuare il programma di liquidità della Bce al mercato secondario dei bond». Per Eurolandia - mette in evidenza il Fmi - è particolarmente importante «coordinare bene le politiche per riportare fiducia»
B) Ocse: disoccupazione record dal 1945
Disoccupazione al massimo dal dopoguerra e 17 milioni di senza lavoro in più. Sono gli allarmanti dati dell’Employment Outlook 2010 dell’Ocse, che invita i governi a riportare il mondo del lavoro in testa alle loro agende. Un’ondata che ha travolto soprattutto le categorie più fragili, in testa i giovani sotto i 25 anni.
In Italia, il fenomeno è particolarmente allarmante: un giovane su quattro (25,4%) oggi è senza lavoro, e quasi uno su due (44,4%) è precario. «La disoccupazione giovanile in Italia continua a crescere, e rischia di toccare presto il 30%, uno dei livelli più elevati tra i Paesi industrializzati - commenta all’Ansa il vicedirettore del centro di ricerca Ocse sull’Occupazione, Stefano Scarpetta - Ma ciò che preoccupa di più è l’aumento dei giovani che non sono nè in formazione nè al lavoro, e non cercano di modificare la loro situazione. Già prima della crisi erano il 15%, un numero elevato rispetto al resto dell’Europa».
Un fenomeno che ha le sue radici, spiega ancora Scarpetta, nell’abbandono scolastico, ma anche in quello che gli esperti chiamano "skill mismatch", ovvero la differenza tra le competenze fornite dalla formazione professionale e quelle richieste dalle aziende. «Per questo - aggiunge - è cruciale stabilire un legame più forte tra scuole e mondo del lavoro». A livello generale, la crisi ha provocato una riduzione della quota di popolazione attiva in Italia di oltre un punto percentuale, al 57,3%, e un aumento del 2% del tasso di disoccupazione, arrivato all’8,7% a maggio 2010. I salari medi inoltre, dicono ancora i dati Ocse, nel nostro Paese restano inferiori alla media, di quasi 10.000 dollari, a 30.794 dollari.
L’impatto della crisi sul mondo del lavoro italiano è stato però attenuato dal ricorso alla cassa integrazione, che ha permesso di ridurre il calo dell’occupazione di circa 4 punti. «Ciò dimostra - commenta sempre Scarpetta - che la cig, e gli altri sussidi simili destinati a lavoratori che non ne avrebbero diritto perchè precari, hanno funzionato». Ciononostante, resta un elemento di inquietudine: «Nella maggior parte degli altri Paesi, la richiesta di accedere a strumenti di riduzione del tempo di lavoro sta ormai diminuendo, ma in Italia non è così, anzi continuano ad aumentare, o comunque rimangono molto elevate. Ciò dimostra che la tensione nel mondo del lavoro non è ancora terminata».
Soddisfatto dei dati il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che apprezza in particolare il riconoscimento della «funzione positiva» degli ammortizzatori sociali. Critica invece la Cgil, che sottolinea come le cifre Ocse confermino «la gravità del problema occupazione in Italia», mentre la Cisl punta l’attenzione sulla «funzione positiva della Cig» e sull«’allarme giovani». La Uil invece si sofferma sui salari «i più bassi» dell’area Ocse.












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