Torino, 27 gennaio 2010
Il battesimo di questo Blog avviene come Report giornalistico dell'incontro del 13 gennaio al Centro Einaudi di Torino (www.centroeinaudi.it) con la presentazione del Quattordicesimo rapporto sull'Economia globale e l'Italia dal titolo "Alla scuola della crisi". Sono intervenuti Mario Deaglio, Giorgio Arfaras, Anna Caffarena, Giorgio S. Frankel, Giuseppe Russo.
Per il professor Deaglio dell'Università di Torino la storia del dopoguerra ha quasi sempre presentato uno scenario di rimbalzo a V (detto anche elastico di Friedman) dopo una crisi economica. Si è sempre verificato cioè un rimbalzo veloce e con tassi d'incremento del Pil tali da riprendere la posizione di crescita dal punto in cui era incominciata la crisi. Ma se il rimbalzo era quasi scontato la scommessa si basava sul lasso di tempo, più o meno breve, ma senza dubbio di pari durata al massimo o forse meno di quanto fosse stata la caduta. Oggi invece una crisi di eccesso di produzione di beni di consumo nei Paesi industrializzati, peraltro già nata negli anni tra fine'90 e quelli del nuovo millennio nei Paesi industrializzati, l'acclarata strategia delle Coorporations di una delocalizzazione su mercati dove il costo della manodopera è più basso e/o con nuovi mercati locali interessanti nei Paesi emergenti sommata alla grossa distruzione di ricchezza dovuta alla crisi economica, può porre dei dubbi se e quando avverrà la ripresa.
Ricordiamo che il Pil su cui ruota da sempre l'economia è dato dalla formuletta: C + I + E - I. Dove C sono i consumi (che sono la voce più importante in quanto pesano tra il 65% - 70%, I sono gli Investimenti, E le Esportazioni e I le Importazioni.
Quindi se il classico ciclo "aspettative di vendita" (uguale Consumi) che generano nuovi Investimenti per le imprese non riparte o le attese sono sì positive (ma poi dopo i sondaggi si deve aihmè constatare che non è così) da questo fronte c'è poco da sperare. Restano le esportazioni ma a livello mondiale in questo momento quasi tutti sperano l'uno nell'altro, ma poco si muove (tranne la Cina ma produce e spende prevalentemente al suo interno). Un ulteriore problema sulla strada della ripresa è emerso nell'intervento successivo di Giorgio Arfaras, il quale ha sottolineato come i debiti pubblici Primari di Paesi come Usa, Gran Bretagna e Giappone sono già in saldo negativo ma a questo punto si devono comunque ulteriormente indebitare per "soccorrere" alle situazioni drammatiche del 2008 e 2009 creando così sul piano finanziario (e delle rispettive valute) un pericolo che può venire più che dal sistema bancario forse addirittura dagli stessi Stati. Fin quando la situazione di indebitamenti "Folli" è sostenibile?
Chiunque abbia visitato New York ha probabilmente visto The National Debt Clock, una lettura digitale di quanto il governo federale pesa sui suoi cittadini.
Per curiosità guardate il sito: www.usdebtclock.org Ricordiamo comunque a titolo di cronaca che negli Usa nel 2009 sono state ben 150 le piccole banche fallite. Per Giorgio Frankel la situazione in una vasta zona del mondo che va dal Golfo Persico allo Yemen da Israele e il mediterraneo orientale fino alle Repubbliche asiatiche dell'ex Urss e all' area dell' Afganistan e del Pakistan in primis impegnerà gli Usa (e i suoi alleati ?) in una sorta di guerra dei "prossimi 50 anni" intesa più che sul piano bellico su una strategia chiamata COIN cioè di controinsorgenza adottata dagli USA durante la guerra in Iraq, che demolisce le tradizionali partizioni di guerra giusta con interventi che incidono sulla cultura dei popoli in questione partendo dalla pacificazione, alla compensazione e alla ricostruzione civile sociale e politica. E' giusto questo approccio per quelle che sono zone di crisi permanenti? O il vinci tu o vinco io tradizionali è ancora l'arma migliore per porre fine, relativamente in fretta, alle aree di destabilizzazione?
Infine Giuseppe Russo ha fatto un'analisi sulla situazione italiana dicendosi preoccupato finché parametri indicativi di una ripresa come produttività, esportazioni nette e consumi non riprenderanno a salire e questo finora non è stato ancora confermato.
Dunque opinioni diverse ma accomunate da grande prudenza e in attesa di nuovi numeri a livello macroeconomico si accettano ben volentieri commenti e l'apporto di ulteriori analisi.
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