Siamo vicino alle elezioni di midterm negli Usa e il governo Obama cerca in tutte le maniere di risollevarsi agli occhi dei suoi cittadini e sulla scena mondiale per dimostrare che c'è sempre un'America forte dietro l'angolo. Forse sì ...nel tempo ma è ineluttabile che questi anni 2008 - 2011 sono stati e saranno ancora duri per gli Usa.
Il rilancio da 150 mld di dollari, peraltro tutto da approvare nei due rami del Parlamento con i repubblicani contrari su vari punti accrescerà ulterioriormente un debito pubblico Usa già spaventoso (..guardare il mio post del 3 settembre). Dunque tentare di avere come dice un detto comune "la botte piena e la moglie ubriaca" cioè ottenere con scaltrezza dei vantaggi senza tuttavia pagare in qualche modo "dazio" a ciò che si vuole ottenere non sarà facile per Obama
Ma è palese e lo sanno soprattutto i mercati che questo vuol dire sacrificare il dollaro. Infatti solo una moneta Usa più "debole" che farà forse meno immagine di superpotenza mondiale ma che gioca a favore almeno sul fronte delle esportazioni (lo dice chiaro il dato delle importazioni nel secondo trimestre 2010 che a causa dell'elevato import ha sacrificato più del 3,0% del Pil) può permettere un rilancio economico in ulteriore deficit spending "formula Keynessiana" o quasi.
Questa premessa per dire che sia il Wall Street Journal che il Finalcial Times (ma sappiamo quanto sono presuntuosi e spocchiosi gli inglesi che sul loro penoso debito pubblico dovrebbero pure loro tacere) sono tornati alla carica sulle loro testate per dire che i nostri "Stress Test" bancari sono "truccati".
E ricomincia quindi una battaglia sia di immmagine che di leadership su chi è più "ben messo" o meglio "meno malmesso" sui conti pubblici ma anche privati.
E ricomincia quindi una battaglia sia di immmagine che di leadership su chi è più "ben messo" o meglio "meno malmesso" sui conti pubblici ma anche privati.
Qualunque sia la metodologia i grandi numeri macroeconomici, per nostra fortuna, però sono ancora "meno malmessi "sull'Europa e sull'Euro.
Eccone il testo che lascio alla vostra riflessione ripreso da La Stampa di oggi online con la firma di Luca Fornovo.
Banche europee, dubbi sugli stress test
Il Wall Street Journal: sottovaluta l'esposizione ai titoli di Stato.
Emergono nuovi dubbi sull’affidabilità degli stress test che lo scorso 23 luglio erano stati condotti sulle banche europee col risultato che, su 91 istituti esaminati, sette erano stati bocciati perché poco solidi. Dopo l’affondo di venerdì del quotidiano britannico Financial Times, secondo cui «le più importanti compagnie del Regno Unito e dell’Europa continentale evitano di avere rapporti con banche spagnole, italiane e persino tedesche» perché ritengono gli stress test poco affidabili, ieri un nuovo allarme è arrivato dal Wall Street Journal. La «bibbia finanziaria» di New York sottolinea in un’analisi che gli stress test condotti sulle banche europee hanno «sottovalutato» l’ammontare del debito potenzialmente rischioso presente nei portafogli delle istituzioni del Vecchio Continente. Secondo il quotidiano Usa, «un esame più attento dei dati forniti dalle banche mostra che alcune non hanno fornito un quadro così esaustivo delle proprie attività come avevano invece annunciato le Autorità europee». I timori sollevati dal Wall Street Journal sulle banche, uniti a quelli sul debito pubblico europeo in aumento e alla notizia della tassa sulle transazioni finanziarie hanno fatto arretrare di mezzo punto percentuale l’indice europeo Stoxx 600. (omissis) .... Tornando all’analisi del Wsj, alcune banche, spiega ancora il quotidiano, hanno escluso alcuni titoli e molte hanno ridotto l’esposizione escludendo le posizioni short. Per esempio, se una banca deteneva 100 milioni di euro di esposizione sui titoli greci e 25 milioni di esposizione short, il totale lordo risultava di 75 milioni di euro.
In questo modo le esposizioni di alcune banche sono state ridotte di miliardi di euro, secondo alcune fonti bancarie, mentre altre sottolineano che gli istituti si sono limitati a seguire le disposizioni del Commitee of European Banking Supervisors (Cebs), il comitato di supervisione sulle banche europee. Il Wall Street Journal non cita banche italiane ma riporta l’esempio della britannica Barclays, che ha escluso i titoli di Stato che aveva in portafoglio a scopo di negoziazione (eliminando dal conteggio circa 4,7 miliardi di sterline di bond italiani e 1,6 miliardi di spagnoli), e quello della francese Credit Agricole, che non ha conteggiato titoli detenuti dalle sue sussidiarie, ad esempio dalla sua divisione di assicurazione.
Inoltre in una ricerca di Jacques Cailloux, capo economista della Royal Bank of Scotland, emerge che l’esposizione delle banche francesi ai titoli ai Stato europei sarebbe maggiore di quella di cui ha tenuto conto il Cebs per fare gli stress test. I dati al 31 marzo della Banca dei regolamenti internazionali (Bis) indicano che le banche francesi sono esposte per 20 miliardi al debito pubblico greco e per 35 miliardi al debito spagnolo. Negli stress test, le quattro più grandi banche francesi, che rappresentano circa l’80% delle attività del sistema bancario transalpino, erano esposte per 11,6 miliardi al debito ellenico e a 6,6 miliardi per il debito spagnolo. Ma allora i conti non tornano. I titoli di Stato di Irlanda, Grecia e Portogallo sono sotto forte pressione e i premi di rendimento rispetto al bund tedesco tornano a volare, raggiungendo nuovi record nel caso dell’Irlanda. Nel giorno in cui il Wall Street Journal mette in dubbio l’esito degli stress test europei, sui mercati si torna a parlare di rischio-default. Il risultato è, nel caso dell’Irlanda, un differenziale di rendimento dei titoli di Stato decennali rispetto al bund tedesco a 377 centesimi, livello mai toccato dalla creazione dell’euro. Sotto tiro anche il debito portoghese, con il premio di rendimento a 352 punti base, e quello greco, con lo spread a 940 punti, poco sotto il record di 965 segnato all’apice della crisi di Atene. Più risparmiati, invece, i titoli di Stato di Italia e Spagna.
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