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Il nuovo Patto di Stabilità UE: una riforma non più rinviabile

Toirno, 6 settembre 2010

Tornano d'attualità i dibattiti su come l'Europa deve dotarsi di una "legislazione efficace" sovrana ed indipendente dagli intrecci intenazionali ai quali deve spesso sottostare come nel caso delle valutazioni delle Agenzie di Rating.
Oppure come snellire vecchie procedure che sono state sì dei pilastri per la crescita di una Europa allargata come è scritto nel Trattato di "Maastricht" e i suoi vincoli a tutela dei conti pubblici e di un tetto all'inflazione ma che alle volte si sono rivelati troppo rigidi e pertanto controproducenti. Barroso, presidente della Commisione Ue, ha ribadito come i governi Ue debbano guradare di più alla competitività.
Dunque una serie di temi sul tappeto per questo autunno e un calendario di cose "nuove ed innovative" da mettere in calendario per il 2011.
Questo dibattito e le conseguenti riflessioni da fare sono state ben sottolineate dall'articolo di Stefano Lepri sull'edizione di oggi de La Stampa online e voglio riproporvelo per una vostra analisi.
Ecco il testo:
Se il vero problema dell’Europa - come dice José Barroso - è che per i governi nazionali «quando le cose vanno bene è merito loro e quando vanno male è colpa di Bruxelles», allora qualche speranza c’è.
I ministri dell’Economia avviano con l’Ecofin straordinario di domani il processo per correggere una costruzione politica dove è facile per tutti sfuggire alle responsabilità. Sarà lungo e tortuoso, ma comincia.
La Grecia ha mostrato che dentro una unione monetaria gli errori di un governo nazionale possono diventare costosissimi, potenzialmente catastrofici, per tutti gli altri. Così l’area euro è stata presa di mira dai mercati benché, nell’insieme, i suoi conti pubblici fossero migliori di quelli degli Usa. Per fortuna che a «tenere la barra dritta» come ha detto il presidente della Repubblica, c’era l’unica istituzione davvero federale, la Bce.
L’ideale sarebbe dare più poteri a istituzioni sovrannazionali democraticamente legittimate, magari togliendo alla burocrazia europea altri poteri che si sono dimostrati superflui o sono stati esercitati in modo miope (pur se quella del regolamento sulla curvatura delle banane era una leggenda). Questo non avverrà; bisognerà accontentarsi di procedere a balzelloni, istruiti dall’aver sbattuto contro i muri.
Un impulso vero sembra di percepirlo; non solo perché la Germania vuole evitare di pagare il conto per gli altri. All’Ecofin si discuteranno le procedure per una «sessione di bilancio europea», ovvero un esame di obiettivi e vincoli delle politiche nazionali che si svolgerà ogni anno tra gennaio e aprile. E’ facile spiegare l’entusiasmo mostrato da ministri dell’Economia come Christine Lagarde e Giulio Tremonti. Con un quadro europeo alle spalle i responsabili del Tesoro potranno resistere meglio nei mesi successivi, quando i parlamenti esamineranno le leggi di bilancio, alle pressioni di spesa dei colleghi di governo o delle lobby.
Resta da vedere quanto sarà stringente il processo. Se lo si fosse condotto rigorosamente nei mesi scorsi, madame Lagarde avrebbe forse dovuto fondare il suo programma su previsioni meno rosee di crescita dell’economia francese, o il suo collega italiano chiarire perché è sicuro di recuperare dalla lotta all’evasione fiscale ben 13 miliardi nel biennio 2011-12; e così via per altri loro omologhi. Ma è ancora tutto da definire il limite entro cui i governi potranno «impicciarsi» delle decisioni altrui; e una Commissione europea debole come quella guidata da Barroso è parte del problema.
Più difficile appare un’altra innovazione. Per evitare nuovi casi come la Grecia, occorre rafforzare le sanzioni per chi viola le regole del Patto di stabilità europeo. Multe severe esistono già ma finora non sono mai state adottate: nei primi anni di questo decennio la Germania e la Francia sono state abbastanza forti da sottrarvisi, l’Italia è riuscita a prendere tempo con espedienti solo più tardi dichiarati scorretti; più tardi la debole Grecia ha trasgredito di nascosto, truccando i conti.
Per giunta, il Patto di stabilità reagisce solo ai numeri della finanza pubblica; è stato incapace di dare l’allarme per Irlanda e Spagna, dove gli Stati avevano i conti in ordine ma il settore privato si era caricato di debiti. Sui criteri per evitare ogni tipo di squilibrio lavora il presidente dell’Unione Herman Van Rompuy; non sarà facile mettere d’accordo tutti. In presenza di un Patto europeo di efficacia ancora dubbia, non sarebbe male che ogni paese interiorizzasse alcune regole basilari. Per l’Italia, dove l’instabilità rimane nella finanza pubblica, Emma Marcegaglia nell’intervista a questo giornale ha fatto sua la proposta di inserire nella Costituzione (sul modello tedesco) un tetto al deficit. Chissà, forse sarebbe - più di altri - terreno appropriato per un’intesa fra maggioranza e opposizione.

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